Giornata missionaria: p. Licini racconta la Chiesa che è con i poveri
Nel messaggio, ‘Dalla parte dei poveri’, per la giornata missionaria papa Francesco scrive: “La dimensione missionaria, appartenendo alla natura stessa della Chiesa, è intrinseca anche ad ogni forma di vita consacrata, e non può essere trascurata senza lasciare un vuoto che sfigura il carisma. La missione non è proselitismo o mera strategia; la missione fa parte della ‘grammatica’ della fede, è qualcosa di imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito che sussurra ‘vieni’ e ‘vai’”.
Per comprendere meglio lo stile del messaggio della Giornata missionaria abbiamo contattato padre Giorgio Licini, direttore del Centro Missionario del PIME: “Ci sono molte forme di povertà. Quella materiale è la più evidente, a volte scioccante. E si accompagna a volte alla povertà culturale e persino morale. In agosto ho visitato il Brasile.
Alla periferia di Manaus un vescovo italiano ‘in pensione’, ma tutt’altro che disoccupato, mons. Mario Pasqualotto, mi ha portato in una favela di gente poverissima. Nel bel mezzo dell’Amazzonia, con tutto lo spazio che c’è, la foresta, l’acqua, l’aria pura… la gente si accalca in quartieri di case improvvisate, costruite a casaccio, senza finestre perché troppo vicine tra loro, con le fogne a cielo aperto…
Siamo andati a trovare suor Neuma Garcia, che vive lì da anni. Ha lasciato l’insegnamento nelle scuole di città. Ha creato un piccolo centro di accoglienza. Al mattino vengono le mamme per imparare piccoli lavori e per assistenza legale. Al pomeriggio i bambini per il doposcuola, i giochi, il catechismo. E i papà? Non ci sono. In quella zona sono tutti spacciatori di droga. Nel migliore dei casi sono alla macchia. Nel peggiore già in carcere o morti ammazzati. Suor Neuma per me è uno degli esempi più chiari di cosa vuol dire essere ‘dalla parte dei poveri’. E’ una vita dura! Ma rende felici”.
Quale rapporto esiste tra vita consacrata e missione?
“La vita ‘consacrata’ è appunto dedicata a qualcun altro e a qualcosa d’altro. E’ consacrata alla causa di Dio. La causa di Dio è il suo popolo, sono i poveri, è la nostra conversione, è la salvezza del mondo. Un’espressione che sembra riecheggiare un linguaggio antico. Ma che racchiude tutto: le persone, l’ambiente, le culture, i deboli, il nostro essere più profondo oltre il corpo e la materia.
Lo scorso 6 ottobre ero in Sicilia. A Vittoria in provincia di Ragusa ho incontrato padre Beniamino Sacco. In 25 anni ha ospitato e aiutato 20.000 immigrati soprattutto magrebini e rumeni che lavorano nelle serre. Ma non è neanche questo che conta. Conta la domanda che si faceva e ci faceva mentre eravamo insieme a tavola. Quando comincia la giornata di un prete? E a che ora finisce? Non c’è orario. Non ci sono ferie. Non c’è tempo per sé. Questa è la vita consacrata alla missione”.
A quale sfida è chiamata la missione nel mondo contemporaneo?
“La stessa sfida di sempre: mostrare il volto e il cuore Dio ed asciugare le lacrime dei cuori affranti. Ci sono oggi grandi povertà: la solitudine fisica e morale, la carenza di lavoro, la difficoltà a capire e realizzare un progetto di famiglia, la mancanza spesso di un orizzonte spirituale della vita e quindi una risorsa importante in meno nei momenti inevitabili di difficoltà… Questo per parlare solo delle cose ordinarie della vita. Poi ci sono naturalmente le cose più grandi: le difficoltà di interi popoli o gruppi umani a capirsi, accettarsi, apprezzarsi; l’informazione distorta e parziale; il degrado dell’ambiente; la mancanza di cibo”.
50 anni fa fu emanata l’enciclica ‘Ad Gentes’: quale collaborazione tra laici e consacrati?
“Le modalità di impegno dei laici si sono molto diversificate e sono diventate appunto più laiche. Prima c’erano praticamente solo figure come i catechisti e i laici stessi consacrati. Nella mia missione della Papua Nuova Guinea, in Oceania, prima della seconda guerra mondiale i missionari verbiti, che erano alcune centinaia, avevano più laici consacrati (allora chiamati fratelli) che sacerdoti.
Ma erano religiosi coi voti di povertà, castità ed obbedienza. Ora queste figure di sacerdoti e laici consacrati sono diminuite come numero, ma è aumentato molto l’impegno delle coppie, dei professionisti, dei volontari, dei movimenti ecclesiali che mandano molti laici in missione. In alcuni contesti rimane da chiarire se questi laici siano anche corresponsabili o solo collaboratori. Ma dei grandi passi avanti sono stati fatti. D’altra parte ogni battezzato è missionario anche se la partenza fisica (che non è mai solo tale) può essere solo di un numero ridotto”.
In diretta dalle periferie del mondo: quale servizio offre nell’informazione il rinnovato sito di Mondo e Missione?
“Vorremmo che fosse per il pubblico una continua sfida a mettersi in gioco come per oltre un secolo lo è stata la rivista e la stampa missionaria in genere. Un blog ci interpella ogni giorno. Ogni momento. C’è una lamentela diffusa del pubblico: che i media nascondono la parte buona dell’umanità e le cose belle del mondo. Noi vorremmo rivelarne almeno un frammento.
Quindi sull’emigrazione, ad esempio, non scriveremo in modo da spaventare e preoccupare ingiustamente la gente. Cercheremo di capire insieme i fatti e l’ineluttabilità del fenomeno. Parleremo di coloro che stanno facendo qualcosa per migliorarle e di come si stanno muovendo. Può essere utile ad altri. Può rincuorare molti”.