Il Congresso Eucaristico coniuga famiglia ed ecumenismo

Condividi su...

Il Convegno Eucaristico Nazionale, in attesa dell’arrivo di papa Benedetto XVI, ha meditato nella penultima giornata sul mistero di Emmaus, mettendosi in cammino accompagnato da Gesù eucaristico. La Chiesa ha intrapreso questo cammino insieme ad ebrei e ortodossi, mentre le famiglie hanno fatto alcuni chilometri a piedi per testimoniare, con la fatica del sole battente, la gioia di vivere l’Eucarestia.  Il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, ha sottolineato: “Il Congresso eucaristico  è la gente che si raccoglie attorno a Gesù Eucaristia, cuore della comunità cristiana, per dirgli grazie e fare festa. Queste famiglie testimoniano che il Vangelo del matrimonio è assolutamente bello, possibile e necessario per l’umanità”.

L’arcivescovo emerito di Palermo, mons. Salvatore De Giorgi, meditando sul passo evangelico dei discepoli di Emmaus, ha sottolineato la sfiducia dei discepoli in quello che Gesù aveva loro detto, con la conseguente scelta di abbandonare Gerusalemme: “Ma il risorto non può tollerare che la sfiducia abbia il sopravvento su quanti lo hanno conosciuto e seguito. Prende, come sempre, l’iniziativa per primo. Va alla ricerca dei delusi. Si avvicina a loro. Si mette sul loro cammino come un compagno di viaggio. Ha compassione del loro volto triste. Si interessa alla loro discussione. Si coinvolge nei loro problemi. La fede dei due però è così spenta che i loro occhi sono incapaci di riconoscerlo. Lo ritengono addirittura un forestiero, ignaro degli eventi. Di tanto è capace il pregiudizio. A dissiparlo ci pensa Lui, il Risorto, con la pedagogia del cammino: ossia del dialogo e dell’attesa…”.

Dalla  ‘tiepidezza’ di molti cattolici ad accogliere l’Eucaristia, secondo mons. De Giorgi deriva la crisi della famiglia: “Di conseguenza non c’è amaramente di meravigliarsi se oggi la famiglia, che dovrebbe essere al centro di tutta l’azione politica come di ogni manovra finanziaria a concreto servizio dell’uomo, di fatto venga relegata agli ultimi posti, trascurata, se non dimenticata, a danno di tutta la società e in particolare delle nuove generazioni. L’Eucarestia, per il suo intimo e speciale rapporto con la famiglia, che da essa nasce e di essa si nutre, costituisce la luce e la forza per rispondere a queste sfide, senza soccombervi, come purtroppo accade per non poche famiglie cristiane, oggi al centro di più intensa preghiera… L’Eucarestia è il massimo segno dell’amore divino, dell’agape, che è amore di donazione, fedele, misericordioso, creatore di vita e fonte di educazione e di redenzione”.

Mentre il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, mons. Ennio Antonelli, ha letto prima il telegramma del segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone, che ha inviato un saluto alle famiglie che hanno partecipato al pellegrinaggio organizzato dal Rinnovamento nello Spirito Santo; poi ha ribadito: “Quanto all’Eucarestia, essa è la più grande presenza di Cristo; è la ripresentazione del suo sacrificio pasquale. In ogni celebrazione, nel segno del pane, dato a mangiare, e del vino, dato a bere, il Signore Gesù rende presente e in qualche modo visibile il dono totale di sé, fatto sulla croce una volta per sempre…

Quanto alla famiglia cristiana, nella misura in cui essa si alimenta con la Parola e con l’Eucarestia, diventa, secondo la bella espressione di Giovanni Paolo II, ‘piccola chiesa missionaria’, esperienza concreta di comunione e di missione. Sappiamo infatti che con il sacramento il Signore Gesù perfeziona l’amore coniugale perché possa diventare segno della nuova ed eterna alleanza di Dio con gli uomini e possa rappresentare, cioè riprodurre e manifestare, il rapporto di Cristo stesso con la Chiesa”.

