La nuova generazione c’è. Ora è tempo di aggregarla

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“Noi ci siamo”. Monsignor Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo, scandisce bene le parole al termine dei tre giorni di festival della Dottrina Sociale della Chiesa. Ed è in queste tre parole che si racchiude il senso dell’impegno dei christifideles laici, i laici fedeli a Cristo, di essere presenti nel sociale. Per contribuire al cambiamento, e tendere tutti insieme verso lo sviluppo umano integrale, tema costante e fondante della Dottrina Sociale della Chiesa. È una formazione umana, prima che politica.

 

 

 

Così umana che anche il cardinal Tarcisio Bertone, segretario di Stato, richiama alla coerenza dei principi, perché solo da lì si può partire per essere il motore della società. E allo stesso tempo, il cardinale fa partire l’impegno sociale dei cristiani dal Vangelo e dalla preghiera: non potrebbe essere altrimenti.

Per anni, il dibattito è stato chiuso in delle scatole che poco avevano a che fare con la vita reale. O il centro del mondo erano i poveri e il sociale, e si metteva Cristo da parte, perché “l’evangelizzazione viene con le opere”, oppure si parlava solo di Cristo e identità cristiana, e lì erano i campi di applicazione pratica e sociale ad essere un po’messi da parte, perché “ci si deve prima rafforzare nell’identità”. Progressisti e conservatori. Sinistra e destra. Discontinuità e continuità. Tutte categorie che solo apparentemente si contrappongono e si escludono. La verità non solo sta nel mezzo, ma nella sintesi. Prima di comprenderlo, sono cresciute almeno un paio di generazioni dopo il Concilio Vaticano II, e almeno una da quando è stato pubblicato il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Sono stati inglobati nei partiti politici, e in questo modo se ne è annullato il potere creativo. Nel momento in cui ci si chiude nelle scatole, il peso, la forza delle parole e delle idee è giocoforza limitato.

Oggi però è cresciuta una generazione nuova. Non subisce né vive gli strascichi delle precedenti generazioni, porta con sé problemi e istanze nuove. Va al di là delle categorie, e cerca formazione umana. Sanno che se non si è uomini prima che attori sociali, è difficile riuscire ad essere puri, a portare avanti un’ideale. Ce ne erano molti, nella tre giorni di Verona. Una platea fatta soprattutto di giovani dai venti ai trenta anni, che fanno partire scuole di formazione socio-politica in Sicilia, che si preparano alle prossime elezioni di Genova nel 2012, che cercano di portare un contributo umano nelle istituzioni della capitale. Giovani ricercatori che decidono di tornare in Italia per dare un contributo. Ragazzi che fanno rete, che hanno un obiettivo comune. Sono cristiani, ma sono soprattutto laici. E ce ne sono moltissimi come loro. Ci si può permettere di bruciare una generazione nuova?

Così, dopo tre giorni in cui si è parlato molto di temi economici, di pratica del sociale, della Dottrina Sociale della Chiesa applicata ai grandi sistemi, ora spetta alla Chiesa il compito di aggregarli, e di renderli un movimento vivo e forte. È il lavoro che facevano i vecchi parroci di Paese, ed è un lavoro che la Chiesa deve tornare a fare. Perché il pensiero di ispirazione cristiana sia ancora vivo nella società. E perché si riescano a superare le vecchie categorie. “Noi ci siamo”.

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