Papa Francesco: vivere bene non vuol dire spassarsela bene

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“Il mondo ha necessità di seguire un processo di cambiamento”: questo pensiero inaugurale del card. Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha guidato l’Incontro Mondiale dei Movimenti Sociali, a Santa Cruz dal 7 al 9 luglio 2015, organizzato in collaborazione con il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, e che fa seguito al primo appuntamento tenuto in Vaticano dal 27 al 29 ottobre del 2014, concluso dalla visita di papa Francesco.

Secondo il cardinale, tale compito deve essere portato avanti dai movimenti popolari, tenendo conto che la preoccupazione per la Madre Terra e la dignità delle persone non è appannaggio esclusivo di capi religiosi, scienziati, politici o uomini d’affari. I rappresentanti (1500) delle numerose aggregazioni, non solo cattoliche, che comprendono le diverse realtà sociali, a conclusione dell’incontro sul tema ‘Il futuro dei movimenti sociali a favore dell’ambiente’ hanno presentato al papa il documento conclusivo per sviluppare un nuovo stile di vita per vivere una ecologia ‘perché la terra non ci appartiene, ma noi apparteniamo alla terra’, difendendo la solidarietà come progetto di vita per costruire ponti tra i popoli.

Dopo il discorso del presidente della Bolivia, in cui Evo Morales ha raccontato l’esperienza della vita popolare contadino indigeno originario (quasi un discorso identitario di un popolo) papa Francesco ha ringraziato i presenti ricordando il precedente incontro in Vaticano:”Ho saputo anche dal cardinale Turkson presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che molti nella Chiesa si sentono più vicini ai movimenti popolari. Me ne rallegro molto! Vedere la Chiesa con le porte aperte a tutti voi, mettersi in gioco, accompagnare, e programmare in ogni diocesi, ogni Commissione di Giustizia e Pace, una reale collaborazione, permanente e impegnata con i movimenti popolari”.

Dopo aver chiesto di continuare nell’approfondimento di questi incontri il papa ha citato la Bibbia: “La Bibbia ci ricorda che Dio ascolta il grido del suo popolo e anch’io desidero unire la mia voce alla vostra: terra, casa e lavoro per tutti i nostri fratelli e sorelle. L’ho detto e lo ripeto: sono diritti sacri. Vale la pena, vale la pena di lottare per essi. Che il grido degli esclusi si oda in America Latina e in tutta la terra”.

Partendo da questa riflessione papa Francesco ha invitato al cambiamento, ponendo alcune domande per riconoscere alcune esclusioni ed i modi di risolverli: “Sono molti e diversi come molti e diversi sono i modi di affrontarli. Vi è, tuttavia, un filo invisibile che lega ciascuna di queste esclusioni: possiamo riconoscerlo? Perché non si tratta di problemi isolati. Mi chiedo se siamo in grado di riconoscere che queste realtà distruttive rispondono ad un sistema che è diventato globale.

Sappiamo riconoscere che questo sistema ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura? Se è così, insisto, diciamolo senza timore: noi vogliamo un cambiamento, un vero cambiamento, un cambiamento delle strutture. Questo sistema non regge più, non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunità, i villaggi …. E non lo sopporta più la Terra, la sorella Madre Terra, come diceva san Francesco.

Vogliamo un cambiamento nella nostra vita, nei nostri quartieri, nel salario minimo, nella nostra realtà più vicina; e pure un cambiamento che tocchi tutto il mondo perché oggi l’interdipendenza planetaria richiede risposte globali ai problemi locali. La globalizzazione della speranza, che nasce dai Popoli e cresce tra i poveri, deve sostituire questa globalizzazione dell’esclusione e dell’indifferenza!”

Papa Francesco va subito al nocciolo dei ‘diritti sacri’: “Oggi vorrei riflettere con voi sul cambiamento che vogliamo e di cui vi è necessità. Sapete che recentemente ho scritto circa i problemi del cambiamento climatico. Ma questa volta, voglio parlare di un cambiamento nell’altro senso. Un cambiamento positivo, un cambiamento che ci faccia bene, un cambiamento che potremmo dire redentivo. Perché ne abbiamo bisogno… Molti si aspettano un cambiamento che li liberi da questa tristezza individualista che rende schiavi.

Il tempo sembra che stia per giungere al termine; non è bastato combattere tra di noi, ma siamo arrivati ad accanirci contro la nostra casa. Oggi la comunità scientifica accetta quello che già da molto tempo denunciano gli umili: si stanno producendo danni forse irreversibili all’ecosistema”.

