Ad Ancona l’Eucarestia diventa luce per la città

Ci avviamo verso le ultime giornate del Congresso Eucaristico nazionale, in attesa di papa Benedetto XVI, e l’intensità cresce con le riflessioni sulla cittadinanza e sull’inclusione. Nella giornata di venerdì sono stati richiamati i nomi di molti cattolici: Tovini, Toniolo, La Pira, Frassati, Dossetti, De Gasperi, Marvelli, Sturzo…; personaggi che con la loro azione hanno creato la coscienza per i cattolici di essere parte attiva in uno Stato, senza smarrire la coscienza di popolo. Intanto in città sale l’attesa per l’arrivo di papa Benedetto XVI e, percorrendo le sue vie, si capisce che gli abitanti sono in ‘trepidazione’, cosa che si evince dai manifesti di benvenuto, appesi sugli spazi ‘pubblicitari’.
Nell’introdurre i lavori della giornata, il vescovo ausiliare di Milano, Franco Giulio Brambilla, commentando il brano del vangelo giovanneo del tema del Congresso Eucaristico ha affermato: “Per alcuni discepoli il linguaggio di Gesù è duro, la pretesa di Gesù insopportabile. Ma che cosa è propriamente inaccettabile? Non si tratta solo dell’invito a ‘mangiare la carne Gesù e bere il suo sangue’, ma a far questo riconoscendo Gesù come Parola/Pane/Vita… Questo propriamente è lo ‘scandalo’ di Gesù, di cui il momento eucaristico è, allora come oggi, l’arduo cammino. Noi dobbiamo percorrere l’irto cammino che va dal desiderio che cerca solo di saziarsi allo sforzo di riconoscere in modo grato che il Pane di cui viviamo, gli affetti che scambiamo, la fatica del lavoro e la gioia della festa, le ferite della sofferenza e la fragilità sociale, la passione dell’educare e l’avventura del comunicare, l’impegno civile e la dedizione sociale, hanno bisogno di prendere sapore dalla Parola che esce dalla bocca di Dio”.
Rapportando questo brano del Vangelo alla nostra realtà, mons. Brambilla ha sottolineato il compito dei cristiani nella città: “Certo la nostra epoca porta con sé un’insidia sottile, che fa deperire lo spirito e lo rende vacuo e indifferente. È questa indifferenza soddisfatta che genera un assottigliamento spirituale e rende la città dell’uomo una landa di ululati solitari… La chiesa e il cristiano sono segni di vita eterna quando diventano luoghi della carità. Gesù nell’eucaristia domenicale è colui che sta in mezzo a noi come uno che serve. La domenica è allora il ‘giorno della carità’. La carità per il cristiano è ad un tempo facile e insidiosa. Facile perché è un segno in cui riconosce e può esprimere la sua propensione alla solidarietà. Carità e solidarietà sembrano equivalersi. Ma non è semplicemente così. I cristiani debbono vigilare perché il loro compito non si esaurisca rispondendo al bisogno, ma incontrando il bisognoso, o meglio facendo scoprire il desiderio di un bisogno più grande. Infine, la chiesa e il cristiano sono testimoni di vita eterna se costruiscono la città nella giustizia e nella speranza. La cura per i buoni rapporti di prossimità è l’atmosfera di cui vive la giustizia.
Forse bisogna chiarire la relazione tra carità e giustizia, correggendo il luogo comune. Esso dice così: la giustizia trova il suo criterio nel favorire buoni rapporti sociali nella città, definiti in modo laico, al di là delle convinzioni religiose, e riguarda le prestazioni a prescindere dalle convinzioni; mentre la carità si riferisce alla forma dei rapporti umani, lasciata alle convinzioni personali e religiose e deriva dalla buona volontà del singolo, ma non presiede al rapporto sociale”. Partendo dalla lectio divina il rettore dell’Università Cattolica di Milano, prof. Lorenzo Ornaghi, ha sottolineato il valore dell’Eucarestia per la cittadinanza, esaminando le trasformazioni della ‘idea’ di cittadinanza e considerando le principali sfide odierne alle quotidiane forme di ‘pratica’ della cittadinanza sono i due percorsi preliminari e necessari per riconoscere quale sia il ‘valore’ dell’essere e sentirsi componenti attivi della ‘città’, della ‘comunità politica’: “La linea di demarcazione fra civis e hostis, la linea che separa cittadino e straniero – una linea di demarcazione che a lungo ha coinciso con la ‘frontiera’ politica degli Stati – oggi passa dentro le nostre società, in cui, accanto ai cittadini, si trovano cittadini stranieri, più o meno temporaneamente residenti all’estero per motivi di lavoro, ma anche rifugiati e apolidi, fuggiti dai loro paesi per evitare povertà, persecuzioni, violenza.
