Al Meeting di Rimini entra in scena la politica

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Il Meeting dell’Amicizia tra i popoli lascia la scena alla riflessione teologica e filosofica con la relazione di Hadiadj, che parla di modernità e lancia il testimone ideale alla politica. Lo si nota dall’affluenza di giornalisti in sala stampa. Ma il Meeting aumento sempre di più di presenze giornaliere, tanto che lo staff organizzativo stima che al termine della kemresse siano 800.000 le persone passate per i padiglioni della Fiea riminese.

Anche giovedì 25 agosto l’auditorium della fiera ha raccolto 10.000 persone, senza contare quelle assiepate nei punti ‘informatici’ per ascoltare il filosofo francese Fabrice Hadjadj, in un auditorium gremito, che ha rilanciato il tema del Meeting. Hadjadj ha individuato tre ragioni che oggi portano a rifiutare la parola ‘certezza’: perché è una parola superata in quanto siamo nel tempo dell’incertezza; perché le certezze ideologiche del XX secolo hanno generato il totalitarismo, distrutto la libertà e i popoli; perché è mortifera in quanto è vista come una “Medusa che gela l’acqua, ci affascina e ci pietrifica”. La vita, piuttosto, è più vicina all’acqua, inafferrabile, sfavillante e capricciosa, come la donna del duca di Mantova del Rigoletto: mobile qual piuma al vento.

Quindi per uscire dalle contraddizioni, bisogna capirsi su cosa intendiamo quando si parla di certezze: “La certezza è solidità ma non la solidità della pietrificazione bensì quella del nostro cammino”. E’ la certezza che mette in movimento, ma cosa garantisce che non costruisca la strada dei carri armati e dei cannoni del totalitarismo, come avvenne per il comunismo e il nazismo? La certezza non può basarsi su sentimenti interiori o su propri pensieri perché finirebbe per essere mutevole come loro. L’esempio dell’attrazione per una bella donna è illuminante. Davanti a lei un uomo promette amore solido e indistruttibile, “ma si tratta di una solidità che si trova al di sotto della cintura e che finirà per rammollirsi. L’amerà sempre, ma per una notte”.

Se vorrà davvero amarla per sempre, quell’uomo dovrà appoggiarsi su qualcuno che prima di lui ha davvero amato fino alla morte. La vera certezza ha bisogno di un’evidenza, qualcosa che non abbiamo deciso noi, che ci è data, che, dicono i francesi ‘spacca gli occhi’, cioè non ci gratifica ma ferisce e sconvolge i piani. Secondo Hadjadj il nostro tempo vive una specifica incertezza che è quella della morte dell’umanesimo. L’umanesimo, rompendo con la tradizione, ha rincorso la moda che, per sua natura, è il culto di ciò che prima o poi sarà antiquato, retrò. Un iPhone dell’ultima generazione è un futuro fossile, un corona del rosario sarà sempre di attualità.

Davanti a tutto questo è inutile proporre un nuovo umanesimo o un nostalgico ritorno alle tradizioni: “In questo clima il demonio propone alla nostra stupidità tre opzioni contrarie fra loro: il tecnicismo, l’ecologismo, il fondamentalismo”. Quindi il filosofo francese ha posto la domanda ai giovani: in questa ora tragica, cosa ha da dirci il Verbo incarnato con la sua croce? “Che non arriveremo mai alla felicità ma pure che valiamo più della felicità. Ma Dio non ci rimette mai sulla dritta via si serve dei nostri vagabondaggi per inventare la strada unica di ciascuno. Nel mezzo dell’incertezza del postmoderno l’unica immensa certezza è quella che aveva capito don Giussani e cioè che c’è qualcosa e non niente. Bisogna partire da questa certezza della vita presente. La vita, il presente dicono che ho ricevuto la vita da un altro e l’ho ricevuta per darla ad un altro… La certezza è apocalittica, non nel senso oggi comune di catastrofica, ma nel suo significato di ‘rivelazione’. Dopo il crollo delle ideologie e oltre le incertezze della post modernità, ci resta un’immensa ed inevitabile certezza di apocalisse, un’esistenza feconda che manifesta la gloria attraverso la croce, che porta una rivelazione fin nel cuore della catastrofe”.

Quindi la politica è ritornata al Meeting riminese con una firma del protocollo d’intesa tra la Fondazione Meeting e la Provincia di Novara, basato su un documento approvato dalla Giunta provinciale nel febbraio scorso, per una collaborazione a favore della convivenza, dell’impegno sociale e per la diffusione del principio di sussidiarietà: “Questa firma sigla il lavoro compiuto in quest’ultimo anno a partire dalla istituzione della delega per la sussidiarietà, ha spiegato il presidente della Provincia, Sozzani. In questo periodo di crisi, occorre fondare una politica etica e sociale nuova e le mostre del Meeting sono funzionali a questo e pertanto vogliamo incentivare la loro esportazione sul territorio. Con l’aiuto della Compagnia delle Opere locale e degli assessori sensibilizzeremo gli enti locali e tutte le organizzazioni sociali del Novarese a coinvolgersi in questo progetto e a portare nei paesi e nelle città in cui operano queste opere”.  Il presidente della Fondazione Meeting, Guarnieri, ha sottolineato la propria contentezza: “Contenti perché è un altro riconoscimento dell’immenso patrimonio culturale rappresentato dalle mostre del Meeting. Orgogliosi per collaborare a questa politica di sussidiarietà messa in atto dalla Provincia di Novara: è un atto di intelligenza enorme pur nella sua semplicità”.

