La vendemmia della legalità

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Carità, entusiasmo, legalità e voglia di cambiamento. Queste, potremmo dire, sono le motivazioni principali che spingono, da un decennio, la «Fondazione San Vito Onlus» (fondazione della Diocesi di Mazara del Vallo) a scommettere sul proprio territorio e sulla bontà della propria gente. La Fondazione San Vito – che gestisce alcuni fondi agricoli confiscati alla mafia nelle contrade Fiumelungo, Baronia Sottana (a Salemi) e Rosignolo (a Calatafimi) – ha lanciato in questi giorni un appello per cercare volontari, singoli o gruppi, disposti a prendere parte alla «Vendemmia della legalità» aiutando gli operai della Fondazione nella raccolta dell’uva. “Le uve biologiche sono già mature – si legge nel comunicato stampa inviato dalla diocesi mazarese alle agenzie d’informazione – e la terza settimana di settembre si dovrà fare vendemmia”. La raccolta avviene in vigneti che sono stati confiscati alla mafia e sono tornati alla fruizione sociale. “Raccoglieremo i vitigni d’Inzolia e Grillo – spiega don Francesco Fiorino, presidente della fondazione – e l’uva sarà venduta ad una società di Campobello di Mazara che la trasformerà
in succo concentrato d’uva per l’utilizzo nel commercio alimentare. Il ricavato della vendita servirà a coprire le spese della coltivazione e il salario degli operai agricoli”.

I beni confiscati gestiti dalla Fondazione San Vito (che li ha avuti affidati dai comuni di
Salemi e Calatafimi) sono simbolo della riappropriazione del territorio da parte della comunità, del riscatto civile e dell’impegno di tanti, perché non si perda mai la speranza nel cambiamento. “È per questo – aggiunge il vescovo di Mazara del Vallo mons. Domenico Mogavero – che quest’uva ha un sapore in più: quello della legalità”. Nel terreno di contrada Rosignolo a Calatafimi, la Fondazione negli anni ha reimpiantato un
nuovo vigneto ed ora sono nati i nuovi frutti simbolo della vittoria contro la criminalità. In contrada Fiumelungo a Salemi, invece, il vecchio casale presente sul terreno è stato ristrutturato ed è diventato turismo rurale («Al Ciliegio»), con un’aula didattica e 40 posti a sedere. A corollario di questa importante manifestazione e in occasione del decimo anniversario della costituzione della Fondazione San Vito Onlus, mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano e presidente della commissione per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza Episcopale Italiana, sarà relatore del convegno sul tema «Sequela di Cristo ed impegno per la giustizia», che si terrà il 18 settembre all’hotel Mahara sul lungomare San Vito, con inizio alle ore 16,30. La vendemmia della legalità inizierà, invece, sabato mattina alle ore 8.00 presso il turismo rurale “Al Ciliegio” in C.da Fiumelungo a Salemi.

A don Francesco Fiorino, presidente della fondazione, abbiamo rivolto alcune domande:

La Fondazione San Vito da dieci anni è presente nel territorio mazarese, come ha risposto la gente?

“L’opera della Fondazione è apprezzata nel nostro territorio e anche fuori. Contiamo un centinaio di volontari impegnati nella gestione delle mense, nelle carceri e in altri settori. La gente ha risposto abbastanza bene. Talvolta sono invece le istituzioni pubbliche che fanno finta che non esistiamo!”.

Il fatto che la Fondazione sia legata alla Diocesi che tipo di risultati ha prodotto?

“Questa è un’occasione di testimonianza e di credibilità, la Chiesa non può limitarsi soltanto a semplici dichiarazioni o a pronunciamenti (anch’essi importanti) e basta. Io sono stato per dieci anni direttore della Caritas diocesana e ho imparato quanto sia importante la «pedagogia dei fatti». Non si può pretendere di insegnare qualcosa alle persone se le parole non sono unite alle azioni. Se vogliamo essere credenti dobbiamo anche diventare credibili. La credibilità di un credente passa attraverso la testimonianza concreta delle sue azioni verso gli altri, vissute con gratuità e costanza”.

C’è un progetto di accoglienza che riguarda anche il coinvolgimento degli immigrati, realtà molto presente in tutta la diocesi di Mazara?

“Da tempo siamo impegnati nell’accoglienza degli immigrati. Abbiamo creato un centro d’ascolto in lingua araba, grazie alla collaborazione di una signora tunisina che lavora con noi da nove anni. Per far sentire più vicina la comunità che accoglie anche la lingua è importante. Dal 2008 siamo impegnati, inoltre, nell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Attualmente stiamo accogliendo 22 giovani sbarcati a Lampedusa dall’Africa subsahariana. Diverse volte abbiamo ospitato gratuitamente alcune persone per aiutarle a rinnovare il permesso di soggiorno e ad inserirsi meglio nel territorio. A Mazara, a Marsala e a Salemi è stato attivato il servizio delle mense che garantisce un pasto caldo e un servizio docce. Tutto questo ci permette di entrare meglio in relazione con le persone, e possiamo così accompagnale in un percorso di inserimento sociale”.

Possiamo dire che nella gente si è sviluppato un reale desiderio di legalità e di cambiamento?

“Si, anche se non viene espresso in modo diffuso. La gente è stanca di subire nel nostro territorio una certa pressione culturale e sociale. Le nostre azioni e i nostri progetti anche in questo campo vogliono fare da apripista. Cerchiamo di far comprendere che il cambiamento è possibile a cominciare dai cuori, dalle menti e dalle coscienze delle persone. Prima cambiano le persone, e poi le cose cambiano con le persone”.

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