Le proteste dell’associazionismo alla manovra economica

In Italia ci si sta accapigliando per ripianare il debito pubblico, ipotizzando, di ora in ora, le più disparate soluzioni, alcune apparentemente eque, altre insostenibili moralmente o praticamente. La spesa sociale, addirittura, appare come un bacino da cui attingere per sanare il disavanzo. I tagli agli enti locali avranno quell’effetto, un effetto aggiuntivo a quello già prodotto dalle approvate nelle ultime leggi di stabilità. Le associazioni sociali hanno denunciato più volte questa situazione; anche se qualcuno afferma che una soluzione esisterebbe per ripianare il debito pubblico: il taglio alle spese militari per non ridurre la spesa sociale a mera filantropia.
La Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (Fish) ha denunciato la disattenzione generale verso le politiche sociali, che forse non saranno richieste dalla BCE, ma sono sicuramente sancite dall’Unione Europea. Il presidente nazionale, Barbieri, ha ribadito che: “Le risorse per scongiurare la riforma taglia-assistenza vanno trovate oggi. Assieme a quelle necessarie a tranquillizzare la BCE, si trovino anche quelle per ‘tranquillizzare’ noi”. La grande stretta della manovra di luglio e della Manovra bis approvata il 12 agosto scorso non lascia certo indenni i soggetti e i nuclei familiari colpiti da disabilità.
Come ben illustra il sito Handylex.org, sulla base di un’analisi di Carlo Giacobini, gli aspetti che più peseranno sul sociale sono sostanzialmente due: le restrizioni agli enti locali e l’anticipo della riforma fiscale e assistenziale. La preoccupazione è molto alta anche in merito alla riforma fiscale: per raggiungere l’obiettivo di un risparmio complessivo di 24 miliardi sulla spesa sociale, la delega ha ipotizzato interventi legislativi mirati a ‘eliminare o ridurre’ i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali (art.40 della delega).
Cosa che significa che chi accede a prestazioni sociali o sanitarie agevolate non dovrebbe più aver diritto anche ad agevolazioni fiscali: “Si potrebbe arrivare a sostenere, ha ipotizzato Giacobini, che per un figlio che percepisce l’indennità di accompagnamento o di frequenza, non si ha diritto alla detrazione per figli a carico, oppure se si ottiene un assegno di cura o per la vita indipendente non si può più detrarre/dedurre gli oneri relativi ad una badante”.
Leonardo Becchetti, professore di Economia politica presso la facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata e direttore di Benecomune.net, rivista della Fondazione Achille Grandi per il Bene comune, ha definito la manovra economica ‘partigiana’: ”Di fronte al problema ambientale i paesi del Nord Europa hanno congegnato una serie di tasse verdi in modo da tassare gli effetti negativi dell’inquinamento fornendo in questo modo uno stimolo decisivo all’innovazione tecnologica in direzione di una maggiore sostenibilità ambientale. Ma con la finanziaria si va esattamente in direzione opposta colpendo i profitti e gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili di piccole e grandissime imprese, cioè tassando di più chi contribuisce a ridurre e di meno chi contribuisce ad aumentare l’inquinamento”.
Per il prof. Becchetti, “i pilastri della manovra dovevano essere completamente diversi e su alcuni di essi abbiamo verificato in questi giorni una convergenza tra tutte le opposizioni (inclusi i centristi). Ad esempio, una tassa sui grandi patrimoni in grado di aggredire il debito e ridurre la spesa per interessi, green taxes e tassa sulla speculazione, contrasto più duro nei confronti dell’evasione. Nell’ambito della pubblica amministrazione non riduzione della democrazia ma degli sprechi aggredendo i consumi interni e tagliando gli inutili sussidi alle imprese”.
