Papa Francesco a Sarajevo: beati gli operatori di pace

Condividi su...

Stamattina papa Francesco è giunto a Sarajevo, accolto dal Membro croato della Presidenza, Dragan Čović, in rappresentanza della Presidenza tripartita della Bosnia ed Erzegovina, dal Presidente della Conferenza Episcopale e Arcivescovo di Vrhbosna-Sarajevo, Card. Vinko Puljić, e dal Nunzio Apostolico mons. Luigi Pezzuto, trasferendosi poi in auto al Palazzo Presidenziale di Sarajevo per la cerimonia di benvenuto, percorrendo il famigerato ‘viale dei cecchini’.

Davanti al Palazzo Presidenziale il papa è stato accolto da due ali di folla, a cui per motivi di sicurezza è stato vietato per motivi di sicurezza accoglierlo lungo la via che congiunge l’aeroporto e il palazzo presidenziale, dove è stato accolto dai tre Membri della Presidenza della Repubblica. C’è da ricordare che la Presidenza della Bosnia ed Erzegovina è composta da tre Membri che rappresentano le tre comunità etniche del Paese: bosgnacca (bosniaca musulmana), serba e croata.

L’incarico di Presidente della Presidenza è ricoperto a turno da uno dei tre membri per otto mesi. Attuale ‘Chairman’ della Presidenza è il rappresentante serbo, Mladen Ivanić. Gli altri due membri della Presidenza in questa legislatura sono il bosniaco Bakir Izetbegović, ed il croato Dragan Čović. Il presidente Ivanic ha ringraziato il papa ricordando che il Paese è un luogo di incontro tra le civiltà e le fedi, però la realizzazione di questo progetto non è facile:

“Siamo il punto di unione e divisione dell’Europa e dell’Asia, dell’Oriente e dell’Occidente, il luogo d’incontro delle correnti spirituali che hanno avuto un forte influsso sullo spirito dell’Europa, il luogo della diversità delle civiltà, degli influssi culturali e politici e dei grandi sconvolgimenti storici. In Bosnia Erzegovina l’omogeneità etnico-confessionale è assai minore che in altre parti dell’Europa, tuttavia, indipendentemente da questo, il paese costituisce l’unico territorio europeo in cui la cultura della multiconfessionalità e multietnicità ha lasciato un segno profondo, in cui le persone vivono insieme da secoli con le loro diverse tradizioni: cattolica, ortodossa, islamica, ebraica e altre tradizioni minoritarie…

La Bosnia ed Erzegovina è stata il simbolo della vera comprensione e dell’amore tra le differenti nazioni e religioni, ma anche il simbolo della profonda divisione, dei reciproci scontri e sofferenze. Crediamo che il tempo dell’incomprensione, dell’intolleranza e della divisione sia per sempre dietro di noi, speriamo di aver imparato la lezione del passato recente e che davanti a noi ci sia un tempo nuovo, un tempo di comprensione e di riconciliazione, un tempo di collaborazione.

Abbiamo già fatto un grande progresso, purtroppo non si deve trascurare il fatto, che ancora oggi non si è realizzata la piena uguaglianza di tutti i cittadini in ogni parte di questo paese e per questo tutti insieme dobbiamo lavorare con grande dedizione. Siamo impegnati nella costruzione di buoni rapporti con i nostri vicini e con gli altri paesi della regione”.

Dopo un piccolo colloquio privato papa Francesco ha ringraziato la presidenza per l’accoglienza: “Sarajevo e la Bosnia ed Erzegovina rivestono uno speciale significato per l’Europa e per il mondo intero. Da secoli in questi territori sono presenti comunità che professano religioni diverse e appartengono a diverse etnie e culture, ciascuna delle quali è ricca delle sue peculiari caratteristiche e gelosa delle sue specifiche tradizioni, senza che questo abbia impedito per lungo tempo l’instaurarsi di relazioni reciproche amichevoli e cordiali.

Anche la stessa struttura architettonica di Sarajevo ne porta visibili e consistenti tracce, poiché nel suo tessuto urbanistico sorgono, a breve distanza l’una dall’altra, sinagoghe, chiese e moschee, tanto che la città ricevette l’appellativo di ‘Gerusalemme d’Europa’. Essa infatti rappresenta un crocevia di culture, nazioni e religioni; e tale ruolo richiede di costruire sempre nuovi ponti e di curare e restaurare quelli esistenti, perché sia assicurata un’agevole, sicura e civile comunicazione”.