Nel pomeriggio circa 30.000 famiglie hanno partecipato al pellegrinaggio sotto un sole abbastanza inclemente, proposto dal Rinnovamento nello Spirito Santo, conclusosi in una festa con le testimonianze di molte ‘famiglie numerose’, che hanno ribadito che i figli servono per far progredire l’Italia: “E’ una questione fondamentale, hanno detto Anna e Mario provenienti da Roma con quattro figli, perché senza i figli l’Italia sta diventando un Paese per vecchi. I figli sono una risorsa ed i governi lo debbono capire. Ormai sono molti anni che in Italia non c’è una politica attenta alla famiglia”. Una mamma di Cattolica, Silvia, ha affermato: “Per noi questo pellegrinaggio è un’occasione anche per incontrare nuove famiglie e formare una comunione allargata con la Chiesa. È una gioia immensa ritrovarsi qui con persone provenienti da tutt’Italia, perché sembra di conoscersi da sempre grazie alla condivisione dello stesso pane spezzato”.Poi prima dell’avvio dell’happening con la diretta televisiva, l’arcivescovo di Ancona, mons. Edoardo Menichelli, ha guidato un momento di preghiera con l’ ‘affidamento a Maria’ delle famiglie e dei bambini, seguito dal lancio di migliaia di palloncini ai quali erano legate le intenzioni di preghiera.

In questa giornata il Congresso Eucaristico ha allargato i suoi confini nazionali ed ha ascoltato la testimonianza dei cristiani in Terra Santa attraverso le parole del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa: “La prima testimonianza che i cristiani in Terra Santa sono chiamati a dare è quella dell’Eucaristia. L’unica cosa che non possiamo permetterci  è di tralasciare l’Eucaristia, che non è solo una celebrazione, ma anche uno stile di vita. Siamo chiamati a testimoniare il perdono, la riconciliazione, la consegna, la solidarietà all’umanità. Noi cristiani di Terra Santa siamo una realtà ferita. La divisione è una ferita molto aperta, in qualche modo è una ‘contro testimonianza’: è molto difficile testimoniare l’Eucaristia, l’unità, lavarsi i piedi l’uno con l’altro quando si è divisi”.

Pizzaballa ha concluso affermando che “potremmo anche lasciare tante attività, ma ciò che come cristiani di Terra Santa non possiamo lasciare è la testimonianza dell’Eucaristia: in Terra Santa noi cristiani siamo feriti, perché ci sono le divisioni storiche. Siamo e restiamo lì a fare eucaristia, a dare una testimonianza”. Anche Agostino Borromeo, appartenente all’Ordine equestre, ha presentato gli sforzi caritativi assunti da questo Ordine verso la Terra Santa: il mantenimento di scuole alle spese del seminario di Betjalla, il sostegno alla vita del patriarcato e ad attività pastorali. Tra gli impegni straordinari, il contributo all’Università cattolica di Betlemme (fondata da Paolo VI), dove due terzi degli studenti sono musulmani e la metà sono donne: “Da lì sta uscendo tutta l’intellighentia palestinese che sarà istruita a tolleranza e pace. La Terra Santa non deve tramutarsi in un museo; le ‘pietre vive’ di quei luoghi sono i discendenti dei primi cristiani”.

Inoltre questa giornata ha offerto anche un importante momento ecumenico, perché il ‘banchetto’ eucaristico deve essere una mensa a cui tutti i ‘fratelli’ possano partecipare e risanare le ferite.  Infatti l’arcivescovo di Ancona, mons. Edoardo Menichelli, visitando la sinagoga di Ancona, dove era riunita la comunità ebraica dorica, che ha una storia di mille anni, per un incontro in cui erano presenti il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, il card. Giovanni Battista Re, legato pontificio per il Cen, oltre che rappresentanti delle Chiese ortodosse ed evangeliche, ha affermato che ‘non si può vivere senza Dio’: tale messaggio deve essere lanciato insieme da cristiani ed ebrei.

