Macerata-Loreto: il pellegrinaggio della misericordia

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Nemmeno davanti ad una finale di Champions League i pellegrini si sono fermati, come ha scherzato con i giornalisti il card. George Pell, primo prefetto della segreteria vaticana per l’economia, che ha celebrato la santa messa allo stadio maceratese davanti a 100.000 fedeli per questo 37^ pellegrinaggio: “Partecipare al pellegrinaggio la sera della finale della Champions League deve essere un vero sacrificio”. Ma il sacrificio è ‘gioioso’ se uno lo fa con uno spirito di affidamento, come un gruppo di giovani di Ascoli Piceno, che hanno fatto il pellegrinaggio a piedi per pregare per Ely, un’amica malata, indossando una maglia con la sua foto:

“Siamo venuti in 40 oggi per sostenerla, domani compie 24 anni e da tre lotta con un linfoma, a seguito di un trapianto di midollo. Si trova in ospedale, in isolamento, e può ricevere visite solo qualche ora al giorno. Affidiamo questa sofferenza alla misericordia del Signore”. Oppure le tante testimonianze che si sono snodate lungo il tragitto notturno per chiedere una grazia, come il lavoro degli operai della Whirpool, o per ringraziare come ha fatto una madre per la figlia Jennifer che dopo cinque giorni è uscita dal coma grazie alle preghiere alla Madonna: “I medici le hanno diagnosticato una grave malattia che a poco a poco le ha contaminato e bloccato tutti gli organi”.

Tante richieste per un pellegrinaggio che ha meditato sulla misericordia, come in un video messaggio ha sottolineato papa Francesco, che era a Sarajevo, dopo due anni di telefonate in diretta, terminando con ‘A risertirsi’: “Il pellegrinaggio è un simbolo della vita, ci fa pensare che la vita è camminare, è un cammino. Se una persona non cammina e rimane ferma, non serve, non fa nulla. Pensate all’acqua, quando l’acqua non è nel fiume, non va avanti, ma è ferma, si corrompe.

Un’anima che non cammina nella vita facendo il bene, facendo tante cose che si debbono fare per la società, per l’aiuto agli altri e anche che non cammina per la vita cercando Dio e che lo Spirito Santo ti muove da dentro, è un’anima che finisce nella mediocrità e nella miseria spirituale. Per favore: non fermatevi nella vita!…

Chi cammina può sbagliare strada; questo può succedere a ognuno di noi e quante volte noi abbiamo fatto questo. Se tu sbagli strada, torna. Torna, perché c’è la misericordia di Gesù… La misericordia di Gesù perdona tutto, sempre ti aspetta, sempre ti ama tanto. Ognuno di voi conosce la propria storia. Noi tutti la conosciamo, la nostra…

In questa lunga serata notturna, in questa notte di cammino, pensate alla vostra vita. Cosa devo fare della mia vita? Cosa mi dice Gesù che devo fare della mia vita? Cosa pensa il Signore per me? C’è gioia nel mio cuore, per cantare mentre cammino? Se non c’è gioia, cercatela! Il Signore te la darà, te la donerà con la Sua misericordia”.

Quindi la misericordia apre il cuore al mondo; e questo è consuetudine del Pellegrinaggio lauretano. Questa volta, però, il suo sguardo si è concentrato là dove il mondo chiede ai cristiani la testimonianza dell’effusione del sangue. Siria, Libia, Iraq sono i luoghi del martirio cristiano del XXI secolo. Raccogliendo l’invito del Papa, il Pellegrinaggio ha messo nel proprio cuore “i nostri fratelli perseguitati, nei quali, come ha scritto nel suo messaggio il presidente della Fraternità di Cl, Julian Carron, vediamo compiersi le parole di Gesù a San Paolo: ‘Ti basta la mia grazia; la mia forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza’…

Niente è escluso dalla vittoria che la Risurrezione di Cristo ha portato nella storia: perciò nessun limite, nessuna paura o incertezza, nessun male, nessuna cattiveria sono così forti da cancellare dal nostro sguardo quella Presenza. Che almeno per una notte, camminando verso la casa di Maria, domini in ciascuno la supplica a Cristo che sia Lui il centro della nostra vita, che sostenga Lui ogni passo facendoci sperimentare la liberazione, qualunque male ci portiamo addosso”.

Perciò le due testimonianze proposte hanno toccato veramente il cuore, come ha raccontato il prof. Wael Farouq, docente presso l’Istituto di Lingua Araba all’Università Americana del Cairo, di religione musulmana, che si è unito al pellegrinaggio con un piccolo gruppo di mussulmani per camminare per gli esuli cristiani dell’Iraq e “per una anziana cristiana copta, che non sa né leggere né scrivere, che del mondo conosce solo la sponda del fiume, il campo e l’albero che fa ombra alla sua povera, primitiva casa di argilla.