Papa Francesco ha ricordato la visita di san Giovanni Paolo II, avvenuta a meno di due anni dalla firma degli Accordi di Pace di Dayton: “La Bosnia ed Erzegovina è infatti parte integrante dell’Europa; i suoi successi e i suoi drammi si inseriscono a pieno titolo nella storia dei successi e dei drammi europei, e sono nel medesimo tempo un serio monito a compiere ogni sforzo perché i processi di pace avviati diventino sempre più solidi e irreversibili.

In questa terra, la pace e la concordia tra Croati, Serbi e Bosgnacchi, le iniziative volte ad accrescerle ulteriormente, le relazioni cordiali e fraterne tra musulmani, ebrei e cristiani, rivestono un’importanza che va ben al di là dei suoi confini. Esse testimoniano al mondo intero che la collaborazione tra varie etnie e religioni in vista del bene comune è possibile, che un pluralismo di culture e tradizioni può sussistere e dare vita a soluzioni originali ed efficaci dei problemi, che anche le ferite più profonde possono essere sanate da un percorso che purifichi la memoria e dia speranza per l’avvenire”.

Poi ha ricordato l’accoglienza riservatagli dai bambini di diverse etnie all’areoporto: “Questa è la speranza… Scomettiamo su loro… Dopo il gelido inverno auguro che fiorisca la primavera”. Al termine, davanti alla gente assiepata davanti al palazzo presidenziale il papa ha liberato le colombe, simbolo della pace, dicendo ‘Mir Nava’. Poi si è diretto, tra ali di folla ed accarezzando i bambini, allo Stadio olimpico Koševo, accolto da più di 100.000 persone, per celebrare la santa messa, a cui hanno partecipato anche i feriti e i mutilati della guerra che negli anni ’90 del secolo scorso sconvolse i Balcani, al ritmo gridato di ‘papa Franjio’ ed il sindaco gli ha consegnato le chiave della città.

Nell’omelia il papa, commentando le letture bibliche, ha detto che la “pace è la parola profetica per eccellenza! Pace è il sogno di Dio, è il progetto di Dio per l’umanità, per la storia, con tutto il creato. Ed è un progetto che incontra sempre opposizione da parte dell’uomo e da parte del maligno. Anche nel nostro tempo l’aspirazione alla pace e l’impegno per costruirla si scontrano col fatto che nel mondo sono in atto numerosi conflitti armati. E’ una sorta di terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’; e, nel contesto della comunicazione globale, si percepisce un clima di guerra… Oggi da questa città si leva un grido: mai più la guerra!”.

Quindi ha ricordato che nonostante il clima di guerra c’è la parola di Gesù che dice ‘Beati gli operatori di pace’:”E’ un appello sempre attuale, che vale per ogni generazione. Non dice ‘Beati i predicatori di pace’: tutti sono capaci di proclamarla, anche in maniera ipocrita o addirittura menzognera. No. Dice: ‘Beati gli operatori di pace’, cioè coloro che la fanno. Fare la pace è un lavoro artigianale: richiede passione, pazienza, esperienza, tenacia. Beati sono coloro che seminano pace con le loro azioni quotidiane, con atteggiamenti e gesti di servizio, di fraternità, di dialogo, di misericordia…”.

Quindi papa Francesco ha ricordato che la pace è opera della giustizia non ‘teorizzata’ ma vissuta,che significa: “… amare il prossimo come sé stessi. Quando, con la grazia di Dio, noi seguiamo questo comandamento, come cambiano le cose! Perché cambiamo noi! Quella persona, quel popolo, che vedevo come nemico, in realtà ha il mio stesso volto, il mio stesso cuore, la mia stessa anima. Abbiamo lo stesso Padre nei cieli.

Allora la vera giustizia è fare a quella persona, a quel popolo, ciò che vorrei fosse fatto a me, al mio popolo… Ecco gli atteggiamenti per essere ‘artigiani’ di pace nel quotidiano, là dove viviamo. Non illudiamoci però che questo dipenda solo da noi! Cadremmo in un moralismo illusorio.

La pace è dono di Dio, non in senso magico, ma perché Lui, con il suo Spirito, può imprimere questi atteggiamenti nei nostri cuori e nella nostra carne, e fare di noi dei veri strumenti della sua pace. E, andando in profondità, l’Apostolo dice che la pace è dono di Dio perché è frutto della sua riconciliazione con noi. Solo se si lascia riconciliare con Dio, l’uomo può diventare operatore di pace”.

151.11.48.50