L’Eucarestia è vita. Il Papa lo dice. Come ha sempre fatto
“Chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, chi riceve il corpo del Signore non può non essere attento, nella trama ordinaria dei giorni, alle situazioni indegne dell’uomo”. Con sullo sfondo una gru ormai ferma da troppo tempo, Benedetto XVI ha messo l’Eucarestia al centro della missione della Chiesa. Si parte dalla Messa nell’area Fincantieri, ed è da quella omelia che si legge la cifra di un Papa Che dopo preferisce pranzare con i cassaintegrati e i poveri della Caritas, mentre dabbasso molti politici erano venuti in cerca di una photo opportunity. La mattina presto, quando erano ancora vuote le sedie riservate e c’erano solo le targhette a fare bella mostra sui sedili vuoti, ne compariva una anonima, con su scritto semplicemente: “Ex parlamentare”. La corsa ai posti riservati era cominciata da un bel pezzo.
Ma il posto riservato nella vita del cristiano è quello dell’Eucarestia. Se non si parte da lì, se non si parte dal pane da spezzare, non si comprende il senso del cristianesimo. Benedetto XVI ha trovato la sintesi – come l’avevano trovata i giovani della Gmg di Madrid – tra la forza della fede in un Gesù consacrato e le istanze sociali della Chiesa. Un traguardo importante, a 120 anni esatti dalla enciclica Rerum Novarum, l’apripista di tutte le encicliche sociali. Eucarestia e lavoro diventano qualcosa che si lega in maniera indissolubile.
non poteva essere altrimenti. Il primo sinodo di Benedetto XVI fu quello dell’Eucarestia del 2005, e non poteva esserci caso più accettato, dato che Ratzinger da sempre punta a far riscoprire la centralità dell’Eucarestia nella vita della Chiesa. Se si scorrono le cronache di quel sinodo, si trovano le lamentele del cardinal Edmund Szoka, che attacca preti e persino vescovi che “hanno perso la fede nell’Eucarestia e celebrano la Santa Messa come una responsabilità professionale”, mentre in India – raccontava il cardinal Placidus Toppo – “l’Eucarestia partecipata è uno dei doni nella mia diocesi, ed ha un effetto straordinariamente liberante”. La cifra di un pontificato si legge anche da lì, da quei dibattiti, dal punto 7 delle proposizioni finali di quel sinodo, dove si legge che “l’amore all’Eucaristia porta ad apprezzare sempre più il sacramento della Riconciliazione, nel quale la bontà misericordiosa di Dio rende possibile un nuovo inizio della vita cristiana e mostra l’intrinseco rapporto tra Battesimo, peccato e sacramento della Riconciliazione”.
L’Eucarestia è il banchetto di Dio, la riconciliazione la condizione per arrivarci. Così Benedetto XVI ha richiamato in più occasioni alla Riconciliazione, anche affrontando lo scandalo della pedofilia nella Chiesa (basti pensare alla lettera ai cattolici d’Irlanda, all’attenzione per le vittime, alle parole pronunciate a Fatima, in cui ha messo la Chiesa in penitenza). Ma come spezzare il pane se il pane non c’è? I temi del lavoro sono ricorrenti in questo Pontificato, e basta ricordare le parole del Papa di fronte agli operai dell’Alcoa di Portovesme e della Fiat di Termini Imerese. Ma, per andare meno indietro nel tempo, basta andarsi a rivedere le parole dette ai fidanzati ieri, consapevole che l’ansia per un futuro che non è roseo non permette la stabilità di una famiglia.
Sono le premesse che hanno portato il Papa a celebrare la fine del Congresso Eucaristico di Ancona, il secondo da lui vissuto come Papa, dopo quello di Bari nel 2005. E ci si proietta verso una Gmg, quella di Rio del 2013, dove la sfida sarà proprio riportare l’Eucarestia al centro di una nazione che a volte si è spinta così tanto sulla questione sociale da perdere di vista il centro della vita della Chiesa. Lì, l’opzione fondamentale per i poveri è in alcuni casi diventata il centro della fede, tanto che Clodovis Boff, fratello del più famoso Leonardo e anche lui teologo della liberazione di primo pelo, ha sostenuto che così facendo si rischia di ridurre la Chiesa a una qualunque Ong. Benedetto XVI lo sa. E quando lo scorso aprile i vescovi brasiliani della regione Norte 2 sono andati in visita ad limina dal Pontefice, ha detto loro: “Sento che il centro e la fonte permanente del ministero petrino sono nell’Eucaristia, cuore della vita cristiana, fonte e culmine della missione evangelizzatrice della Chiesa. Potete così comprendere la preoccupazione del Successore di Pietro per tutto ciò che può offuscare il punto più originale della fede cattolica: oggi Gesù Cristo continua a essere vivo e realmente presente nell’ostia e nel calice consacrati”.