L’insieme di questi flussi pone naturalmente problemi di enorme portata, per quanto concerne le modalità di accoglienza, le prospettive di una stabile inclusione sociale, la possibilità di integrare gli ‘stranieri’ dentro la vita comunitaria”. Negli ultimi anni si è presentato il problema della ‘troppa’ informazione nella democrazia, che genera diffidenza: “Nella nostra società, la diffidenza non scaturisce dall’assenza o dalla scarsità di informazione, bensì dalla moltiplicazione di informazioni disponibili, dinanzi alle quali ci si trova disorientati. Con la conseguenza che, più ancora del singolo, anche le leadership politiche si trovano esposte a flussi contrastanti, eppure egualmente autorevoli, che non consentono di formulare previsioni attendibili neppure sul più immediato futuro. E, così, anche i governanti non possono che assecondare le volubili manifestazioni della contro-democrazia”.
Allora, quale è il compito del cristiano? Il prof. Ornaghi indica queste strade: “Nell’esperienza del cristiano, l’Eucaristia è il momento centrale anche dell’impegno nella comunità politica. Al cristiano l’Eucaristia offre, quasi rendendolo tangibile, quel deposito di valori capace di dare un ‘senso’ alla convivenza associata, ben oltre la dinamica dello scambio di interessi e del conflitto tra opposte richieste… Nel contempo, i bisogni, i disagi e le aspettative della società post-secolare spingono a ricercare risposte concrete alle molte ragioni di malessere della vita civile e di quella politica. Ci sollecitano a un ‘agire’, in grado di mostrare concretamente quanto l’etica non solo non sia da giustapporre alla politica, bensì ne costituisca la fondamentale risorsa. Una risorsa capace di far sì che la politica, praticata come ricerca continua del bene comune, sia vissuta come costruzione di ‘senso’. È il ‘senso’ in cui ciascuno di noi, grazie al suo essere e sentirsi ‘cittadino’, concreta il proprio impegno di appartenenza alla comunità e di partecipazione alla preparazione di un futuro (auspicabilmente) migliore del presente”.
Il presidente del Forum delle Famiglie, dott. Francesco Belletti, ha riaffermato il compito fondamentale della famiglia nell’educazione della cittadinanza: “Troppo spesso il discorso pubblico sulla cittadinanza non è un discorso di responsabilità, di appartenenza, ma di riconoscimento dei diritti… Ciò che mi ha sconcertato è l’evidenza che dopo timidi accenni di responsabilità per il bene comune, in quasi tutti ha prevalso il corporativismo… Tutti i beni comuni sono beni relazionali. Non può esserci una prospettiva individualistica di bene comune, e il primo ambito che genera beni relazionali è la famiglia, oltre che luogo insostituibile per generare persone felici e società giuste… Le generazioni che hanno avuto il potere, compresa la nostra, si sono mangiate tutto… Oggi le famiglie hanno la grande responsabilità di esercitare una cittadinanza attiva, a cominciare dal compito di educare i propri figli… Noi cattolici, in particolare dobbiamo fare i conti con la parola ‘potere’, ne parliamo troppo poco…. La politica oggi ha bisogno di uomini religiosi, che credono nella relazione, che sappiano costruire legami. Oggi il pericolo è l’uomo che basta a se stesso”.
Per quanto riguarda il connubio tra Eucarestia e marginalità il presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò, ha sottolineato che “vivendo ‘la novità radicale portata da Cristo’ proprio nella loro esistenza quotidiana, le persone in mobilità diventano testimoni nel proprio ambiente di lavoro e in tutta la società. A tale riguardo, in questi giorni qui ad Ancona molti congressisti sono ospitati su una nave ancorata nel porto, come segno di solidarietà con i marittimi della Fincantieri e, idealmente, con quelli di tutto il mondo, che affrontano particolari difficoltà a causa della crisi economica. Il nostro Dicastero accompagna anche la gente del mare e assiste le loro famiglie”.
