Liberazione e trasformazione

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L’esperienza umana del sentirsi liberati è forse l’interpretazione più coerente dell’intera parabola della vita umana. Se l’esistenza infatti è dono gratuito, la libertà è l’unico valore che la preserva e la garantisce. Ma se si parla di dono si preferisce più la metafora del sentirsi liberati che quella di una libertà da ottenere semplicemente per meriti o sforzi: altrimenti ci sarebbero persone libere a altre no.

«Siamo stati liberati come un uccello dal laccio dei cacciatori,

il laccio si è spezzato e noi siamo scampati».

( Sal 124,7)

Il pio israelita attraverso questa metafora venatoria prega e ringrazia il Signore per l’esperienza della liberazione. Se la vita è dono ricevuto il sentirsi liberati è l’esperienza che rinnova sempre la vita e le dona numerose motivazioni.

«È indifferente, allora, se il sole che tramonta si veda da un carcere o da un palazzo».

(A.Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, I, 38)

Secondo Schopenhauer non la nostra volontà ci concede senso e pace, ma la contemplazione distaccata dalla volontà.

Il sentirsi liberati equivale alla dignità restituita: al ricongiungimento di ciò che gli altri vogliono  che siamo a ciò che dovremmo essere per diventare uomini. Sentirsi liberati vuol dire sentirsi finalmente uomini. Finalmente sciolti o slegati da ogni forma di catena visibile o invisibile.

In quale altra esperienza se non in questa si incontra il vero Dio?

La vita diventa così una danza libera ma fedele a leggi incancellabili.

«Perché io penso che tu forse ne abbia abbastanza
Della gente che, sempre, parla di servirti
con l’aria da capitano,
Di conoscerti con aria da professore,
Di raggiungerti con regole sportive,
Di amarti come ci si ama in un matrimonio invecchiato.

Per essere un buon danzatore, con te come con tutti,
Non occorre sapere dove la danza conduce.
Basta seguire,
Essere gioioso,
Essere leggero,
E soprattutto non essere rigido.

Non occorre chiederti spiegazioni
Sui passi che ti piace fare.
Bisogna essere come un prolungamento,
Vivo ed agile, di te.
E ricevere da te la trasmissione del ritmo che l’orchestra
scandisce.

Non bisogna volere avanzare a tutti i costi,
Ma accettare di girarsi, di andare di fianco.
Bisogna sapersi fermare e sapere scivolare invece di
camminare.
Ma non sarebbero che passi senza senso
Se la musica non ne facesse un’armonia.

Insegnaci a indossare ogni giorno
la nostra condizione umana
Come un vestito da ballo che ci farà amare da te,
tutti i suoi dettagli
Come indispensabili gioielli.

Facci vivere la nostra vita,
Non come un gioco di scacchi dove tutto è calcolato,
Non come una match dove tutto è difficile,
Non come un teorema rompicapo,
Ma come una festa senza fine
in cui l’incontro con te si rinnova,
Come un ballo,
Come una danza,
Fra le braccia della tua grazia,
Nella musica universale dell’amore.

Signore, vieni a invitarci».

(Madaleine Delbrel, Il ballo dell’obbedienza 1949)

Una liberazione dunque non fine a se stessa, ma che esige trasformazione. La trasformazione sociale di questa liberazione è l’amore. Sono stato liberato per liberare gli altri. Solo l’amore libera, apre, scavalca, supera, perdona, sopporta, eleva, anima, cura, consola.

Solo l’amore ridona dignità a chi l’ha perduta, a chi viene tolta persino la legge suprema: essere liberi.

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