Meeting di Rimini: e l’esistenza diventa una immensa certezza

Meeting di Rimini
Condividi su...

Come consuetudine a metà della settimana il Meeting di Rimini affronta il tema centrale, che quest’anno è stato affidato al prof. Costantino Esposito, professore di storia di filosofia all’Università di Bari: “La mancanza di certezza coincide con il nostro essere esposti. Non ridurre il disagio dell’incertezza, perché è la traccia di un nostro compimento, che non è realizzabile da noi. In gioco c’è un bisogno insopprimibile di certezza.

 

 

La certezza è una possibilità drammatica, perché implica un’alternativa. Questa partita filosofica si gioca sul naturalismo. I razionalisti ribaltano il senso cristiano della storia. L’incertezza ci inquieta. Il bisogno della certezza è che tutta la nostra debolezza non sarebbe dimostrabile se non dipendiamo da Qualcuno. La certezza è qualcosa che ci genera. Sant’Agostino parla di vita beata. Cartesio è partito dal dubbio universale e la certezza deriva dall’idea di Dio: da ciò segue necessariamente che non sono solo al mondo; e se non ci fosse qualcosa di Infinito non potrei sperare. La certezza si manifesta come Altro da noi. L’esser certo è la postura fondamentale del nostro io.

Noi attestiamo che siamo fatti per una risposta. Lessing dice che la certezza ci rende pigri: la verità deve essere lasciata a Dio, ma la ricerca della verità è compito dell’uomo. Si cerca per trovare! Quando diveniamo certi di qualcosa? La certezza ha bisogno del tutto il nostro io. La certezza è la percezione di una verità: conoscendo qualcosa di vero, ne percepisco il sapore e quindi ne sono cambiato. Non può esistere una certezza a cui non importi il mio io. La certezza è qualcosa che è scoperta quotidianamente, perché accade tutti i giorni. In Cristo il logos è diventato amico dell’uomo; Dio è diventato uomo ed ha permesso all’uomo di porsi domande e la possibilità della libertà. In Cristo la certezza dell’uomo non è più tenuta sotto scacco dalla morte. Quel fatto continua a presentarsi come avvenimento più pertinente della storia. Quindi il nostro io è vocazione e si gioca sempre in incontri storici. E’ un fenomeno che permette una novità inaspettata anche per la filosofia. Cristo esalta l’esistenza: solo l’uomo certo può essere inquieto. Il cristianesimo può permette alla certezza di accadere sempre. La certezza è riservata a chi non cessa di domandare e di amare”.

Il tema della certezza è stato affrontato dalla docente di letteratura e teologia (anglicana) Alison Milbank, dell’Università di Nottingham, e dal prof. Edoardo Rialti, traduttore di Chesterton, presentando l’opera di Chesterton. La prof.ssa Milbank ha analizzato il rapporto di Chesterton con l’opera di san Tommaso d’Aquino:  “Non troverete negli studi di Chesterton su san Tommaso la disamina sistematica e dettagliata della Summa Theologiae, ma un’appassionata e convincente presentazione del modo con cui il cuore dell’opera di Tommaso ci consente di costruire genuine certezze delle nostre esperienze del mondo e di Dio”. Così l’ortodossia (Orthodoxy è il polemico titolo dell’autobiografia intellettuale pubblicata nel 1908) diventa “una pericolosa ed eccitante avventura”.

In tale avventura è privilegiata la figura del bambino, decisiva nel formarsi iniziale dell’esperienza e decisiva anche come atteggiamento certo e positivo nel rapporto con la realtà. Rialti ha preso in esame un altro aspetto caratteristico dello scrittore e della sua opera: la lotta e il duello. Sulla scorta di appassionate citazioni ha affermato che “Chesterton combatte contro un nemico oscuro, che tenta di inghiottire tutto e di spuntare l’arma dell’avversario”. Ed infatti “per lui amare e lottare sono azioni indissolubili, tanto che, sorpreso dall’entusiasmo per il reale, ha saputo puntare una spada alla gola del mondo del Novecento: tutto è magnifico, paragonato al nulla”.

Kafka, Hemingway, Borges: tutti loro, con molti altri, “hanno ammirato la presenza di spirito di Chesterton nel contrastare e polemizzare in un mondo dove molti cominciavano ad inchinarsi ad Hitler”. Ma la certezza riguarda anche il bambino. Lo scrittore Antonio Faeti ha affermato: “Che cosa facciamo se non porgiamo libri ai bambini? Li lasciamo in una ‘alterità’ sgomenta, povera, miserevole sul piano immaginativo. L’isola ‘non trovata’ di cui parla Gozzano rimane per sempre e tristemente non trovata. La bellezza della letteratura dell’infanzia è che non vuole mai dire qualcosa di assertivo. Lascia sempre una sorta di appetito dubbioso, una domanda imperitura”.

