Il Meeting di Rimini tra il ricordo di Papa Wojtyla ed il Maghreb

Meeting di Rimini
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La seconda giornata del Meeting di Rimini si è aperto con un ricordo del beato Giovanni Paolo II, che fece visita al kermesse riminese nei primi anni del suo pontificato e non ha mai mancato di dare una sua testimonianza di affetto a CL, perché, ha detto Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione, davanti ad una platea gremita, che si è stretta in un grande abbraccio: “Papa Wojtyla ci ha testimoniato con la sua vita che cosa può diventare un uomo se si lascia trascinare, afferrare dall’incontro cristiano”.

Testimone è stato Josef Dabrowski, presidente nazionale dell’associazione dei ferrovieri cattolici in Polonia, che ha ripercorso la storia di un’amicizia nata in terra polacca e continuata anche quando Karol è diventato papa e come questa amicizia ha cambiato la sua vita: “Nella mia vita il momento in cui ho imparato l’importanza della preghiera e l’approfondimento della parola di Dio è coinciso con l’introduzione della legge marziale in Polonia il 13 dicembre 1981. Sono stato arrestato come altri oppositori del regime e messo in carcere per cinque mesi. In quel periodo ho avuto il tempo di leggere il vangelo e pregare, e così ho scoperto l’efficacia della preghiera nella vita personale e sociale. In particolare quando sono uscito di prigione e mi hanno licenziato dal lavoro, ho pregato per non cadere vittima della spirale dell’odio, perché l’odio non vincesse nella mia vita”.

Monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, è partito dal paragrafo 13 della Redemptor Hominis nella quale si parla dell’uomo in tutta la sua verità: “Giovanni Paolo II è stato un grande uomo di cultura perché è sempre partito dall’uomo in carne ed ossa e si è rivolto all’uomo concreto… Da grande educatore quale era, ha voluto riaprire il dialogo fra il cuore di Cristo e il cuore dell’uomo, affinché l’uomo ritrovasse la sua umanità autentica e il senso del suo esistere”.

Comunque il fil rouge del tema di questo anno riguarda l’Unità d’Italia. Dopo la ‘lectio magistralis’ del Presidente della Repubblica, il meeting ha affrontato il tema delle opere sociali, che hanno consentito lo sviluppo economico e la coesione sociale. Il prof. Edoardo Bressan, docente di Storia contemporanea all’Università di Macerata, facendo un elenco di opere realizzate dai cattolici, ha sottolineato: “All’interno della società italiana c’è un tessuto, una trama di opere, nate per rispondere alle esigenze che emergono dai bisogni sociali, dalle vecchie e nuove povertà… Innanzitutto il tessuto delle opere pie, che vengono dal medioevo, come i grandi ospedali di Siena e di Milano, gli istituti di ricovero, i luoghi pii elemosinieri, gli orfanotrofi. Le inchieste dell’Ottocento ci dicono che erano più di 20.000”.

Appunto il cuore del Meeting è sempre stato la centralità del lavoro e della sussidiarietà, come metodo di salvezza della persona. Tanto più vera quest’anno, in cui ci troviamo di fronte a milioni di giovani disoccupati e a centinaia di migliaia di posti di lavoro vacanti, di fronte a due milioni di giovani che non studiano, non lavorano e – a volte – neppure cercano un lavoro. Nell’introduzione all’incontro ‘Sviluppo economico o stagnazione dinamica: quo vadis Italia?’, Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere, ha affermato: “La crescita del Paese è il tema centrale di una serie di incontri di questo Meeting; se ne parla ma nessuno mette le mani in pasta”. Fulvio Conti, amministratore delegato e direttore generale dell’Enel, ha ribadito che per crescere occorre far tesoro dell’esperienza, perché “l’Italia ha avuto decenni di crescita, invece negli ultimi dieci anni è cresciuta pochissimo, quasi niente rispetto all’Europa e al mondo per una certa crisi e la deindustrializzazione. Oggi il nostro Paese è lento, non ha una visione di medio-lungo termine, pensa solo all’oggi”. La soluzione è un patto di sviluppo tra la politica e la società e una semplificazione normativa in cui si definisca chi ha la responsabilità di prendere le decisioni senza il blocco di una miriade di istituzioni con il potere di veto, cambiando il Titolo V della Costituzione.

