Una GMG a 50 anni
A 50 anni ha vissuto la sua prima Gmg da pellegrino, da medico e da padre: il dottore torinese Daniele Maggio ha accompagnato a Madrid i giovani della sua Unità Pastorale. Don Mauro Grosso, viceparroco di Santena, gli ha chiesto di rendersi disponibile per seguire il gruppo formato da sette parrocchie con oltre 130 ragazzi. Così, l’avventura è iniziata l’11 agosto con un giorno di viaggio in pullman per raggiungere Tarragona per il gemellaggio diocesano dove si sono uniti agli oltre 1.000 giovani della diocesi di Torino. “Avevo il mio zaino personale e poi uno con dentro garze, disinfettanti, colliri, antiacidi e antinfiammatori che non ho mai abbandonato e in diversi momenti ho usato per assistere anche ragazzi stranieri e volontari – racconta il chirurgo vascolare anche impegnato in attività parrocchiali – Si sono verificati numerosi colpi di calore, svenimenti e disordini gastrointestinali: i grandi problemi sono stati il caldo, che ha raggiunto anche i 45 gradi, e la mancanza di acqua, non solo per un’ora circa a Cuatro Vientos, ma anche per le strade di Madrid perché ci sono pochissime fontane”.
La diocesi di Torino, per la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, ha pensato quest’anno di attivare anche un camper attrezzato con medico ed infermiere a bordo che potesse prestare assistenza sul posto, ma il dottor Maggio è restato in gruppo con i ragazzi: “Ho tenuto i contatti con il camper finché siamo stati a Tarragona, poi a Madrid ci siamo separati e io ho continuato a stare in mezzo ai giovani della mia Unità Pastorale”. Nei primi giorni di gemellaggio la diocesi di Torino – quindi anche l’Up57 – ha alloggiato in un grande collegio universitario appena fuori Tarragona: “Dormivamo nelle stanze e qualcuno nel porticato, ma avevamo bagni e docce a sufficienza. Abbiamo avuto una buona accoglienza in quello che è considerato il più grande collegio della diocesi spagnola – chiosa il medico – Abbiamo trascorso qualche ora sulla spiaggia, visitato la città e assistito a degli spettacoli insieme ad altri gruppi del sud Italia in un’arena incastonata nella roccia”.
Lunedì 15 il megagruppo torinese è partito alla volta di Madrid e l’Up57 è stata sistemata in una palestra nel sobborgo Las Rosaz a circa venti chilometri dalla capitale: “Ci spostavamo con i mezzi pubblici che in Spagna sono ben organizzati e, anche se eravamo stretti come sardine, avevamo almeno l’aria condizionata – riprende Maggio – Forse non si aspettavano così tanti giovani, le strade erano tanto intasate e in alcuni punti non avevano previsto neppure vie di soccorso. Mi sono trovato ad aiutare diversi ragazzi di altri gruppi perché non potevano spostarsi; addirittura, una volta, nonostante ci fossero i volontari del soccorso, ho dovuto misurare io la pressione perché loro non avevano l’apparecchio”. Gli ultimi due giorni, nel campo dell’aeroporto militare di Cuatro Vientos per l’incontro con Benedetto XVI, quasi due milioni di giovani hanno vissuto la gioia del pregare insieme, ma anche provato la difficoltà dello stare sotto una tempesta e dormire sul bagnato per poi tornare la mattina di domenica 21 agosto ad avere il sole cocente sulla testa.
“E’ stato un macello dal punto di vista organizzativo e spiace che alcuni gruppi non siano neppure riusciti ad entrare per la veglia con il papa – risponde senza esitazione il medico –Nel nostro settore ho soccorso una suora peruviana e una portoghese con crisi asmatica, ma in tutto il campo sono svenute molte ragazze giovani perché stare tutto il giorno sotto il sole a 45 gradi e con poca acqua non è facile. Per fortuna il nostro gruppo non ha avuto grossi problemi”. E per il dottore, che ha condiviso l’evento anche al fianco del figlio ventenne, il bilancio finale è positivo: “Davvero una bella esperienza comunitaria e di incontro con altre nazionalità che ha rafforzato lo spirito – conclude Maggio – Mi è piaciuto che il papa si sia accorto della fatica che hanno affrontato i giovani e abbia richiamato tutti ad essere saldi nella fede come più volte abbiamo cantato con l’inno”.