Comunque anche oggi il tema dell’Unità d’Italia è stato al centro degli incontri con Giuliano Amato, la prof.ssa Maria Bocci e la prof.ssa Marta Cartabia. La professoressa Maria Bocci, ordinario di Storia contemporanea alla Cattolica di Milano, ha iniziato il suo intervento sottolineando il metodo di lavoro che per un anno ha coinvolto, per le prime due sezioni della rassegna, una trentina di universitari milanesi, pieni di curiosità intellettuale e che ha dato origine a una vera ‘comunità universitaria’. La relatrice ha ricordato anche l’esplicitazione del principio di sussidiarietà, con l’enciclica Quadragesimo anno (1931) e la presenza educativa e sociale dell’Azione cattolica negli anni del totalitarismo fascista.

Marta Cartabia, ordinario di Diritto costituzionale alla Bicocca di Milano, ha concentrato il suo intervento sulla Costituente e la Costituzione, oggetto della terza sezione della mostra. La relatrice ha citato un intervento di La Pira: la Costituzione italiana “è la costituzione di tutti perché è una costituzione per l’uomo” ed ha sottolineato il valore dell’articolo 2, che contiene “due elementi che contraddistinguono la tradizione costituzionale italiana: l’anteriorità e la precedenza ontologica della persona rispetto allo Stato e il valore del pluralismo sociale”. Il presidente del comitato dei garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, Giuliano Amato, rivolto al numeroso pubblico ha affermato: “In questa ora vi siete arricchiti davvero. Gli italiani erano un ‘noi’ prima che qualcuno si mettesse al lavoro per dare loro uno Stato”. Il relatore, pur ricordando problemi e contraddizioni, ha rivendicato il carattere popolare e non elitario del movimento risorgimentale: “Ad esso ha partecipato la popolazione urbana, anche sacerdoti e vescovi”.

Ha ricordato inoltre che se non c’è una prospettiva comune sul futuro, come si può verificare anche nella storia delle famiglie che si disgregano, “scegliamo nel passato ciò che ci divide e non ciò che ci unisce”. “Credenti e non credenti hanno un solo nemico: l’intolleranza”. Nella situazione attuale, ha proseguito Amato, “è fondamentale rimettere in uso le risorse morali che abbiamo per guardare come un ‘noi’ al futuro. E le risorse religiose sono fondamentali, in questo contesto, per costruire un futuro comune”.

Su tale filone è stato presentato anche un libro su Antonio Rosmini: ‘La rivincita di Rosmini’ (edizioni Biblioteca Rosminiana) di Claudio Grotti, professore di filosofia, introdotto da Umberto Muratore, direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa, il quale ha sinteticamente descritto la figura del beato Rosmini: “Può essere immaginata una linea nella storia, che collega sant’Agostino, san Tommaso e il beato Rosmini i quali difesero il corretto uso della ragione nelle diverse epoche (tardo-antica, medioevale e moderna)”. Nel presentare la motivazione del suo libro, Grotti constata che la filosofia contemporanea, relativista e nichilista, “vaga staccata dalla realtà, senza il vincolo dell’oggettività. Quasi un gioco, un attivismo estetico”.

Nel riconoscere che tale pensiero è il compimento di processi di distacco dalla metafisica iniziati nel passato (l’autore cita la rivoluzione linguistica di Heidegger), Grotti rivela di aver trovato nel pensiero rosminiano una medicina, una risposta al razionalismo e al problema dell’uso della ragione nella filosofia contemporanea: “Il risultato del razionalismo è l’incapacità di descrivere l’uomo nella totalità dei suoi fattori un passo avanti può essere fatto partendo dal concetto di ragione di Rosmini”.

Comunque ricordiamo che lo scopo del Meeting è creare amicizia tra i popoli; e quale occasione migliore è stata la traduzione in lingua araba de ‘Il senso religioso’ di Luigi Giussani. E la presentazione della novità editoriale non poteva partire che dal racconto dell’incontro tra Wael Farouq, promotore del Meeting del Cairo, don Ambrogio Pisoni, assistente spirituale dell’Università Cattolica e responsabile delle comunità di Comunione e Liberazione in Medio ed Estremo Oriente, e Abdel-Fattah Hassan, professore di Letteratura italiana alla Ain Shams University de Il Cairo e già parlamentare dei Fratelli Musulmani, il traduttore de ‘Il senso religioso’.

“L’idea fondamentale di un’educazione rivolta ai giovani, ha detto il professor Hassan, è il fatto che attraverso di essi si costruisce una società. Perciò il grande problema della società è innanzitutto educare i giovani. Un’educazione vera è un’educazione dell’umano, dell’originale che è in noi, cioè il cuore. Don Giussani afferma che una vera educazione deve essere quella alla critica, cioè a rendersi conto della ragione delle cose”. Protagonisti di mercoledì 23 agosto al meeting sono il presidente della Fiat, John Elkann, e gli Apostoli con il custode di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa.

151.11.48.50