Poi si è rivolto direttamente ai presenti per portare avanti il cambiamento: “Potete fare molto. Voi, i più umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi, potete fare e fate molto. Oserei dire che il futuro dell’umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare e promuovere alternative creative nella ricerca quotidiana delle ‘tre T’ (lavoro, casa, terra) e anche nella vostra partecipazione attiva ai grandi processi di cambiamento, nazionali, regionali e globali. Non sminuitevi! Voi siete seminatori di cambiamento”.

Ha richiamato la globalizzazione della speranza che deve sostituire la globalizzazione dell’esclusione: “Voi, da parte dei movimenti popolari, assumete i compiti di sempre, motivati dall’amore fraterno che si ribella contro l’ingiustizia sociale. Quando guardiamo il volto di quelli che soffrono, il volto del contadino minacciato, del lavoratore escluso, dell’indigeno oppresso, della famiglia senza casa, del migrante perseguitato, del giovane disoccupato, del bambino sfruttato, della madre che ha perso il figlio in una sparatoria perché il quartiere è stato preso dal traffico di droga, del padre che ha perso la figlia perché è stata sottoposta alla schiavitù; quando ricordiamo quei ‘volti e nomi’ ci si stringono le viscere di fronte a tanto dolore e ci commuoviamo”.

Elogiando l’impegno dei movimenti popolari e spronandoli a costruire una alternativa umana alla globalizzazione escludente, ha ricordato anche l’impegno millenario della Chiesa, che non può rimanere esclusa da questo processo nell’annuncio del Vangelo: “Molti sacerdoti e operatori pastorali svolgono un compito enorme accompagnando e promuovendo gli esclusi in tutto il mondo, al fianco di cooperative, sostenendo l’imprenditorialità, costruendo alloggi, lavorando con abnegazione nel campo della salute, dello sport e dell’educazione. Sono convinto che la collaborazione rispettosa con i movimenti popolari può potenziare questi sforzi e rafforzare i processi di cambiamento”.

Affidando i presenti alla Madonna, papa Francesco, interrotto da applausi e da qualche ‘Viva il papa’. ha ricordato tre compiti che i movimenti popolari devono portare avanti: “Il primo compito è quello di mettere l’economia al servizio dei popoli: gli esseri umani e la natura non devono essere al servizio del denaro. Diciamo no a una economia di esclusione e inequità in cui il denaro domina invece di servire. Questa economia uccide. Questa economia è escludente. Questa economia distrugge la Madre Terra”.

Ricordando il compito dell’economia, che è buona amministrazione della casa comune e crea buone condizioni per vivere, il papa ha ribadito la necessità di una nuova economia per la cultura dell’incontro, citando l’enciclica ‘Popolorum Progressio’ di papa Paolo VI: “Questa economia è non solo auspicabile e necessaria, ma anche possibile. Non è un’utopia o una fantasia. E’ una prospettiva estremamente realistica. Possiamo farlo. Le risorse disponibili nel mondo, frutto del lavoro intergenerazionale dei popoli e dei doni della creazione, sono più che sufficienti per lo sviluppo integrale di ‘ogni uomo e di tutto l’uomo’…

L’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è semplice filantropia. E’ un dovere morale. Per i cristiani, l’impegno è ancora più forte: è un comandamento. Si tratta di restituire ai poveri e ai popoli ciò che appartiene a loro. La destinazione universale dei beni non è un ornamento discorsivo della dottrina sociale della Chiesa. E’ una realtà antecedente alla proprietà privata. La proprietà, in modo particolare quando tocca le risorse naturali, deve essere sempre in funzione dei bisogni dei popoli”.

Richiamando il Documento di Aparecida, il papa ha chiesto il perdono per i crimini contro i popoli indigeni, ma anche il ricordo di vescovi, sacerdoti, religiose e laici che annunciano il Vangelo in tutto il mondo, specialmente in Medio Oriente. Infine, richiamando la sua enciclica ‘Laudato sì’, ha chiesto di denunciare una guerra in atto:

“Dobbiamo denunciare anche questo: in questa terza guerra mondiale ‘a rate’ che stiamo vivendo, c’è una sorta di genocidio in corso che deve fermarsi… il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. E’ soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi ed anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento.

Io vi accompagno. Diciamo insieme dal cuore: nessuna famiglia senza casa, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessun popolo senza sovranità, nessuna persona senza dignità, nessun bambino senza infanzia, nessun giovane senza opportunità, nessun anziano senza una venerabile vecchiaia. Proseguite nella vostra lotta e, per favore, abbiate molta cura della Madre Terra”.

Foto: Radio Vaticana

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