Flannery O’Connor nella collana dei “Racconti d’Autore”

Condividi su...

Nel Geranio – quello che noi sinceramente preferiamo – torna un tema insistente nella poetica della scrittrice: la nostalgia per la terra d’origine, sentimento puro, dolente  e commovente, che però si intreccia con il pregiudizio, l’incapacità di amore, la convinzione di essere in possesso della verità e di doverla difendere ad ogni costo. Flannery O’Connor nacque a Savannah, nel  Sud-Est degli Stati Uniti, nel 1925. La sua adolescenza fu segnata dalla morte del padre, dal quale avrebbe in seguito ereditato la malattia, nemico mortale con cui combatté, senza arrendersi, per tutta la vita. Dopo essersi diplomata al Peabody Laboratory School, e laureata in sociologia, con solidi studi di teologia, tenne spesso conferenze su argomenti religiosi e letterari, che erano sempre caratterizzati da un’esposizione brillante e “spiazzante”. Nemmeno la malattia riuscì a frenare la indomabile voglia di vivere. Lottò per ben 15 anni, fino al giorno in cui si spense, a Milledgeville, nel 1964, all’età di soli trentanove anni.

La sua produzione letteraria conta  trentadue  racconti, due  romanzi e un centinaio di recensioni per giornali locali. Quello della O’Connor è uno sguardo fisso sulla realtà, osservata senza edulcorazioni, ma nella ricerca continua del rapporto con il Mistero, nella consapevolezza che non si può sfuggire allo perpetuo scontro con la desolazione e l’egoismo dell’uomo, pur sempre alla ricerca della salvezza. Ma la salvezza non la si conquista con la propria azione, con la bontà e la dedizione. La buona volontà dell’uomo non serve a salvarlo.  Spesso la violenza e la crudeltà si  accaniscono proprio contro le anime più candide, i puri di cuore. Ma tutto viene riscattato alla luce dell’Incarnazione e anche il dolore più profondo o quello più meschino splendono di senso e di bellezza. La scrittrice ne è più che consapevole: «Se c’è una cosa tremenda a scrivere quando si è cristiani è che per te la realtà suprema è l’Incarnazione, la realtà presente è l’Incarnazione, e all’Incarnazione non ci crede nessuno: nessuno dei tuoi lettori, cioè. I miei lettori sono convinti che Dio sia morto». In effetti, definita spesso e volentieri come bizzarra e irregolare, in realtà quello che ha sconcertato i lettori, ma soprattutto i critici del Novecento, consiste nel fatto che Flannery O’Connor è una convinta, irriducibile cattolica,  che non fa sconti al buon senso secolarizzato e all’idolatria laicista che la circonda che non si nasconde dietro una fede privata, che non teme e che anzi  rivendica: «Scrivo come scrivo perché sono (non sebbene sia) cattolica». Qualcosa di drammaticamente attuale.

 

151.11.48.50