Fuori dalle piccolezze della politica nazionale. Perché i cattolici siano minoranza creativa.
Ma poi, proprio per questa sua capacità, la Chiesa è sempre messa da parte, e magari attaccata. Non ci sono solo gli attacchi per gli scandali pedofilia. E non ci sono solo le minoranze cristiane che subiscono violenze nel mondo, dall’Asia al Medioriente. La persecuzione dei cristiani – ricordata anche dal “ministro degli Esteri vaticano” Dominique Mamberti in un recente pronunciamento all’Onu – è anche qualcosa di sottile e strisciante, che passa attraverso le pieghe della burocrazia degli organismi internazionali. Dove le lobby dell’eugenetica sono riuscite ad entrare in pianta stabile. Dove in molti sperano che la Santa Sede perda lo status di osservatore permanente e prenda lo status di una qualunque Ong. E dove il messaggio sociale della Chiesa viene ascoltato e oscurato, in nome del Nuovo Ordine Mondiale che – a guardarlo in controluce – sembra essere una nuova edizione della svolta epocale della creazione degli Stati nazionali, quando la Chiesa si ritrovò spiazzata e in minoranza, e risolse la questione con la logica dei Concordati. Ma, in un mondo globalizzato, la logica dei Concordati non può più funzionare. Si fanno Concordati con enti politici, ma come ci si può accordare con le lobby che tengono in mano l’economia mondiale, soggetti non politici e non territoriali, che non hanno come obiettivo il bene comune, ma il bene personale? È per tutti questi motivi che fa quasi sorridere l’attenzione che è stata data da tutti i media nazionali alle parole del cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella sua prolusione all’ultimo Consiglio Permanente.
Il cardinale giustamente richiama ad una sobrietà, ad una morale, ad una ricerca del bene comune che spesso sembrano mancare in questi giorni. Ma le sue parole sembrano quasi rivendicare una presenza della Chiesa sulla scena politico-sociale che ormai sa di antico. La nuova generazione di politici cattolici auspicata da Benedetto XVI non è destinata ad avere impatto solo in ambito nazionale, magari riuscendo a creare una squadra di cristiani agguerriti con il compito di incidere sul dibattito politico-sociale. È destinata, piuttosto, a comprendere che le vere sorti del mondo si giocano negli organismi internazionali, dall’Onu in giù. La questione del crocifisso ha avuto risonanza e importanza quando è stata portata al Consiglio d’Europa, e da lì alla Grande Camera di Strasburgo. Le politiche sulla vita si giocano alle Conferenze Internazionali promosse dall’Ocse. I finanziamenti agli Stati vengono decisi alla Banca della Comunità Europea, o alla Banca Mondiale. Vero è che Bagnasco è presidente di una conferenza nazionale. Ma è anche vicepresidente della Conferenza Episcopale Europea. Un’Europa dove una Costituzione come quella ungherese, scritta con spirito cristiano, viene tacciata di omofobia e arretratezza, e subito – quasi per contrasto – la Conferenza Episcopale di quel paese cambia il nome della Commissione Giustizia e Pace in commissione Caritas in Veritate; un’Europa dove Timo Soini, cristiano cattolico nella protestante e generalmente scristianizzata Finlandia, riesce ad ottenere peso e seggi al Parlamento di Helsinki, e subito viene tacciato – anche lui – di omofobia e arretratezza.
Un’Europa dove il cristianesimo è chiamato davvero ad essere minoranza creativa. Proprio come in Italia. Per quello, l’attenzione forse eccessiva data alle parole di Bagnasco e poi a quelle del suo segretario Crociata possono rivelarsi un boomerang per la Chiesa. Concedendo alla Chiesa influenza sulle piccole beghe politiche, la si estrania dai grandi dibattiti internazionali. E’ lì che c’è bisogno di dare testimonianza. Senza mischiarsi – e farsi mischiare – alle polemiche della piccola politica. Lo ha detto anche Benedetto XVI in Germania che le ondate di secolarizzazione, comunque siano state svolte, sono state in qualche modo provvidenziali, perché la Chiesa si demondanizzava e riprendeva credibilità e slancio missionario.