Dalla clausura, un invito: “Imitare Santa Rosa”.

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C’è chi a Viterbo la festa di Santa Rosa la vive per le strade, nel corteo che passa dal centro storico e che proprio quest’anno farà un nuovo percorso. E chi Santa Rosa la prega in silenzio, dietro le grate di un monastero di clausura. Lo stesso monastero in cui Santa Rosa chiese inutilmente di entrare. Venne rifiutata, perché era di famiglia troppo povera. Ma lei ci è voluta tornare, con il suo corpo incorrotto nonostante non ci sia mai stato nessun intervento umano, dopo la morte.

Le suore del monastero di clausura delle Clarisse di Santa Rosa vegliano sull’urna del corpo di Santa Rosa. Quando scoppiò un incendio, nel 1357, tutto si bruciò, persino i vestiti della Santa, ma il corpo rimase intatto. Da allora non ci sono più candele, ma vecchie lampade alimentate con olio di oliva. “A volte – racconta Madre Annunziata, la badessa del monastero – prendiamo con dell’ovatta un po’ di olio delle lampade, e lo imponiamo su chi viene a chiedere grazie a Santa Rosa. E sono state moltissime le volte che, con le preghiere e con quest’olio, sono avvenute delle grazie. Non solo grazie corporali, ma soprattutto grazie spirituali”.

 

 

Madre Annunziata è in clausura dal 1968 presso le Clarisse di Viterbo. “Conoscevo Santa Rosa – racconta – perché è patrona dell’Azione Cattolica, e sia io che la mia famiglia ne eravamo parte. Ma non ero sicura di volermi dedicare a questa vita. Alla fine, ho compreso la mia strada, e sono arrivata a Viterbo nel 1968”. È nel convento delle Clarisse che è custodito il corpo di Santa Rosa, “assolutamente incorrotto e senza alcun intervento umano”, ci tiene a sottolineare madre Annunziata.

Le suore hanno un ruolo molto importante nella preparazione della festa. “Noi siamo in clausura, e dunque non usciamo dal nostro convento – racconta – Ma c’è la novena di Santa Rosa, che comincia anche prima del 25 di agosto, e attraverso quei giorni di preghiera e anche il nostro lavoro facciamo in modo che la festa si presenti sempre meglio: vogliamo rendere onore a Santa Rosa nel modo migliore possibile. Abbiamo ogni giorno una messa alle 7 in convento, e poi una alle nove prsso la Casa di Santa Rosa, che non è distante dalla nostra abbazia. Sono tutte e due messe molto partecipate. È una preparazione che ci carica, che ci prepara a rispondere alle tante domande che ci vengono fatte su Santa Rosa, a spiegare perché bisogna imitarla”.

Santa Rosa nacque a Viterbo, nel 1233, da una famiglia di umili origini Lì ha vissuto la sua fede cristiana, nonostante non fossero tempi facili per la città di Viterbo, scossa tra lotte intestine tra Guelfi e Ghibellini, Gatti e Tignosi, eretici Catari e seguaci di San Francesco. Rosa vive in una casa modesta, vicino al monastero delle Clarisse. Non la ammettono in monastero. Allora decide di operare tra le vie di Viterbo come terziaria. Alcune cronache la descrivono persino sulle mura della città nel 1243, a difendere la città dall’assalto di Federico II.

Il quale decide poi di bandirla, insieme a tutta la sua famiglia. Rosa va prima a Soriano nel Cimino, poi a Vitorchiano, e rientra a Viterbo solo dopo la morte di Federico II, nel 1250. Nel 1251 muore, e viene sepolta nella nuda terra del cimitero della sua parrocchia di Santa Maria in Poggio. Ed è qui che comincia un peregrinare continuo a costante alla tomba della giovane, che ricambia con miracoli di ogni genere: guarigioni da cecità, da cadute, da malattie gravi.

Racconta ancora Madre Annunziata – “in un tempo in cui la donna non valeva niente, questa donna piccola, gracile, giovane, ha avvicinato tantissime anime a Dio, e come questo sia potuto accadere è una cosa meravigliosa. Le persone al tempo non avevano speranza, c’erano molti conflitti, guerre interne, e vedere questa giovane malaticcia che si è data anima e corpo per la pace tra i concittadini e per avere serenità è una cosa che ci tocca nel profondo. Anche la festa della macchina, l’innalzamento della santa, che ora è diventato quasi folkloristico, rappresenta in realtà la meraviglia di Dio che innalza gli umili”. Riflette infine madre Annunziata: “In fondo, oggi non è così tanto diverso. La gente non ha speranza, in molti nemmeno credono in Dio, c’è bisogno di pace, di dialogo. È questo che oggi ci insegna la santa. Che ognuno di noi, con la propria umiltà, con la propria fede, può fare qualcosa di grande”.

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