Ancona: l’Eucarestia pane della realtà

“Forse che fine della vita è vivere? Forse che i figli di Dio resteranno con fermi piedi su questa miserabile terra? Non vivere, ma morire, e non digrossar la croce ma salirvi e dare in letizia ciò che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna!”. Queste parole di Paul Claudel mi sono rimbalzate nella testa, assistendo alla giornata di mercoledì 7 settembre del Congresso Eucaristico, dedicata al mondo del lavoro: ‘Eucarestia nel tempo dell’uomo; Eucarestia per il lavoro e la festa’, in un momento molto difficile per molti uomini e donne che ogni giorno sperimentano la necessità di trovare consolazione e gioia. Come ormai avviene dall’inizio del Congresso Eucaristico, a testimonianza di quanto l’Eucarestia si incarni nella vita quotidiana, mons. Edoardo Menichelli ha inaugurato ‘Casa Benedetto XVI’, una struttura a servizio di persone portatrici di handicap e delle loro famiglie.
Ad apertura dei lavori, il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, commentando il brano di Elia (1 Re 19, 4-8) durante la celebrazione eucaristica, nell’omelia ha affermato: “Le giornate di questo XXV Congresso eucaristico nazionale si vanno dipanando in modo tale da consentire una penetrazione sempre più profonda e una esperienza sempre più viva del mistero che celebriamo. Giorno dopo giorno Parola di Dio e sacramento dell’altare illuminano e sostengono il cammino della nostra vita. Così sta avvenendo anche oggi. Lo avvertiamo con la consapevolezza che si tratta davvero di noi e della nostra condizione. Elia ha affrontato ogni sorta di avversità, ha lottato per il vero Dio, ma ora si ritrova solo, stanco, braccato e con una sensazione di sconfitta e di inutilità. Vaga nel deserto senza meta e alla fine crolla spossato. Proprio in questo punto estremo lo raggiunge un soccorso straordinario: al riposo ristoratore si aggiunge un cibo che ne rinvigorisce le forze ridotte allo stremo”.
Quindi occorre abbandonarci a Gesù ‘pane disceso dal cielo’: “tanti attorno a noi hanno bisogno di trovare un po’ di pane e una meta per andare avanti. Abbiamo la duplice responsabilità di avere pane in abbondanza senza saperlo addentare con gusto e darne con gioia ai compagni di viaggio. Sarà chiesto conto anche noi che cosa ne abbiamo fatto del nostro fratello, per tutto quello che non abbiamo fatto per lui, a cominciare dal dargli un pezzo di quel pane del cielo che noi stessi non finiamo di apprezzare. C’è una provvidenza in questa celebrazione e in questo congresso eucaristico: tornare ad assaporare con la compagnia di ogni sorta di affamati quel pane che è Gesù, per ritrovare in lui il filo che ci conduce insieme incontro alla vita”.
Quindi il pane assume un diverso sapore, secondo le occasioni in cui ci si trova, come ha sottolineato la biblista Rosanna Virgili: “L’eucaristia ha un gusto differente per ciascuno che ne mangia, un gusto pieno di sapori, ricco di ogni ricchezza… La differenza tra il pane eucaristico e la manna è che l’Eucaristia nutre per la vita eterna, dà qualcosa che nessun pane di frumento, nessun cibo materiale può dare: il corpo di un uomo vivente, in cui la vita si moltiplica e non si spegne. L’Eucaristia è frutto di due tipi di amore: un amore che scende dal cielo e un amore che sale dalla terra. L’Eucaristia è un corpo che crea una nuova umanità, in cui la vita nasce dalla condivisione, dall’amore… Purtroppo oggi proprio in nome del pane si giustificano a volte ingiustizie, violenze, prepotenze, sopraffazione dei più deboli… Nella prospettiva cristiana, al contrario, il pane eucaristico è un cibo che va oltre i bisogni individualistici…, per una riscoperta del bene profondo e inalienabile che chiede comunione con l’altro e con Dio, perché la trascendenza cristiana si vive nel corpo”.
Riconoscendo all’Eucarestia molti sapori, si scopre che Essa è una festa dei ‘sensi’, come ha affermato don Paolo Tomatis, direttore dell’Ufficio Liturgico della diocesi di Torino, che ha esaminato il romanzo di Saint-Exupery, ‘Il piccolo Principe’: “la pillola del mercante è anche simbolo della tentazione opposta: di chiedere alla festa ‘tutto e subito’, come se si potesse afferrare in un attimo tutto quello che la settimana e la vita normale non riesce a offrire. Così il tempo festivo diventa lo scopo della vita dell’homo ludens, estenuante dispendio di energie nel tentativo di placare con rimedi superficiali la profonda sete di vita che egli porta con sé. Il piccolo principe invece propone di camminare adagio verso la fontana. Camminare, cioè muoversi, attivare il corpo e il desiderio. Adagio, per gustare il cammino e non divorare il tempo. Verso la fontana, simbolo delle sorgenti sacre della vita. La domenica è il tempo donato da Dio per camminare adagio verso la sorgente eucaristica della vita. L’Eucaristia è per il cristiano la sorgente da cui sgorga l’acqua viva della Parola di Dio che si fa nuovamente carne e sangue, nel vino ‘già’ nuovo del suo sacramento donato. La festa cristiana è tempo e spazio dedicato ad abbeverarci alla sorgente”.