Questa firma può essere considerata un frutto importante del federalismo fiscale, di cui hanno parlato Gianni Alemanno, sindaco di Roma, Piero Fassino, sindaco di Torino, e Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa. Il sindaco Alemanno ha sottolineato “per verità e realtà occorre partire dalla critica all’ultima manovra, perché, mentre i comuni lavorano, il governo taglia enormemente gli enti che principalmente erogano servizi essenziali ai cittadini. Occorrono principi giusti per tutti ma soprattutto occorre che, per studiare la manovra, non ci si chiuda nei ministeri”. Anche il sindaco Fassino si è detto favorevole al federalismo: “Però l’attuale federalismo ha incoerenze e contraddizioni”. Per Fassino un primo provvedimento necessario è la riforma costituzionale del Titolo V che attribuisca con chiarezza le competenze alle diverse istituzioni. Occorre quindi una riorganizzazione geografica delle Istituzioni, razionalizzando province e comuni.

Inoltre Fassino ha polemizzato ha distanza con il presidente Elkann sulla dislocazione della produzione delle auto da parte di Fiat: “Le certezze sono state date alla Fiat. Da un lato, da una sentenza che ha sostanzialmente riconosciuta la validità degli accordi sottoscritti sia Mirafiori, Bogliasco e Pomigliano d’Arco, e poi c’è un’intesa sottoscritta con i sindacati da Confindustria e Governo che offre un quadro giuridico che rafforza ulteriormente le intese sottoscritte. Quindi, credo che gli elementi di certezza ci siano tutti, per cui non vedo alcuna ragione per non continuare la realizzazione degli investimenti previsti da Fabbrica Italia”.  Il ministro Roberto Calderoli, invece, ha sfoderato la sua consueta vis polemica, rispondendo a diversi quesiti emersi nel dibattito: l’impegno del governo sul federalismo è stato mantenuto, gli otto decreti delegati sono stati tutti emanati nei tempi stabiliti e ci sono i percorsi applicativi per i prossimi anni. Il ministro poi ha lodato le riflessioni di Fassino ed ha auspicato che la collaborazione con l’opposizione possa continuare.

Nella conclusione della giornata è sceso al Meeting anche il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, che ha parlato dei cristiani impegnati in politica: “Siamo convinti che il fatto cristiano sia determinante per la politica e la società, perché da sempre i cristiani (non solo i cattolici) hanno costruito pezzi di società, tanto che ancora oggi compito della comunità cristiana è educare alla politica. Berlusconi è ancora una risorsa ed ha capacità di governare ancora e lo farà fino al termine della legislatura… Non mi candido per il governo perché ho una certa considerazione di me stesso e sono certo che oggi quello di premier è uno dei lavori più ingrati, ma ho l’ambizione di modernizzare il Pdl”.

In questo incontro sull’impegno dei cattolici in politica occorre sottolineare le testimonianze di Paul Jacob Bhatti, consigliere del primo ministro del Pakistan, che ha affermato che “dopo l’assassinio di mio fratello Shahbaz il mio compito è portare avanti la sua missione”, compito difficile perché ne sente tutto il peso, rischiando oggettivamente la vita; mentre Marcos Zerbini, membro del parlamento dello Stato di San Paolo in Brasile, ha raccontato: “La mia vocazione politica, nata originariamente per difendere coloro che non avevano una casa, nel solco della teologia della liberazione è cambiata grazie all’incontro con Cl, dal quale sono stato salvato, ed ora voglio dedicare, da cristiano, il mio impegno politico per testimoniare Cristo”.

Da ultimo è importante sottolineare l’intervento dell’amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Milano, card. Dionigi Tettamanzi, sulla mostra ‘San Carlo Borromeo. La casa costruita sulla roccia’, definendolo un riformatore inattuale: “Se per attuale si intende ‘secondo la mentalità del tempo presente’, ‘secondo l’opinione condivisa dai più’, è chiaro che san Carlo è inattuale, i tempi dei Borromeo non sono i nostri. Ma se per inattuale si intende restare ancora a quella roccia che è Gesù Cristo e che dà vera solidità all’intera costruzione della casa e se tutto ciò viene giudicato inattuale solo perché non si adegua a ciò che oggi è ritenuto ‘politicamente corretto’, dovremmo allora chiederci se l’inattualità di san Carlo non si trasformi in una singolare e urgente attualità di ripensamento, di rivalutazione dei nostri metri di giudizio, di riforma del nostro modo di vivere e di convivere… La figura di san Carlo è grandemente provocatoria. È stato un vescovo riformatore, un uomo di preghiera, un pastore zelante e generoso, un autentico ‘padre dei poveri’, che ha letteralmente disciolto la propria vita nella carità pastorale…

San Carlo aveva un senso acuto del dovere del proprio stato di vita come forma propria dell’identità del cristiano, e chiedeva questo anche ai suoi preti e ai fedeli laici, secondo la loro condizione. Quando era giovane cardinale, segretario del papa a Roma, prima della sua cosiddetta ‘conversione’, aveva vissuto un cristianesimo senza infamia e senza lode. È proprio il rischio che corriamo noi cristiani, gli stessi preti e vescovi: accontentarci di una vita cristiana scialba. L’esempio di san Carlo è attualissimo e singolarmente urgente: dobbiamo tutti convertirci, seguire la strada maestra: la santità”. Il programma di venerdì 26 agosto è tutto concentrato sul mar Mediterraneo, richiamando quella visione profetica di Giorgio La Pira.

Comunque, ricordo che tutto questo movimento di incontri, mostre, è dovuto all’abnegazione straordinaria dei volontari, la cui giornata inizia al mattino presto con una Santa Messa, in cui si motiva la loro presenza essenziale, per cui il Meeting dell’Amicizia tra i popoli, esiste dal 1980, e si conclude a notte inoltrata con la sistemazione dei padiglioni. Volontari, che cucinano o puliscono i bagni, e ti accolgono sempre con cordialità.

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