La comunità ebraica è radicata ad Ancona da più di mille anni e c’è sempre stata una convivenza pacifica tra i due popoli, che nei momenti più difficili della città hanno collaborato insieme per il bene della città: “l’amicizia ebraico-cristiana ha avuto un grande sviluppo e questo è un incontro che abbiamo molto voluto desiderato, appena saputo che avremmo ospitato il Congresso eucaristico”. Ugualmente il rabbino capo di Ancona, Giuseppe Laras, che è anche presidente dell’assemblea dei rabbini d’Italia, ha sottolineato che “tra ebrei e cristiani i rapporti nella storia non sono sempre stati facili, ma è passato il tempo e la Shoah ci ha insegnato una lezione fondamentale, mai più… Oggi tra i discendenti di Abramo devono scorrere sentimenti di vita di amore, di bontà, di accoglienza ed il compito che ci attende è di impegnarsi nelle opere oneste e nella giustizia e testimoniare l’importanza dell’aspetto spirituale, indispensabile per una società più sana, altruista e più giusta”.

Infatti durante l’incontro ecumenico, svoltosi nell’ultima giornata del Congresso Eucaristico, a testimonianza del gesto compiuto ad Assisi da papa Giovanni Paolo II ed in attesa dell’ugual gesto che compirà il 25 ottobre papa Benedetto XVI, il presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, mons. Mansueto Bianchi, ha ricordato che nella città secolare l’eucaristia è un ‘alfabeto’: nella città in cui ‘cristiani, non cristiani, credenti e non, convivono e collaborano’, questa ‘grammatica’ è utile per “sillabare il senso e la qualità della città che noi siamo, che noi costruiamo, e per decodificare il codice complesso dei valori o della loro parodia”. Di fronte al rischio di una chiusura all’altro della città, il cristiano deve testimoniare lo ‘stile della commensalità’,in quanto il banchetto eucaristico chiama il cristiano ad essere ‘ponte’ e non ‘muro’.

E cresce l’attesa per la messa conclusiva del Congresso Eucaristico, a cui parteciperanno anche le suore di clausura del monastero di Urbino, delle Clarisse e Benedettine di Fermo, delle Benedettine del monastero di S. Onofrio di Ascoli e di San Marco di Offida, grazie ad una speciale dispensa da parte dello stesso pontefice Benedetto XVI. Alla messa conclusiva del Congresso Eucaristico parteciperanno anche i quasi settanta giovani partecipanti alla decima edizione dell’ ‘Agorà del Mediterraneo’, in svolgimento a Loreto, che provengono da 25 diversi Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ma anche dall’Europa centrale e da Pakistan e Filippine ed hanno animato anche qualche giornata dello ‘Spazio Giovani’ del CEN.

Don Francesco Pierpaoli, responsabile del Centro Giovanni Paolo II di Loreto, ha detto loro di tessere “la pace con il filo d’oro della giustizia, della libertà e del perdono nella quotidianità, dentro la storia…  Questo non è solo il decimo anniversario dell’Agorà ma anche il 25° anniversario dell’incontro interreligioso di preghiera voluto da papa Giovanni Paolo II da Assisi. Assisi e Loreto sono un mondo nuovo, portate questo spirito nelle vostre comunità. Oggi non si conclude l’Agorà perché questo vive laddove abbiamo accolto lo spirito di questi giorni. Non saremo più in questa casa, ma lo spirito percepito qui deve continuare a vivere in tutti noi…

Domani  ricorreranno i 10 anni dall’attentato delle Torri Gemelle a New York. Spesso si dice che il mondo dopo quel fatto non è più come prima. Non sono d’accordo. Il mondo non è più quello di prima dopo la preghiera di Assisi, 25 anni fa, dopo l’Agorà dei giovani del Mediterraneo, dopo la Gmg, non è più quello di prima dalla venuta di Cristo, perché non la guerra ma solo l’amore, il perdono e la pace sono la novità del mondo. Ricordatelo anche se i mass-media non ci hanno fatto vedere, non hanno indugiato per giorni sulle immagini dei tanti giovani convenuti a Loreto o sui 2 milioni riuniti a Madrid per la Gmg, come invece fecero e stanno facendo con le immagini devastanti dell’11 settembre. Se l’11 settembre è stato violenza, morte d’innocenti, rivelatore d’ingiustizia, dove sta la novità? In questa linea lo spirito di Loreto, lo spirito di Assisi sono la novità, perché solo la pace è santa, mai la guerra. La preghiera di Assisi, come quella dell’Agorà di Loreto, sono, invece, una nuova creazione, la novità di un cammino capace di generare ciò che l’uomo da solo non può generare: il perdono e la pace”.

151.11.48.50