Dal Papa Abu Mazen e i religiosi di Roma

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Udienza in previsione della canonizzazione di domenica mattina quella di Papa Francesco al Presidente palestinese Abu Mazen, ma ricca di significato a pochi giorni dalla conferma della volontà di Santa Sede e stato di Palestina di firmare un accordo comune. L’incontro, con un colloquio privato durato circa 20 minuti. Abu Mazen, giunto ieri a Roma, parteciperà domani alla messa per la canonizzazione delle Beate Marie Alphonsine Danil Ghattas di Gerusalemme e Mariam Baouardy della Galilea, che saranno così le prime due sante palestinesi. Il Presidente palestinese ha donato al Papa i reliquiari delle due religiose e un rosario in legno. Francesco ha ricambiato con una copia della Evangelii Gaudium e un medaglione con la figura dell’Angelo della Pace. “Ho pensato a te che sei un angelo di pace”, ha detto Papa Bergoglio ad Abu Mazen, che poi si è incontrato con il Segretario di Stato, il Cardinale Pietro Parolin. Il Papa ed Abu Mazen – si legge nel comunicato vaticano – hanno parlato “del processo di pace con Israele, esprimendo l’auspicio che si possano riprendere i negoziati diretti tra le Parti per trovare una soluzione giusta e duratura al conflitto.

A tale scopo si è ribadito l’augurio che, con il sostegno della Comunità internazionale, Israeliani e Palestinesi prendano con determinazione decisioni coraggiose a favore della pace. Infine, con riferimento ai conflitti che affliggono il Medio Oriente, nel riaffermare l’importanza di combattere il terrorismo, è stata sottolineata la necessità del dialogo interreligioso”.

Udienza di festa per Papa Francesco con i religiosi della diocesi di Roma. Un incontro “privato”. Nessuna diretta tv, nessun testo preparato; solo alcune domande a cui il Papa ha risposto a braccio con uno stile franco e diretto. Come quando ha affrontato la questione dei ruoli: “Quando mi dicono: ‘No! Nella Chiesa le donne devono essere capi dicastero, per esempio!’. Sì possono, in alcuni dicasteri possono; ma questo che tu chiedi è un semplice funzionalismo”, ha spiegato. Certo è possibile, sarebbe “una grande cosa”, ma “quello non è riscoprire il ruolo delle donne nella Chiesa”. Perché la questione è più “profonda”.

Per Papa Francesco: “L’essenziale del ruolo della donna va, lo dirò in termini non teologici, nell’aiutare che lei esprima il genio femminile”. Nelle donne, invece, c’è un di più di geniale e di riconciliante. Poi Francesco ha parlato della clausura che “non è rifugio”, ma campo di “battaglia”, “lotta”, in un’armonia possibile nel “delicato equilibrio” tra nascondimento e visibilità. E sulla vita comunitaria ha detto: “non si può vivere la vita consacrata senza la dimensione festosa”, che non è “chiasso” – e sull’obbedienza, chiedendo di bandire “gelosie ed invidie”.

Poi ha parlato del rapporto con le diocesi: “Il vescovo non deve usare i religiosi come tappabuchi, ma i religiosi non devono usare il vescovo come fosse il padrone di una ditta che dà un lavoro”.

Foto: Acistampa.com

 

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