Seguendo questa pista di riflessione don Marco Mori, presidente del Forum oratori italiani (Foi), ha detto che gioco e vangelo hanno anche la stessa ‘logica del simbolico’, ovvero “il gioco non finisce mai e tutte le volte, anche se fatto con le stesse regole, produce qualcosa di diverso: il vangelo lo si gusta ricominciando sempre da capo ad accoglierlo”. Ultima assonanza è quella della “logica dell’incarnazione: il gioco permette una reale centralità dei piccoli, perché è fatto a loro misura e obbliga i grandi a mettersi in ascolto”.
Il sacerdote ha poi indicato concretamente cosa il gioco offre all’annuncio del Vangelo: “la possibilità di educare non solo con le riunioni o con la testa”, perché “riesce a far emergere il discorso sulla vita a partire dalla vita”, la possibilità di “toccare anche gli aspetti più concreti della vita e dell’educazione” come “rivalità, la competizione, la gestione delle emozioni”. Il gioco e la presenza degli oratori sono poi significativi per la città, perché, “ci aiutano a non dimenticare gli spazi e i tempi dei più piccoli” e poi offrono la “concretezza della realtà come primato e grammatica fondamentale per interpretare e muoversi nella virtualità”, insomma il gioco dà ai ragazzi “la mappa della realtà”.
Introducendo la tavola rotonda dedicata al lavoro, il presidente della regione, Giammario Spacca, ha sottolineato che: “Le Marche sono la regione più manifatturiera d’Italia e la riflessione di oggi a Fabriano acquista dunque un sapore del tutto particolare. L’attenzione profonda della Chiesa ai temi del lavoro e dell’occupazione ci è indicata con forza dallo stesso Santo Padre attraverso i suoi insegnamenti. Egli ha deciso di incontrare dopo la santa messa che celebrerà domenica ad Ancona, i lavoratori in condizione di precarietà. Oltre alla preghiera, quindi, domenica arriverà una speciale benedizione dalla quale ci auguriamo possano prendere il via le soluzioni che riguardano gli aspetti più difficili e drammatici legati all’occupazione in questa terra. Siamo fiduciosi che dopo la visita di Papa Benedetto XVI avremo più forza per iniziare la risalita, avviando progressivamente a soluzioni le principali vertenze delle più grandi aziende della nostra economia. La giornata di oggi, dedicata alla riflessione sul lavoro, è davvero una giornata che ci riempie il cuore di speranza. Ne abbiamo particolarmente bisogno in un momento così difficile come quello che stiamo vivendo”.
Mentre l’economista Stefano Zamagni ha affermato che: “A differenza delle teorie più diffuse dell’ ‘economia politica’, che tendono ad includere soltanto coloro che sono funzionali alla produzione, e rigettano tutti gli altri, relegandoli alle cure del welfare state l’ ‘economia civile’ punta all’inclusione basata sulla creazione di lavoro sia di tipo produttivo, sia dell’economia sociale di mercato, non necessariamente rivolta al profitto. Del resto il capitalismo-profit realisticamente non può occupare più del 70% del totale delle attività imprenditoriali e quindi rimane un ampio spazio per l’economia di mercato civile, dove creare imprese, società cooperative, onlus, fondazioni per servizi di cui la società ha comunque bisogno. E’ intuitivo che se la legislazione favorisse decisamente tale settore si creerebbero in pochi mesi 50-60 mila imprese, con notevoli ricadute per l’occupazione specie giovanile”.
Per Zamagni sono tre le sfide a cui è chiamato il cattolico per dare speranza al futuro: “La prima riguarda l’inclusione, non l’esclusione. Questa contrapposizione ha radici lontane. Significa, in un certo senso, ritornare al modello cattolico della civitas romana, che accoglieva tutti, in contrapposizione a quello della polis, basato sull’esclusione dei meno efficienti, delle donne e degli schiavi. L’economia, oggi, deve essere civile, dando a tutti, la possibilità di contribuire al processo lavorativo. Un mercato pluralista che non faccia affidamento, per coloro che sono ritenuti ‘improduttivi’, solo sul welfare, sui sussidi e contributi, ma che li aiuti, invece, ad avere una vera occupazione. Accogliere, non emarginare. Questo è il messaggio cristiano. L’idea di pluralizzazione deve coinvolgere anche tutte quella associazioni no profit, di volontariato, cooperative che operano sul sociale. Dato che l’imprenditore è colui che produce valore aggiunto, anche queste attività meritano di essere considerate imprese a tutti gli effetti. Per far questo è necessario, però, il cambiamento del nostro codice civile. Nel mondo del no profit, circa il 70% proviene dal mondo cattolico. Un dato questo che non può certo lasciarci indifferenti.
