La Chiesa in politica secondo Bagnasco
E’ su tutte le pagine dei giornali, ma in effetti non ha detto nulla di nuovo, solo che troppi fanno finta di non saperlo. Domenica 4 settembre il Presidente della Conferenza episcopale italiana il Cardinale Angelo Bagnasco ha partecipato alla Summer School di Magna Carta, l’associazione di formazione politica di riferimento del PDL. Il suo è stato un intervento basato sulla teoria del rapporto Chiesa-politica, ma leggendo bene, diverse erano anche le indicazioni più concrete per affrontare il momento presente, un momento di transizione che però non trova alcun candidato forte su cui la Chiesa cattolica italiana o il Vaticano possano puntare.
Tant’è che alcuni, proprio oltre Tevere, pensano che bisognerà affrontare un inevitabile bagno di “zapaterismo” e risalire la china formando nuove leve politiche. Ma ci vuole impegno e buona volontà per sconfiggere la più comoda “soluzione tampone” proposta dai più anche dentro la Chiesa. Altri ancora, soprattutto alcuni vescovi, pensano che la cosa migliore sia proseguire con la “diaspora” dei cattolici in politica per avere degli “uomini di riferimento”. E’ chiaro che questi tatticismi, anche se interni alla compagine ecclesiale, non possono essere risolutivi. E soprattutto non devono avere lo scopo di “mettere a tacere la Chiesa” e lasciarla in sagrestia, come ha detto domenica il Cardinale Bagnasco. I temi sono conosciuti a chi segue la dottrina sociale: la Chiesa non è una “agenzia politica”, ma la fede ha una ricaduta sull’intera vita degli uomini. La missione della politica poi, ha detto il Cardinale, non è registrazione di ciò che accade, ma dovrebbe essere guida ed educazione, e la mancanza di un’anima fa dimenticare di essere popolo, di avere una cultura di riferimento, insomma lascia quel vuoto che porta a “concepire l’esistenza come una spasmodica spremitura di soddisfazioni e godimenti fino all’estremo”. Così si svaluta la vita, la famiglia, la stessa etica sociale, che pure ha radici antiche perché fondata sulla legge naturale insita nel cuore dell’uomo.
La Chiesa allora dev’essere nel mondo attraverso i suoi figli, senza fondamentalismi, ma basandosi sui valori condivisi, sui principi “non negoziabili” perché non solo illuminati dalla fede, ma anzitutto “bagaglio della buona ragione”. E Bagnasco a tal proposito cita Tomas Eliot e Karl Lovith che riconoscono al cristianesimo la capacità di rendere l’uomo pienamente umano. Insomma il Cardinale chiama all’appello i giovani che vogliono fare politica, e anche se una Summer School di parte davvero non basta per formare una nuova generazione di La Pira e De Gasperi, almeno qualcuno potrà rileggere la definizione che Bagnasco fa del politico: “colui che per amore si dedica alla giustizia”. Davvero un’utopia?