Questa donna ha rifiutato di maledire quelli che hanno sgozzato suo figlio in un deserto lontano, sulla costa della Libia, e ha pregato per la loro salvezza. Questa donna rappresenta tutta la civiltà che l’umanità ha raggiunto… Nel sud dell’Egitto, sul monte Gabal al-Tayr, dove si trova la grotta nella quale ha soggiornato la Sacra Famiglia, centinaia di migliaia di egiziani, cristiani e musulmani, compiono un pellegrinaggio a fine maggio per festeggiare la Vergine.

Per paura del terrorismo, e a protezione del monastero della Vergine, il governo vietò ai musulmani di salire al monte. I cristiani, allora, chiusero il monastero della Vergine, protestando contro il divieto ai musulmani di visitarlo, finché il governo non permise loro di partecipare. Questa sera, io cammino con voi per la grazia e la gioia della comunione nella Vergine.

In piazza Tahrir, dove i cuori di centinaia di migliaia di persone erano sospesi fra paura e speranza, dove l’odore della morte riempiva le narici e l’amore per la vita riempiva i cuori, i corpi dei cristiani si sono trasformati in una moschea e i corpi dei musulmani si sono trasformati in una chiesa. All’ora della preghiera, i corpi dei cristiani si sono stretti insieme per formare una moschea e i corpi dei musulmani si sono stretti insieme per formare una chiesa. Questa sera, io cammino per questi corpi puri”.

Un’altra testimonianza arriva in video dall’Irak: padre Douglas Bazi è parroco di Erbil, una città nel nord del Paese; i terroristi gli hanno fatto saltare in aria la chiesa, sparato alle gambe e lo hanno tenuto sequestrato per nove giorni: “Prima di tutto noi siamo cristiani non solo quando le cose vanno bene ma anche quando vanno male.

Perché? Non dobbiamo lamentarci della nostra vita perché quando parliamo col nostro Dio, il nostro Dio ci dice: ‘Guarda, ho mandato il mio amato Figlio tra voi a vivere tra di voi e ha offerto tutta la sua bontà, ma, invece di costruire il regno, voi avete ucciso il mio amato figlio Gesù’. Così Gesù si è sacrificato per noi.

Quindi, per prima cosa noi siamo cristiani quando le cose vanno male, non solo quando vanno bene. Secondo: dobbiamo smettere di lamentarci, perché Gesù ha offerto la vita per noi col suo sacrificio. E chi siamo noi per lamentarci? Il nostro minimo dovere è prenderci cura degli altri. La gloria non è che la gente guardi noi; la gloria è che il nostro maestro Gesù Cristo è tra noi e noi lo mostriamo agli altri…

Apparteniamo a Dio, non apparteniamo a nessun altro. Dio è il nostro modello. Noi dobbiamo seguire il nostro maestro perché noi esistiamo ancora. Fratelli e sorelle, perché i cristiani esistono ancora nel mio paese? Semplice, perché noi apparteniamo a Cristo, non a questa terra. Io non sono sorpreso dal fatto che ci attacchino, ma sono sorpreso per il fatto che la mia gente ancora sopravvive.

E noi sopravviviamo perché apparteniamo a Gesù. Non apparteniamo a un settarismo o a gente che vuole portarci da qualche parte. Gesù è il nostro scopo. Io chiedo a tutti voi fratelli che siete là, in attesa della Messa di ricordarvi che noi non cerchiamo appena un aiuto. Noi siamo pronti al sacrificio. Ma ricordate anche che noi siamo una parte del corpo e il capo di quel corpo è Gesù Cristo.

Ora siamo nella sofferenza e nella persecuzione e voglio che sappiate che ci uccideranno e non smetteranno di ucciderci; forse non avrò più un’altra occasione di parlare con voi, ma sono certo che non possono cambiare la nostra mente, perché la nostra mente è collegata col cuore. Vi chiedo di restare uniti a noi nella preghiera perché i credenti con la preghiera possono abbattere qualsiasi porta chiusa”.

E nell’omelia per la festività del Corpus Domini il card. Pell ha sottolineato: “Il Nostro Santo Padre parla anche della gioia che rappresenta il Pellegrinaggio Cristiano. Quanto è importante per noi essere gioiosi! Per mostrare agli altri, perfino nel mezzo di una grande sofferenza, che il Signore ha sconfitto il peccato e la morte, che esiste una grande speranza per tutti noi, a prescindere dalla nostra condizione.

Pensiamo alle molte buone cose che Egli ci ha dato: noi siamo chiamati figli e figlie di Dio, ed è certamente ciò che siamo. Noi abbiamo anche la presenza di Nostro Signore, che è sempre con noi, in particolare durante la Santa Eucarestia e nella costante presenza dello Spirito Santo con i Suoi doni e i Suoi frutti”.

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