La seconda sfida è la seguente: Il lavoro decente. Una persona è umiliata quando si sente irrilevante. Un peccato grave per la teologia cristiana. Tutti devono avere diritto ad un lavoro decente. Tutti meritano di provare la bellezza di contribuire alla creazione del Signore. Terza sfida riguarda, infine, il rapporto lavoro e famiglia. A fine maggio 2012, a Milano, si svolgerà il raduno mondiale delle famiglie con il seguente tema: ‘Famiglia: lavoro e festa’. Occorre necessariamente realizzare una politica di conciliazione tra il lavoro e la famiglia. Negli ultimi anni, purtroppo, le leggi si sono rivelate tutte contro la famiglia. La recente normativa della Unione Europea afferma, appunto, che la famiglia stessa deve adattarsi al nuovo mondo del lavoro. Questo non è accettabile. L’armonia e l’equilibrio tra questi due mondi è il messaggio che, invece, la Chiesa vuole lanciare per far si che sia possibile un cambiamento in questo senso… E’ importante che l’uomo modifichi il suo sguardo verso la realtà. Quello che sembra impossibile può diventare possibile. La speranza, come disse Sant’Agostino, possiede due figli. Uno è lo sdegno, l’altro è il coraggio. Occorrono queste due virtù per guardare verso il futuro con ottimismo e determinazione”.
Infine, citando la bella realtà del Progetto Policoro ha invitato i cattolici “a farsi sentire di più, sia sul piano politico sia per quanto riguarda il settore delle imprese sociali e del volontariato dove sono i più rappresentativi, con oltre il 70% del terzo settore nel suo complesso che è di matrice, appunto, cattolica… E’ un peccato gravissimo sul piano sociale il lavoro che umilia e fa sentire irrilevante le persone. Un lavoro ‘decente’ consiste invece nel realizzare il proprio potenziale e ciò è vantaggioso anche per le imprese, oltre che per il singolo lavoratore”.
E fino a sabato il Congresso Eucaristico ospita anche il convegno di ‘Retinopera’ sul tema della città e del lavoro; mons. Crociata ha ringraziato l’ ‘associazione di associazioni’ per l’impegno costante nella riflessione e nella formazione per un giudizio illuminato e un responsabile orientamento all’azione nel campo sociale e politico, in profonda sintonia con il cammino della Chiesa in Italia: “L’insegnamento sociale della Chiesa da lungo tempo ci ha educato a valutare le implicazioni non solo etiche, ma anche sociali e politiche, della fede cristiana e della sua pratica ecclesiale, fino a farle recepire come dimensione costitutiva della coscienza credente. Nondimeno rimane difficile cancellare del tutto il senso, se non di distanza, almeno di alterità che gli aspetti più specifici dell’esperienza cristiana suscitano a confronto con le strutture e le dinamiche della vita sociale. L’Eucaristia costituisce senza dubbio uno di tali aspetti specifici, se non il più intimo dell’esperienza cristiana”.
Quindi l’Eucarestia è il nucleo portante per comprendere ed attuare il bene comune per la città: “La città dell’uomo oggi si presenta plurale e complessa, e in essa anche le figure di bene comune da perseguire, sebbene la struttura urbanistica e architettonica dei nostri abitati, piccoli e grandi, con la chiesa al centro del borgo o incastonata nel tessuto urbano, continui a trasmettere plasticamente una esperienza della realtà sociale centrata attorno alla dimensione religiosa, si dovrebbe dire eucaristica, dal momento che il campanile sovrasta un edificio sacro nel cui spazio si svolge soprattutto la celebrazione liturgica… Mentre si rende necessario ribadire la rivendicazione di uno spazio pubblico alla parola e alla visione della fede, noi credenti siamo tenuti a dare corpo a una presenza ‘eucaristica’ che testimoni coerentemente la forza trasformante della fede per la vita personale e per i rapporti sociali… A partire dalla dimensione strettamente ecclesiale, l’Eucaristia mostra tutta la sua efficacia sociale non solo per l’incidenza che esercita nel tessuto delle relazioni sociali, ma anche per un obiettivo rilievo pubblico…
Il Sacramento costituisce infatti un segnale oltre ogni frontiera che l’individualismo non paga più, se mai ha pagato; che c’è bisogno di una visione d’insieme, oltre il particolare e il locale, se vogliamo salvarci non solo attraverso la crisi presente, ma anche dall’assedio delle minacce all’umano come tale che lampeggiano sinistre in questo tempo”. Nel pomeriggio il card. Camillo Ruini, presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei, nell’officiare la messa ha espresso le sue preoccupazioni: “Temo che le difficoltà economiche siano difficoltà di lungo periodo, con cui dovremo fare i conti non solo noi ma anche i nostri figli. Si tratta di difficoltà per le quali ci vuole forza e coraggio… So che da tempo il lavoro è diventato per molti un grave problema, personale e familiare, oltre che sociale. Non voglio dirvi parole di consolazione, invece occorre che troviamo qualcosa dentro di noi, dalla nostra fede, che ci aiuti ad affrontare la realtà difficile della vita quotidiana che ci sta davanti”.