Sassovivo: nel cuore della vita consacrata

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Seicento metri, quasi, e sei chilometri da Foligno. Coincidenza dei numeri, ma arrivare qui, a Sassovivo, ai cancelli dell’abbazia benedettina che dal 1070 vigila da questo sperone di roccia e di boschi la vallata umbra ai suoi piedi, diventa un viaggio nella perfezione, in una dimensione senza tempo, eppure profondamente  scavata nei secoli.

La struttura abbaziale, voluta dai benedettini, ha resistito a intemperie, guerre, assalti, rovine… Il chiostro è intatto, cuore palpitante per la preghiera e la contemplazione. Ma nulla è rimasto cristallizzato, queste porte sono in realtà sempre spalancate agli uomini e al loro desiderio di vita e di speranza.

Dopo secoli e secoli di storia illustre, arriva il vento forte e distruttore della Rivoluzione francese e dalla seconda metà dell’Ottocento il monastero viene in parte chiuso, i suoi grandi possedimenti smembrati. Un lento declino, tra nuove guerre, razzie, desolazione. Nel dopoguerra diventa rifugio e nuova occasione di rinascita per un piccolo gruppo di monaci cecoslovacchi fuggiti dalla patria, che restano a Sassovivo, guidati da padre Cirillo Stavel, fino alla fine degli anni ’50. Tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta cominciano   profondi e complessi lavori di restauro e consolidamento.

L’abbazia deve tornare a nuova vita. A partire dal 1979, il vescovo di Foligno ha assegnato l’abbazia ai “Piccoli Fratelli” della Comunità Jesus Caritas del beato Charles de Foucauld e alle “Piccole Sorelle” della stessa comunità (queste ultime, però, si sono successivamente trasferite). A Sassovivo ha sede il Priorato generale della comunità. All’interno della chiesa erano conservate le spoglie di san Marone, un eremita siro-libanese vissuto nel IV secolo presso la città di Tiro, fondatore della Chiesa maronita. Il 25 novembre 2005, però, la reliquia è stata trafugata. Nonostante ciò, una bella cappella ricavata nel complesso abbaziale resta luogo di incontro e di preghiera, una scheggia di chiesa d’Oriente incuneata in questa <fortezza dello spirito>  nel cuore d’Italia.

Nuova vita, dunque, sempre segnata da travagli e difficoltà, ma sempre aperta al mondo, alle storie proveniente anche dall’altra parte del mondo. Una vita che non si è mai fermata, che continua a scorrere, la si percepisce anche nel silenzio più profondo, di cui è possibile fare esperienza proprio qui, tra la chiesa e le piccole cappelle, tra il chiostro e, uscendo, tra i boschi di lecci che si allargano tutt’intorno e invitano a camminare con il cuore più leggero, pronto a lasciarsi sospingere in questo angolo di Umbria fascinoso e ancora oggi, anzi, oggi più che mai, capace di rievocare il Mistero più grande.

Tutto questo ci è tornato in mente leggendo quanto afferma papa Francesco nella lettera apostolica per l’Anno della vita consacrata iniziato il 30 novembre e che si concluderà il 2 febbraio 2016. <Mi aspetto che svegliate il mondo…> E questo invito, inevitabilmente, evoca uno scenario che ci riporta indietro di almeno un millennio, quando il crollo dell’impero romano lasciava dietro di se’ un mondo in formazione, ma anche in decadenza, ormai privo di riferimenti e pronto ad ogni tipo di violenza, in cui le tenebre sembravano avanzare inesorabilmente.

Furono proprio monasteri, conventi, abbazie, che cominciavano allora a costellare l’Occidente vacillante, a costituire una sorta di argine possente all’ondata della barbarie che rischiava di travolgere ogni cosa. Furono quelle luci a guidare verso un nuovo e ricco capitolo della storia umana. Ancora una volta quel baluardo, quell’argine sottile ma forte deve essere teso in una tenebra che rischia di diffondersi ovunque. Il richiamo del Papa sembra tragico e insieme pieno di fiducia. Ripartire dai conventi, dai monasteri, dalle abbazie, da questi inalterati centri di spiritualità e carità dove oggi, come mille anni fa, si torna per ritrovare se stessi e il mondo nella sua bellezza non sfigurata.  Non è un caso che in molti tornino lungo i sentieri che portano a bussare a quelle porte antiche e sempre aperte. Come a Sassovivo.

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