Nemmeno tenero è stato il giudizio del presidente di Confcooperative Lombardia, Maurizio Ottolini: “Ho l’impressione che qualcuno voglia essere ricordato per aver eliminato dal Codice Civile le società cooperative, le uniche ed ultime imprese solidali che operano sul mercato italiano. Alla faccia delle esplicite osannanti condivisioni all’Enciclica ‘Caritas in Veritate’ che ne auspica la presenza unitamente alle società di capitali, che evidentemente stanno molto più a cuore a questo governo”. Anche il Forum delle associazioni familiari ha “forti preoccupazioni, pur a fronte di alcune positive scelte dell’ultima ora”. Il Forum ha apprezzato l’abbandono dell’ipotesi di aumento dell’Iva, o del cosiddetto ‘contributo di solidarietà’ per i redditi Irpef più alti; ma ha chiesto “significative modifiche alla manovra, che siano capaci di promuovere sviluppo per le famiglie e quindi per l’intero Paese. Crediamo che soprattutto in tempi così duri, proprio nel momento in cui i tradizionali attori economici e politici sono in grande difficoltà, occorra con coraggio ‘ripartire dalla famiglia’ e investire sulla famiglia e sulle giovani generazioni, perché questo Paese si salverà solo restituendo loro fiducia, capacità di progetto e speranza sul futuro”.
Infine padre Alex Zanotelli ha lanciato l’idea di ‘tagliare’ le spese militari: “E’ mai possibile che in questo paese nel 2010 abbiamo speso per la difesa ben 27 miliardi di euro? Sono dati ufficiali questi, rilasciati lo scorso maggio dall’autorevole Istituto Internazionale con sede a Stoccolma(SIPRI). Se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia spendiamo oltre 50.000 euro al minuto, 3 milioni all’ora e 76 milioni al giorno. Ma neanche se fossimo invasi dagli UFO, spenderemmo tanti soldi a difenderci!! Ai 27 miliardi del Bilancio Difesa 2010, dobbiamo aggiungere la decisione del governo, approvata dal Parlamento, di spendere nei prossimi anni, altri 17 miliardi di euro per acquistare i 131 cacciabombardieri F 35. Se sommiamo questi soldi, vediamo che corrispondono alla manovra del 2012 e 2013. Potremmo recuperare buona parte dei soldi per la manovra, semplicemente tagliando le spese militari”.
Anche Flavi Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace è intervenuto sulla manovra-bis con dieci riflessioni per ribadire come sul tavolo della manovra debbano finire anche le spese militari: “Non è un discorso ideologico ma decisamente pragmatico. Non è un problema di coscienza ma di utilità pubblica. È venuto il tempo di tagliare e rivedere completamente la nostra spesa militare. È giusto continuare a spendere in questo modo 24 miliardi di euro all’anno? Ce lo possiamo permettere? E’ questo il modo migliore per garantire la nostra sicurezza? Oppure ce ne sono altri? 24 miliardi sono una somma enorme e ogni tentativo di censurare o stroncare sul nascere anche solo la discussione su questi soldi non è solo attentato non alla democrazia ma un ostacolo insormontabile posto sulla via di uscita dalla crisi.
Le spese militari devono dunque essere messe sul tavolo della discussione alla pari di tutte le altre spese dello stato. La sicurezza è un bene pubblico che deve essere garantito dalle risorse del bilancio dello stato alla pari della salute, dell’istruzione, della giustizia, ecc. Ma così come non c’è un solo modo di garantire la salute, l’istruzione e la giustizia così non c’è un solo modo di garantire la sicurezza dell’Italia e degli italiani. Anzi è la stessa concezione di sicurezza che oggi dimostra tutta la sua profonda incapacità di rispondere ai bisogni reali della gente e del paese. Le nostre spese per la sicurezza sono fortemente squilibrate a favore di un modello militare anacronistico, insostenibile e inutilmente offensivo mentre i problemi della sicurezza oggi esigono una pluralità di strumenti in prevalenza preventivi e non militari. Ragionevolmente si può partire dalla cancellazione del programma di acquisto dei 131 cacciabombardieri F-35 (costo complessivo di venti miliardi di euro) e dalla completa revisione di tutti i 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d’arma che ipotecano la nostra spesa militare fino al 2026”.