Mentre la prof. Cristina Simonelli, teologa e patrologa presso lo Studio teologico di Verona e la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, che dal 1976 vive in un campo rom prima a Pisa e oggi a Verona in una piccola comunità, ha raccontato la situazione dei rom: “La situazione di rom e sinti rappresenta in effetti un caso emblematico: numericamente pochi, sia in proporzione alla popolazione italiana nel suo complesso, sia a confronto della presenza tzigana nella maggior parte degli altri paesi europei, dell’Unione e al di fuori di essa, per motivi di ordine storico, culturale e politico sembrano rappresentare l’Altro, l’estraneo per eccellenza e dunque lo spauracchio da agitare per attirare consensi facili e superficiali, dunque con ‘poca spesa’. La comunità eucaristica è sempre molto particolare: rimanda costantemente ad Altro, l’assemblea riunita nelle varie articolazioni ministeriali, nella dinamica fra presidenza e assemblea dice in forme diverse ma coerenti la precedenza di Cristo che convoca una comunità in cui la comunione è interazione fra diversità che si ricevono e accolgono, donate a se stesse e le une alle altre”.
Nella messa pomeridiana, il presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco, ha fatto riferimento a Sant’Agostino: “I Cristiani sono stati nella società civile come il lievito e il sale, consapevoli che la fede è utile anche alla Città. Hanno quindi sempre costituito una presenza di coagulo per ogni contributo compatibile con l’antropologia relazionale e trascendente, e con il progetto di società aperta e solidale che ne consegue. La Dottrina Sociale della Chiesa è un patrimonio provvidenziale, insuperabile per i cattolici che vogliono continuare o che si affacciano al servizio della ‘città’, sapendo che è ‘insieme’ che si percorrono le vie del servizio se non si vuole essere velleitari ancorché generosi: ‘insieme’, senza avventure solitarie, per essere significativi ed efficaci: ‘insieme’ secondo le forme storicamente possibili, con realismo e senza ingenuità o illusioni, facendo tesoro degli insegnamenti della storia… I cattolici sono storicamente una forza sociale capace di visione e di rete, che ha sempre contribuito con lealtà e impegno al bene di tutti: sono consapevoli delle difficoltà dell’ora, ma anche delle responsabilità storiche di fronte alle quali mai sono arretrati, tanto meno nei momenti più difficili”.
Anche i giovani hanno approfondito il tema della cittadinanza, animando lo ‘Spazio Giovani’ all’interno della Mole Vanvitelliana: lo ‘Spazio Giovani’ sta rappresentando una ‘scuola della ferialità’, dove si impara a vivere di ciò che l’eucaristia quotidiana suscita, genera, sprigiona; una ferialità non gridata, ne ostentata, ma umile, semplice, incisiva, attrattiva verso la santità: “Vogliamo sottolineare come ogni persona abbia la possibilità d’incontrare Cristo nella sua vita. Con cinque diversi laboratori, uno per ogni ambito del Congresso, vogliamo aiutare i partecipanti a capire come impegnarsi nei diversi ambiti della vita”.
La penultima giornata del Congresso Eucaristico, oltre alla festa delle famiglie, è una giornata rilevante sotto il profilo ecumenico e inter-religioso. Ad Ancona, presso la Mole Vanvitelliana di Ancona intervengono mons. Mansueto Bianchi, presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI, il Metropolita Gennadios Zervos, Arcivescovo del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli per l’Italia e Malta, la Pastora Lidia Maggi, dell’Unione Cristiana e Evangelica Battista d’Italia. Contemporaneamente, presso il Teatro delle Muse di Ancona si svolge un incontro sulla Terra Santa, con interventi di S.E. mons. Luciano Giovannetti, Agostino Borromeo e p. Pierbattista Pizzaballa. Alle ore 12 ci sarà un momento di preghiera, a cui parteciperanno il Rabbino Rav Laras, il Presidente, Bruno Coen e l’Arcivescovo Edoardo Menichelli sulla necessità di una sempre maggiore e più approfondita conoscenza reciproca tra ebrei e cristiani.