Il Papa: un grido che dischiude i cieli

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Una preghiera accorata e toccante. Così Benedetto XVI definisce il Salmo 22 che questa mattina ha commentato all’udienza generale. Arrivato in elicottero da Castelgandolfo, il Papa ha incontrato i fedeli nell’ Aula delle udienza in Vaticano. Il tema della riflessione è quello dell’ innocente perseguitato e si collega al Salmo 3 commentato la scorsa settimana. “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido. Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me ”. Queste le parole chiave che sono esattamente quelle pronunciate da Gesù sulla croce.

Al centro del salmo, uno dei “più pregiati e studiati di tutto il salterio”, la figura di “un innocente perseguitato e circondato da avversari che ne vogliono la morte”, e il suo rivolgersi a Dio “in un lamento doloroso che, nella certezza della fede, si apre misteriosamente alla lode”. Il Papa prosegue: “Il Signore tace, e questo silenzio lacera l’animo dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta”. “Ma se Dio non risponde, il grido di aiuto si perde nel vuoto e la solitudine diventa insostenibile”. Eppure, “nonostante ogni apparenza”, il salmista “non può credere che il legame con il Signore si sia interrotto totalmente”, sa che “il suo Dio non lo può abbandonare. Da una parte, spiega il papa c’è “il silenzio di Dio, la sua apparente assenza”, dall’altra il fatto che “Dio è stato presente nell’esistenza dell’orante con una vicinanza e una tenerezza incontestabili”.

E dall’ angoscia che altera la “percezione del pericolo, ingrandendolo” anche l’ uomo di oggi viene catturato. “Quando l’uomo diventa brutale e aggredisce il fratello, qualcosa di animalesco prende il sopravvento in lui, sembra perdere ogni sembianza umana”, perché “la violenza ha sempre in sé qualcosa di bestiale e solo l’intervento salvifico di Dio può restituire l’uomo alla sua umanità”. Un Salmo cristologico che ci introduce alla passione di Gesù. “È questo un grido, ha commentato il Papa, che dischiude i cieli, perché proclama una fede, una certezza che va al di là di ogni dubbio, di ogni buio e di ogni desolazione. E il lamento si trasforma, lascia il posto alla lode nell’accoglienza della salvezza”. L’esortazione finale è forte : “Lasciamoci invadere dalla luce del mistero pasquale e, come i discepoli di Emmaus, impariamo a discernere la realtà al di là delle apparenze riconoscendo il cammino dell’esaltazione proprio nell’umiliazione, e il pieno manifestarsi della vita nella morte, nella croce”.

 

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