Papa Francesco: in liturgia bisogna andare avanti e non indietro

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“Straordinaria è l’odierna nuova maniera di pregare, di celebrare la Santa Messa. Si inaugura, oggi, la nuova forma della Liturgia in tutte le parrocchie e chiese del mondo, per tutte le Messe seguite dal popolo. È un grande avvenimento, che si dovrà ricordare come principio di rigogliosa vita spirituale, come un impegno nuovo nel corrispondere al grande dialogo tra Dio e l’uomo”. È il 7 marzo del 1965, domenica, esattamente 50 anni fa. Paolo VI celebra per la prima volta la Messa in italiano nella parrocchia romana di Ognissanti a via Appia Nuova, secondo le rinnovate norme liturgiche stabilite dal Concilio Vaticano II, che permettono di “pregare comprendendo le singole frasi e parole” spiegava Papa Montini nella sua omelia. 50 anni dopo Papa Francesco arriva per commemorare quell’evento nella parrocchia di Ognissanti, affidata fin dalla sua fondazione agli Orionini. La visita coincide anche con il 75mo anno della morte di san Luigi Orione (12 marzo 1940), che è una delle ragioni per cui, come 50 anni fa, è stato invitato il Papa a celebrare a Ognissanti, la più antica parrocchia del popoloso quartiere Appio. 

Il Vangelo che viene proclamato presenta Gesù che caccia i mercanti dal tempio di Gerusalemme, dicendo loro: “Non fate della casa del Padre mio un mercato!”. “Questa espressione – osserva il Papa – non si riferisce soltanto ai traffici che si praticavano nei cortili del tempio. Riguarda piuttosto un tipo di religiosità”. Quello di Gesù “è un gesto di ‘pulizia’, di purificazione” perché, come si desume dai testi profetici, “Dio non gradisce un culto esteriore fatto di sacrifici materiali e basato sull’interesse personale. È il richiamo al culto autentico, alla corrispondenza tra liturgia e vita; un richiamo che vale per ogni epoca e anche oggi per noi”. 

Francesco cita la Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, che definisce la liturgia come “la prima e indispensabile fonte alla quale i fedeli possono attingere il vero spirito cristiano”. “Ciò – spiega – significa riaffermare il legame essenziale che unisce la vita del discepolo di Gesù e il culto liturgico. Esso non è anzitutto una dottrina da comprendere, o un rito da compiere – è naturalmente anche questo –, ma è essenzialmente diverso: è una sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede”. Quindi “la Chiesa ci chiama ad avere e promuovere una vita liturgica autentica, affinché vi possa essere sintonia tra ciò che la liturgia celebra e ciò che noi viviamo nella nostra esistenza. Si tratta di esprimere nella vita quanto abbiamo ricevuto mediante la fede e quanto qui abbiamo celebrato”.

“Il discepolo di Gesù – ricorda il Pontefice – non va in chiesa solo per osservare un precetto, per sentirsi a posto con un Dio che poi non deve ‘disturbare’ troppo”, che è un “atteggiamento di tanti cattolici”, ma “per incontrare il Signore e trovare nella sua grazia, operante nei Sacramenti, la forza di pensare e agire secondo il Vangelo”. Pertanto “non possiamo illuderci di entrare nella casa del Signore e ‘ricoprire’, con preghiere e pratiche di devozione, comportamenti contrari alle esigenze della giustizia, dell’onestà e della carità verso il prossimo – ammonisce Francesco –. Non possiamo sostituire con ‘omaggi religiosi’ quello che è dovuto al prossimo, rimandando una vera conversione. Il culto, le celebrazioni liturgiche, sono l’ambito privilegiato per ascoltare la voce del Signore, che guida sulla strada della rettitudine e della perfezione cristiana”.

Papa Francesco invita a compiere “un itinerario di conversione e di penitenza, per togliere dalla nostra vita le scorie del peccato, come ha fatto Gesù, pulendo il tempio da meschini interessi”. E “la Quaresima è il tempo favorevole a tutto questo, è il tempo del rinnovamento interiore, della remissione dei peccati, il tempo in cui siamo chiamati a riscoprire il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, che ci fa passare dalle tenebre del peccato alla luce della grazia e dell’amicizia con Gesù”. Proprio questo sacramento “ci fa crescere nell’unione con Dio, ci fa riacquistare la gioia perduta e sperimentare la consolazione di sentirci personalmente accolti dall’abbraccio misericordioso del Padre”.

