Libia: situazione caotica e disperata

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Mentre giungono notizie circa le fughe verso altri Stati africani dei figli e dei parenti del rais Gheddafi ed il primo ministro del Consiglio nazionale di transizione libico, Mahmoud Jibril, ha annunciato che un nuovo governo più inclusivo sarà formato ‘entro una settimana, dieci giorni’: “questo nuovo governo comprenderà rappresentanti delle differenti regioni libiche, lascerà il posto a un altro esecutivo che sarà formato dopo la liberazione totale della Libia”, da sabato scorso sono in corso violenti combattimenti ed i combattenti dell’opposizione proseguono la loro marcia di avvicinamento verso Sirte.


Dal Niger è arrivata conferma dell’ingresso nel paese di uno dei figli del colonnello, Saadi alla testa di un corteo di nove vetture che hanno passato la frontiera nel nord del paese, in direzione di Agadez. E prosegue i riconoscimenti dei Paesi africani alla Libia del CNT. Il ministro degli Esteri dell’Algeria, Murad Madalsi, ha affermato: “Daremo il nostro riconoscimento al Cnt libico solo dopo che ha formato un nuovo governo. Siamo in attesa della nascita del nuovo esecutivo libico”; mentre il governo del Gabon, per bocca del primo ministro Carlos Gomes Junior, ha detto di aspettare ‘a braccia aperte’ Gheddafi se decidesse di chiedere asilo. Invece la Russia ha riconosciuto il Consiglio Nazionale Transitorio come legittima autorità della Libia, con una mossa volta ad aumentare la propria influenza nel processo di ricostruzione e a proteggere i suoi interessi economici nel paese nordafricano, importante produttore di petrolio.

D’altro canto, la situazione umanitaria peggiora sempre più ed il rischio di esecuzioni sommarie resta troppo alto come ha denunciato l’organizzazione umanitaria, Human Right Watch, che è al lavoro per indagare sulla sorte dei combattenti pro Gheddafi, catturati dai ribelli o sulle eventuali atrocità commesse dai rivoluzionari. Anche Amnesty International ha diffuso un rapporto sulle violazioni dei diritti umani durante il conflitto libico, composto da 107 pagine, intitolato ‘La battaglia per la Libia: uccisioni, sparizioni e torture’, denunciando che durante il conflitto le forze pro-Gheddafi hanno commesso crimini di diritto internazionale su vasta scala, ma accusa anche le forze leali al Cnt di violazioni dei diritti umani che in alcuni casi si configurano come crimini di guerra e chiedendo al Consiglio nazionale di transizione (Cnt) di prendere il controllo dei gruppi armati anti-Gheddafi in modo da porre fine alle azioni di rappresaglia e agli arresti arbitrari:

“Le nuove autorità devono girare completamente pagina rispetto alle violazioni degli ultimi quattro decenni e introdurre nuovi standard per porre i diritti umani al centro della loro agenda. Ora spetta al Cnt comportarsi differentemente, porre fine alle violazioni e avviare riforme sui diritti umani, urgentemente necessarie. Una grande priorità dovrà essere valutare le condizioni del settore giudiziario e iniziare le riforme, assicurare processi equi e garantire alle vittime accesso alla giustizia e alle riparazioni’. Inoltre, per quanto riguarda l’Italia e l’Unione europea, il rapporto di Amnesty International ha sottolineato che da quando è iniziata la rivolta in Libia, molte persone hanno dovuto affrontare viaggi pericolosi, a volte fatali, attraversando il mar Mediterraneo verso le coste europee. Pur avendo ricevuto in questi mesi soltanto il 2% dei richiedenti asilo, rifugiati e migranti fuggiti dalla Libia, gli Stati dell’Unione europea non hanno esitato a parlare di un ‘afflusso di massa’, causato dall’instabilità nell’Africa del Nord e hanno continuato a perseguire politiche di controllo delle frontiere a spese dei diritti umani.

Gli stati dell’Unione europea e la Nato non hanno adottato tutte le misure necessarie per garantire ai civili in fuga dalla Libia di mettersi in salvo, pur essendo la protezione dei civili la ragion d’essere dichiarata dell’intervento della Nato in Libia. Dal marzo 2011, l’organizzazione ritiene che almeno 1500 persone siano morte in mare. E l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) parla di  672.143  migranti che hanno oltrepassato il confine libico fino a fine agosto. I dati comprendono 304.508 cittadini di paesi terzi, che rappresentano il 46% del totale dei movimenti, soprattutto verso Tunisia, Egitto e Ciad.

E l’organizzazione internazionale medico-umanitaria Medici Senza frontiere (MSF) ha fornito assistenza sanitaria di base a due comunità di sfollati di origine straniera che hanno bisogno di urgente protezione e assistenza. Infatti una comunità di circa 1000 rifugiati e migranti vive all’interno e nei pressi di alcune imbarcazioni presenti in una base militare abbandonata a Tripoli, mentre un altro gruppo di 200 persone ha trovato rifugio in una fattoria da quando sono scoppiati i combattimenti nella zona sud di Tripoli.

Il vicario apostolico di Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, ha detto all’Agenzia Fides che, nonostante le incertezze, “La vita incomincia a tornare lentamente alla normalità. Anche la piccola comunità cattolica prosegue il suo cammino liturgico e non vi sono difficoltà particolari. Negli ultimi giorni sono state celebrare diverse Messe senza problemi, in piena sicurezza. Il servizio religioso è dunque assicurato alla piccola comunità rimasta. Tra i cattolici presenti in Libia voglio ricordare ancora una volta le infermiere filippine che sono rimaste ad assicurare il loro servizio anche nei momenti più difficili. Queste persone hanno lasciato tutto pur di servire gli ammalati negli ospedali… Le nuove autorità stanno operando per garantire l’ordine e la sicurezza. La priorità è infatti la sicurezza. Mi sembra proprio che vi sia, da parte di tutti, una volontà decisa di normalizzare la situazione e di ristabilire la pace”.

 

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