Il Papa in Paraguay, dalla società civile ai religiosi la parola è collaborazione
“Un popolo che vive nell’inerzia dell’accettazione passiva, è un popolo morto. Al contrario, vedo in voi la linfa di una vita che scorre e che vuole germinare. Il Paraguay non è morto!”
Papa Francesco parte da qui per rispondere alle domande che arrivano dalla gente, domande su come sconfiggere la povertà, su come combattere le ingiustizie, su come creare sviluppo, su come mettere il Paraguay al centro della attenzione delle nazioni. L’incontro è stato organizzato dalla Università cattolica del Paraguay.
“Tutti siete necessari nella ricerca del bene comune” dice il Papa. Il Papa ricorda le “reductiones” “una delle più interessanti esperienze di evangelizzazione e di organizzazione sociale della storia. In esse, il Vangelo era l’anima e la vita di comunità dove non c’era fame, né disoccupazione, né analfabetismo né oppressione. Questa esperienza storica ci insegna che una società più umana è possibile anche oggi. Quando c’è amore per l’uomo, e volontà di servirlo, è possibile creare le condizioni affinché tutti abbiano accesso a beni necessari, senza che nessuno sia escluso.”
La enciclica Laudato si’ è decisamente la enciclica per l’ America Latina e per questo viene spesso citata dai vescovi in questi giorni. Un cambio del modello economico è il tema più ricorrente.
Dopo la lettura di una preghiera e alcuni brani musicali una bella coreografie sul tema del Cantico delle Creature ha introdotto il dialogo con il Papa.
“La giovinezza è tempo di grandi ideali, dice il Papa, mi fa tristezza vedere un giovane pensionato!Quanto è importante che voi giovani comprendiate che la vera felicità passa attraverso la lotta per un mondo più fraterno!” E chiede che non siano “anestetizzati” e dice: “ Non abbiate paura di dare il meglio di voi.” Ascoltate i vostri nonni,“trovate consolazione anche nella forza della preghiera, in Gesù. Nella sua presenza quotidiana e costante. Lui non delude.”
E nel dialogo sociale la prima cosa è l’amore alla patria. Questa è l’identità, dice il Papa.
E il dialogo “ presuppone, esige da noi la cultura dell’incontro. Un incontro che sappia riconoscere che la diversità non solo è buona: è necessaria. L’uniformità ci annulla e ci trasforma in automi.” Ci vuole il cuore aperto, non la presunzione che l’altro sbaglia.
E sui poveri dice che non si deve avere uno sguardo ideologico perché, “ le ideologie finiscono male e non servono hanno una relazione malata e cattiva con il popolo. Pensano per il popolo, non lasciano pensare il popolo.”
Invece “i poveri hanno molto da insegnarci in umanità, in bontà, in sacrificio. E noi cristiani abbiamo inoltre un motivo in più per amare e servire i poveri: in loro vediamo il volto e la carne di Cristo, che si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà.”
Quando date l’elemosina guardatelo negli occhi, dice il Papa, “ lui è uno come me ma potrei essere io al suo posto desiderando che qualcuno aiuti me. Rispettare il povero non usarlo per lavare le nostre colpe”. E infine un no al “boicottaggio che è sempre corruzione, che è la cancrena, il marcio di un popolo, nessun politico può compiere il proprio lavoro se è boicottato dalla corruzione. Si deve soffocare la corruzione.”
Subito dopo Franceso si è recato in cattedrale per la recita del vespro con i religiosi. L’immagine chiave scelta da Papa Francesco per la sua omelia ai Vespri è quella della cattedrale di Asunciòn, e del suo campanile. Intitolata a Nostra Signora dell’Assunzione, la Cattedrale sorge nel centro della città, nella piazza triangolare del Parques Central. E il Papa dice a seminaristi, religiosi, sacerdoti, membri di movimenti cattolici, a conclusione della sua omelia: “Fatti nuovi da Dio ogni volta che preghiamo, saldi come un campanile, gioiosi di suonare a festa le meraviglie di Dio, condividiamo il Magnificat e lasciamo che il Signore compia, mediante la nostra vita consacrata, grandi cose nel Paraguay.” Prima dei Vespri, sul Sagrato della Chiesa, l’Intendente Municipale di Asunciòn consegna al Papa le Chiavi della Città, mentre una orchestra di 200 arpe paraguayane a 36 corde esegue musiche tradizionali. Poi, il Papa entra in Cattedrale. Lì c’è una croce, che si dice sia l’ultima superstite delle 29 che Cristoforo Colombo piantò in America.
Dopo il canto dei Vespri, il Papa esordisce: “Che bello è pregare tutti insieme i Vespri! Come non sognare una Chiesa che rifletta e ripeta l’armonia delle voci e del canto nella vita quotidiana? E lo facciamo in questa Cattedrale, che tante volte ha dovuto ricominciare di nuovo.” Il lavoro della preghiera è di fare sì che “la tristezza della sterilità si trasformi in un campo fertile,” perché “noi che cantiamo che ‘è preziosa agli occhi del Signore la vita dei suoi fedeli’ , siamo quelli che lottiamo, ci diamo da fare, difendiamo il valore di ogni vita umana, dalla nascita fino a che gli anni sono molti e la forza poca.” La sua è una esortazione all’impegno nella collaborazione ecclesiale e
poi ricorda: “Chi è chiamato da Dio non si vanta, non va in cerca di riconoscimenti né di applausi effimeri, non sente di esser salito di categoria e non tratta gli altri come se fosse su un piedestallo.”
Papa Francesco ricorda che ogni consacrato si configura a Cristo, che “raggiunse la perfezione quando imparò, soffrendo, che cosa significava obbedire; e ciò fa parte anche della nostra chiamata.”
Da qui, la chiamata ad essere come un campanile, “gioiosi di suonare a festa le meraviglie di Dio.”
La foto è di ACISTAMPA.COM