La stampa italiana ricorda padre Dall’Oglio

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Nei giorni scorsi si è svolto a Roma presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e promosso dalla stessa Fnsi e dall’Associazione Articolo 21 un convegno per ricordare, a quasi due anni dalla scomparsa, padre Paolo Dall’Oglio: ‘La Siria di padre Paolo… e oltre’, a cui ha partecipato anche la sorella Francesca:

“Per noi questa iniziativa, che ha messo in atto la Federazione nazionale della stampa italiana, è di consolazione e nello stesso tempo siamo contenti che si parli del messaggio di Paolo in una situazione veramente terribile. Gli interventi che si sono succeduti li abbiamo sentiti di grande spessore, tutti profondamente vicini al pensiero di Paolo nella sua attualità. Questa è una cosa per noi veramente di grande consolazione e penso anche di Paolo, che in modo misterioso, perché così sono le vie del Signore, è vicino a noi”.

All’incontro hanno preso parte anche l’imam di Trieste Nader Akkad, il prof. Antonie Courban, docente della Saint Joseph University di Beirut, il gesuita padre Luciano Larivera ed il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo. Per capire l’interesse della stampa italiana alla vicenda del gesuita fondatore del monastero di Mar Mousa, abbiamo intervistato uno degli organizzatori dell’evento, il giornalista di Radio Rai, Riccardo Cristiano, autore del volume ‘Medio Oriente senza cristiani? Dalla fine dell’Impero Ottomano ai nuovi fondamentalismi’, a cui abbiamo chiesto di spiegarci perché la stampa italiana ha organizzato un incontro, affollatissimo, su padre Dall’Oglio:

“Il mio personalissimo parere è che fosse e sia un’esigenza culturale ma in primis un dovere civico. Un dovere civico perché padre Paolo prima che un religioso, prima che un gesuita, è un cittadino italiano. Con ferocia non dissimile da quella usata con altre 20.000 persone è stato messo a tacere con il sequestro. Gli è stato tolto il diritto alla parola e alla libertà per il suo amore per la libertà altrui.

Credo sia un dovere civico impedire che, dopo aver sequestrato lui, i sequestratori possano vantarsi di aver sequestrato anche il suo pensiero. E’ molto importante che l’iniziativa sia stata promossa dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e da Articolo 21, associazione che si richiama alla tutela dell’articolo 21 della nostra costituzione, quello sulla libertà di pensiero”.

In che senso padre Dall’Oglio si può considerare un profeta del nostro tempo?
“Credo lo sia davvero. Avvertendo l’arrivo di un odio ciclonico ha invocato l’umanesimo integrale, unico bussola per il domani. Restando alla storia recente direi che ha visto tra i primi il senso profondo del 2011, che a molti non piace più chiamare Primavera… Padre Paolo invece ci ha subito sollecitato a soffermarci sulla crudeltà delle altre stagioni, che non l’hanno voluta, l’hanno sabotata, tradita, o ignorata.

Dietro lo slogan della Primavera ‘il popolo vuole la caduta del regime’ c’era una novità epocale: è ‘il popolo’ che vuole, non ‘Dio’ o ‘la nazione’ ( e qui ricordiamo che siamo in presenza di società complesse, anche dal punto visto etnico). Lui ha colto come pochi altri che ‘il popolo vuole la caduta del regime’ è uno slogan diffusosi ‘per empatia’, dell’uomo con l’uomo.

E’ difficile riassumere in poche parole tutto il senso spirituale, culturale e politico del suo impegno e del valore profetico che in esso scorgo. Mi piace provarci citando alcune parole della sua ultima intervista, a TV Orient prima di essere sequestrato, a Raqqa: ‘Sono venuto a Raqqa spinto dalla mia tristezza, dal mio dispiacere per il sequestro del mio amico Ahmad al-Hajj Saleh, il quale mi ha riservato un’accoglienza abramitica a Tall Abiad, quando sono passato di lì a febbraio di quest’anno, 2013.

Adesso siamo nel mese di Ramadan e, grazie a Dio, stiamo digiunando. Ho annunciato su Internet, appena è cominciato il ramadan, che ho intenzione di fare il digiuno quest’anno. Chiediamo a Dio la grazia: l’unione e la solidarietà con i musulmani. Noi siamo in una condizione di sforzo democratico per la caduta del regime e allo stesso tempo ci sono problemi molto dolorosi nell’opposizione siriana. Io sono venuto a chiedere ai siriani, a ricordare ai siriani, a chiedere a me stesso: insomma ragazzi, facciamo qualcosa per rappacificarci e porre davanti a noi l’obiettivo giusto, quello di ottenere la libertà per tutti i siriani. E conservarla’”.

Perché padre Dall’Oglio amava il popolo siriano?
“Rispondo usando le sue parole: ‘per un discepolo ogni Paese è patria’. Nei suoi 30 anni in Siria lui ha operato per l’inculturazione del cristianesimo in un paese a maggioranza musulmana, consapevole che l’islam del Grande Levante ha una sua specificità cruciale, come dimostra il fatto che la Bibbia sia stata tradotta in arabo a Beirut da due missionari e un dotto dell’Islam, Yusuf al-Asir. Da allora l’arabo non è soltanto la lingua del Corano”.

Come tenere viva la speranza che padre Dall’Oglio sia ancora in vita?
“Perché non dovrebbe esserlo? Ovviamente non ho elementi per dire che sia così, ma la logica per me dice che è ancora qui, con noi, con e come il martoriato popolo siriano”.

In quale modo la stampa italiana può ‘rompere’ il silenzio sulle persecuzioni dei cristiani in quel Paese?
“Vedendo tutte le persecuzioni in Siria. Non per ‘equidistanza’, al contrario! Perché Gesù sulla Croce non ha fatto distinzione tra se stesso e il ladrone che aveva accanto. Quel che è stato fatto contro il popolo siriano in modo divenuto inaudito nel 2011 ha dell’inverosimile.

Monsignor Zenari, in un’intervista per il Giornale Radio Rai, mi ha parlato delle pasticcerie di Damasco, stracolme di prelibatezze a pochi passi dal campo profughi di Yarmouk, dove il blocco imposto ad ogni convoglio di aiuti per centinaia e centinaia di giorni portava alla morte per denutrizione. Io avverto riconoscenza per la testimonianza del Nunzio a Damasco, Mario Zenari”.

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