Il lungo pomeriggio con i sacerdoti, i cappellani aeroportuali e la premier polacca. La giornata di Papa Francesco

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Parla della tenerezza di Dio Papa Francesco, concludendo il pomeriggio con i sacerdoti a San Giovanni in Laterano. Circa tre ore insieme ai partecipanti al terzo ritiro mondiale, per una meditazione, seguita da un colloquio e terminata con una grande concelebrazione nella cattedrale di Roma.

In mattinata, Francesco aveva incontrato la presidente del Consiglio dei ministri della Polonia, Ewa Kopacz, con la quale ha parlato delle minacce dello stato islamico, del problema dei migranti e della prossima GMG di Cracovia 2016.

Sempre in mattinata il Papa aveva anche incontrato i cappellani aeroportuali. “L’aeroporto – ha detto loro – è luogo di incontro di tante persone che viaggiano, per lavoro, per turismo, per altre necessità; vi transitano migranti e rifugiati, bambini e anziani, persone che hanno bisogno di cure e attenzioni speciali. E poi ci sono le persone che lavorano lì, ogni giorno, con le loro situazioni personali e professionali. Vi è anche il preoccupante numero di passeggeri senza documenti – spesso rifugiati e richiedenti asilo -, che sono detenuti nei locali aeroportuali per brevi o lunghi periodi, a volte senza adeguata assistenza umana e spirituale”.

Ma è nel pomeriggio che Francesco non si è risparmiato, nel suo lungo stare insieme ai sacerdoti, con i quali ha meditato, scherzato e pregato. “Lasciatevi aprire il cuore e amare da Gesù, non solo contemplate Gesù, lasciate che Egli vi guardi: eccomi Gesù”.

Dio ci ha amati, salvati dalla “schiavitù del peccato e dell’autodistruzione da ogni schiavitù che abbiamo in noi”, ha detto loro. Ci ha insegnato “a camminare, è bello ascoltare che Dio si abbassa e ci insegna a camminare: la tenerezza di Dio è l’avermi insegnato a camminare nello spirito”. “Dio – ha aggiunto Francesco – attira con lacci d’amore non con leggi punitive, l’amore lega nella libertà perché rispondiamo con amore”.

Noi spesso “abbiamo paura della tenerezza di Dio. Noi non lasciamo che lui si sperimenti in noi, per questo spesso restiamo duri, severi, castigatori. Siamo pastori senza tenerezza”.

Durante la meditazione Papa Francesco ha invitato alla preghiera e ad un rinnovato rapporto con i vescovi, “da ambo le parti”. Poi ha continuato spiegando che davanti al Tabernacolo ci si può anche addormentare per la stanchezza accumulata: se accade “è una preghiera bellissima come il padre che guarda il figlio che dorme. Se vi addormentate davanti al Tabernacolo non vi preoccupate, va bene così. Gesù vi guarda”. Il Tabernacolo “può essere noioso, non è la tv, ma lì c’è l’amore”; è “un dialogo d’amore, senza parole”.

Parla dei sacerdoti che devono essere vicini alla gente, il Papa, poi cita le donne: la Chiesa è una parola femminile, dice e la Madonna è più importante degli Apostoli.

Ai preti ripete che anche quando ci si sente “una porcheria” si deve andare davanti al Santissimo Sacramento e parlare con Dio, lasciar scorrere le lacrime e confessarsi perché quello è un vero momento di grazia. Parla ai sacerdoti di misericordia nella confessione, perché chi ha il coraggio di confessarsi è già pentito e si deve perdonare settanta volte sette.

E poi parla del battesimo, che non deve essere mai negato a nessuno. E per farlo racconta di una ragazza madre: ha avuto il coraggio di allevare il figlio da sola invece che “rimandarlo indietro” e va premiata per questo, dice.

La chiamata al sacerdozio ministeriale è prima di tutto una chiamata d’amore; la vostra risposta è una risposta d’amore. Importante, ha spiegato ai sacerdoti, “cantare al Signore” anche “quando avete delle tentazioni”, quando “state litigando con Lui o gli siete stati infedeli”. “Andate da Lui – l’esortazione di Francesco – per dirgli: ‘Guarda quanto sto soffrendo’. Poi “lasciate che le lacrime scendano. Questo sarà un momento di santità”. “Non dimenticate mai che non siete servi, ma amici. Alla chiamata d’amore si risponde con amore. Quando un sacerdote è innamorato di Gesù lo si vede, lo si riconosce, anche quando è stanco come uno straccio”, l’efficace immagine del Pontefice, secondo il quale “il sensus fidei sa riconoscere quando un sacerdote è innamorato di Gesù, oppure è un funzionario con orari fissi, o una persona attaccata alla legge”.

“Che non ci sia doppiezza nel cuore!”, l’esortazione di Francesco, “che non ci sia ipocrisia, ma ci sia misericordia, amore, tenerezza! Per favore, siate misericordiosi con la gente!”. La prima motivazione per l’evangelizzazione, ha quindi spiegato, “è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, questa esperienza di essere salvati che ci spinge ad amare di più”. “Sentitevi delle persone salvate!”.

Durante il dialogo, risponde alle domande quasi parlando ai vari continenti. E annuncia il viaggio in Africa a novembre: Uganda, Repubblica Centrafricana e forse Kenia.

Definisce l’Africa luogo di “spoliazione”: “le potenze vanno lì a cercare oro, metalli e fanno piazza pulita e lasciano il vuoto. In Africa il problema dello sviluppo e della promozione sociale sono necessari”. La povertà costringe in tanti a scappare via – “quante persone dell’Africa vengono in Europa a cercare un luogo migliore” – ma l’Occidente intero, e soprattutto l’Europa “deve andare in Africa per investire, perché ci sia l’industria e il lavoro. Questo è un aspetto sociale”.

Chiede di guardare ai sud del mondo prendendo l’esempio della fede dell’Africa e dell’Asia, che è “una promessa per la Chiesa”. Dice che si evangelizza per attrazione e non per proselitismo e torna sulla questione dell’ecumenismo, parlando di passi avanti necessari soprattutto con gli Ortodossi.

“Abbiamo una difesa dei valori cristiani fondamentali. Siamo nella stessa lotta. Quindi la Chiesa Ortodossa non si lascia colonizzare dalle nuove teorie che vengono dal sistema socio economico che pone il denaro al Cento”, ha detto. E “al problema della Pasqua vogliamo trovare una soluzione, ma dappertutto ci sono tanti gruppi fondamentalisti”. Ma “la Chiesa cattolica è disposta, fin dai tempi di Paolo VI, a fissare una data e a rinunciare al primo solstizio dopo la luna piena di marzo”.

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