Francesco ricorda infine che proprio nel tempio in cui si svolge questa celebrazione, “costruito grazie allo zelo apostolico di san Luigi Orione”, cinquant’anni fa “il beato Paolo VI inaugurò, in un certo senso, la riforma liturgica con la celebrazione della Messa nella lingua parlata dalla gente”. L’augurio del Pontefice è “che questa circostanza ravvivi in tutti voi l’amore per la casa di Dio”, nella quale “voi trovate un grande aiuto spirituale. Qui potete sperimentare, ogni volta che lo volete, la potenza rigeneratrice della preghiera personale e comunitaria. L’ascolto della Parola di Dio, proclamata nell’assemblea liturgica, vi sostiene nel cammino della vostra vita cristiana. Vi incontrate tra queste mura non come estranei, ma come fratelli, capaci di darsi volentieri la mano, perché accomunati dall’amore per Cristo, fondamento della speranza e dell’impegno di ogni credente”. Il “proposito” è quello di “impegnarci per la purificazione e la pulizia interiore della Chiesa edificio spirituale, di cui ognuno di noi è parte viva in forza del Battesimo”.

Ad attendere Papa Francesco in parrocchia oltre 4mila fedeli, tra i quali i disabili accolti nelle case dell’Opera don Orione e le venti donne senza dimora ospitate dal centro di accoglienza San Luigi Orione. 

Hanno concelebrato con il Papa i cardinali Agostino Vallini, vicario per la diocesi di Roma e Walter Kasper, titolare della chiesa di Ognissanti, i vescovi Giuseppe Marciante, ausiliare di Roma per il settore est, Luca Brandolini, e i vescovi orionini Giovanni D’Ercole e Andrea Gemma, il superiore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza di San Luigi Orione don Flavio Peloso, il parroco don Francesco Mazzitelli e altri 80 sacerdoti.

Al termine della Messa, il Papa ha salutato i n sacrestia i sacerdoti della parrocchia, i Consigli Generalizi degli Orionini e delle Figlie della Divina Providenza, la comunità religiosa della Curia generalizia e rappresentanti della Famiglia Orionina provenienti da diverse parti d’Italia. Francesco ha quindi salutato la folla festante di fedeli riuniti nel cortile, li ha ringraziati per l’accoglienza, notando che “la preghiera dà forza” e ribadendo il “coraggio” avuto dalla Chiesa nell’andare incontro alla gente con la riforma liturgica per farsi capire, insieme all’esortazione ad “andare sempre avanti, perché chi va indietro sbaglia”. 

Piace ricordare infine le parole pronunciate da Paolo VI 50 anni fa, dopo la Messa nella parrocchia di Ognissanti, introducendo la preghiera mariana dell’Angelus: “Questa domenica segna una data memorabile nella storia spirituale della Chiesa, perché la lingua parlata entra ufficialmente nel culto liturgico, come avete già visto questa mattina.

La Chiesa ha ritenuto doveroso questo provvedimento – il Concilio lo ha suggerito e deliberato – e questo per rendere intelligibile e far capire la sua preghiera. Il bene del popolo esige questa premura, sì da rendere possibile la partecipazione attiva dei fedeli al culto pubblico della Chiesa. È un sacrificio che la Chiesa ha compiuto della propria lingua, il latino; lingua sacra, grave, bella, estremamente espressiva ed elegante. Ha sacrificato tradizioni di secoli e soprattutto sacrifica l’unità di linguaggio nei vari popoli, in omaggio a questa maggiore universalità, per arrivare a tutti.

E questo per voi, fedeli, perché sappiate meglio unirvi alla preghiera della Chiesa, perché sappiate passare da uno stato di semplici spettatori a quello di fedeli partecipanti ed attivi e se saprete davvero corrispondere a questa premura della Chiesa, avrete la grande gioia, il merito e la fortuna di un vero rinnovamento spirituale.

E noi pregheremo ancora la Madonna, la pregheremo ancora in latino per ora, perché ci dia questo desiderio della vita spirituale attiva e autentica e ci dia questo risvegliato senso della comunità, della fraternità, della collettività che prega insieme, del popolo di Dio, perché allora avremo certamente assicurati a noi i vantaggi di questa grande riforma liturgica”.

 

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