Corrado Passera, consigliere delegato di Banca Intesa Sanpaolo, ha aperto il suo intervento con l’invito a visitare la mostra sul profeta Ezechiele che parla di lavoro, di crisi e soprattutto di speranza. Come in una breve cronaca, ricorda che le banche italiane non erano precipitate nella crisi del 2008 e anche ora sono pronte ad affrontare questa nuova crisi perché si sono ricapitalizzate e sono in buona salute: “Si parla di recessione, ma non è detto che ci sia e che ci sarà. Nel dibattito attuale tra le troppe parole ci sono tante idee buone che occorre valorizzare senza guardare da dove arrivano. Possiamo crescere perché molte aziende italiane stanno crescendo nel mondo, ma è necessario ammodernare il Paese, cambiando abitudini ed eliminando rendite di posizione”. Il segretario nazionale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha ribadito: “Si è preferito chiacchierare piuttosto che risolvere ed è indispensabile che i nostri governanti attuino con coraggio una discontinuità. Solo con responsabilità da parte dei politici è possibile uscire dalla crisi. Se bisogna distogliere i soldi della previdenza, il paese è allo sfascio. Non abbiamo intenzione di discutere di pensioni finché non si dà una sterzata concreta e draconiana agli interessi della politica”.

Il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani ha detto: “Vorrei raccogliere l’appello del presidente della Repubblica al senso di responsabilità al governo, all’opposizione e alle parti sociali: ci vogliono meno steccati e più spirito critico. A saldi invariati il governo è pronto ad accettare miglioramenti, ma temo che possa essere peggiorata”.

Ma il nucleo centrale della giornata è stata la riflessione sulla ‘primavera del Maghreb’; Salvò Andò, rettore della Libera Università “Kore” di Enna, ha affermato: “La Primavera del Maghreb deve farci riflettere innanzitutto sul cambiamento radicale del modello di sviluppo economico che l’Occidente ha imposto ai paesi del Nord Africa; la fragilità delle architetture istituzionali di quei paesi, tuttavia, è solo la punta dell’iceberg di società radicalmente cambiate e che cercano una propria determinazione nei confronti del mondo… L’Europa, ed in particolar modo i paesi del Mediterraneo direttamente collegati per vicinanza e storia a quelli del Nord Africa, primo tra tutti l’Italia, devono riflettere su quale futuro dare ai rapporti di collaborazione con quelle realtà. È necessario offrire loro rapporti paritari, aiutarli in loco cercando di far sviluppare un nuovo modello economico e commerciale che abbia a cuore le caratteristiche territoriali e le identità specifiche”.

H. G. Bishop Armiah, General Bishop and Secretary of His Holiness Pope Shenouda III, ha parlato dell’identità egiziana e della democrazia, partendo dal contributo dei cristiani coopti, garantendo la stabilità in Egitto: “Noi ci opporremo a chi vuol fare male all’Egitto. Non lasceremo questa bella nazione. I coopti sono molto uniti. Preghiamo Dio affinchè protegga l’Egitto”. Il presidente dell’Università di Al Azhar de Il Cairo, Usamah Elabed, ha affermato l’essenzialità del dialogo interreligioso per affermare la laicità dello Stato: “L’Egitto è un anello necessario per integrare la filosofia greca e quella araba. L’Egitto ha dato Mosè; ha accolto la Santa Famiglia e l’Islam. Si è distinto come un paese pacifico. Accoglie la prima moschea in tutta l’Africa e nello stesso quartiere accoglie la sinagoga; chiude questo triangolo la chiesa cattolica. Nell’era recente ci sono stati molti tentativi per disintegrare questa tolleranza. In Egitto vive la Croce con la Mezzaluna… I mass media cercano di far apparire le cose come se stessero per scoppiare, però il popolo egiziano non presta attenzione a tali notizie. L’Islam ha stabilito il principio della fraternità umana nei principi e nei doveri, essendo figli di Adamo ed Eva. Mussulmani e non mussulmani vivono in una sola patria con gli stessi diritti e doveri. Anche la Chiesa araba rifiuta il radicalismo. Questo spiega l’aspetto della solidarietà nazionale: la nazione è di tutti, la religione è di Dio. Dio ci ha creato per amarci”.

Infine il Meeting di Rimini e il Centro internazionale di Comunione e Liberazione saranno protagonisti a Tokyo, il 27 e il 28 ottobre prossimi, di un significativo momento di dialogo interreligioso con due correnti della tradizione buddista: la scuola shingon del Monte Koya e la scuola zen. L’annuncio è stato dato da Vincenzo Petrone, ambasciatore d’Italia in Giappone, presente alla proiezione del documentario ‘Tsunami in Giappone. Voci dall’inferno’, prodotto da National Geographic Channel. La partecipazione del Meeting alle giornate di Tokyo rientra nei programmi della manifestazione “Italia in Giappone” (promossa dall’Ambasciata Italiana con la collaborazione di diverse aziende nipponiche) e, più in particolare, nell’ambito delle iniziative denominate: “Tradizione e globalizzazione: cristianesimo e buddismo di fronte alle sfide della modernità”.

Martedì 23 agosto l’Italia sarà ancora al centro del dibattito con l’intervento di Giuliano Amato e nel pomeriggio ci sarà la relazione del prof. Costantino Esposito, Professore Ordinario di Storia della Filosofia all’Università degli Studi di Bari, sul tema centrale del Meeting.

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