La messa di Papa Francesco a Tacloban sotto il vento del tifone

Condividi su...

Una messa in aeroporto sotto il vento e la pioggia e una vittima di 21 anni. A Tacoblan il tifone non è il passato ma un presente costante. Una giovane volontaria e’ morta e l’aereo di una delegazione governativa e’ finito fuori pista all’aeroporto di Tacloban, nelle Filippine, a causa del forte vento per il tifone in arrivo che aveva costretto Papa Francesco ad anticipare di quattro ore il rientro a Manila. Mezz’ora dopo la partenza del Pontefice dall’isola di Leyte, un aereo privato su cui si trovavano collaboratori del presidente filippino, Benigno Aquino, ha sbandato in fase di decollo e ha finito la sua corsa sul prato, in seguito allo scoppio di uno pneumatico della ruota del carrello. Nell’area in cui il Papa aveva celebrato la messa, il forte vento ha fatto volare un’impalcatura d’acciaio che ha investito una volontaria di 21 anni, uccidendola sul colpo. Papa Francesco aveva celebrato la funzione sotto una fitta pioggia all’aeroporto di Tacloban davanti a 200.000 fedeli ed era ripartito in anticipo a causa dell’arrivo della tempesta tropicale Mekkhala, la prima del 2015.

Volti rigati dalle lacrime a Tacoblan, epicentro del tifone del 2013. Papa Francesco, che ha voluto fortemente essere presente, si è unito al dolore dei superstiti per rinnovarne la speranza. “Tanti di voi si sono chiesti guardando Cristo ‘perché Signore?’. A ciascuno il Signore risponde nel cuore, dal suo cuore. Non ho altre parole da dirvi” ha detto nell’omelia. “Guardiamo a Cristo, lui è il Signore, lui ci comprende perché ha sperimentato la croce. E sotto la croce c’era la madre, noi siamo come bimbi che nel momento di dolore di pena che non capiamo niente, solamente ci viene di tirare la mano fermamente e dirle ‘mamma’, come un bimbo quando ha paura”.

Un testo consegnato in inglese e tante parole in spagnolo che sgorgano dal cuore del Papa, che sopra la casula indossa l’impermeabile. “Il nostro dolore è un seme che un giorno sboccerà nella gioia che il Signore ha promesso a quanti hanno creduto alle sue parole” aveva scritto il Papa. “ Rendiamo grazie a Dio Altissimo anche per quanto è stato fatto per aiutare, ricostruire, assistere in questi mesi di bisogno senza precedenti. Penso in primo luogo a quanti hanno accolto e dato riparo al gran numero di famiglie sfollate, agli anziani, ai giovani. Com’è duro lasciare la propria casa e i propri mezzi di sussistenza! Ringraziamo quanti si sono presi cura dei senza tetto, degli orfani e delle persone sole. Sacerdoti, religiosi e religiose che hanno dato tutto ciò che potevano. A quanti di voi hanno ospitato e nutrito le persone in cerca di sicurezza in chiese, conventi, rettorie e che continuano ad assistere coloro che sono ancora in difficoltà, esprimo la mia gratitudine. Siete un onore per la Chiesa, siete l’orgoglio della vostra nazione.”

 “Quando a Roma ho visto la devastazione del tifone, ho capito che dovevo essere qui, quel giorno ho deciso questo viaggio” Ha detto in spagnolo  “Vi dico solo che sono con voi, e che non siete soli”. Francesco dice: “Piango con voi”. Il Papa sottolinea il suo rispetto per chi ha perso tutto, a partire dai membri della propria famiglia. “Quando dite che vi sentite abbandonati – dice – io rispetto i vostri sentimenti”. Poi Francesco indica la Croce: Gesù – afferma –  “è là, inchiodato e da lì non ci abbandona”. Egli – spiega – “ha sperimentato le calamità che noi abbiamo subito…in tutto simile a noi”.“Ecco perchè abbiamo un Signore che piange con noi e cammina con noi nei momenti più difficili della vita”. Con questa convinzione di fede, Papa Francesco si lascia andare a un’espressione umanissima: “Non so cos’altro dirvi”, vi chiedo perdono per questo. L’invito a rispettare un minuto di silenzio: in cui guardare alla Croce e dire a Maria quello che c’è nel cuore, lasciandosi “avvolgere dal suo mantello”.

Poi, finita la Messa, il Papa vuole un altro momento di preghiera in cui recita: “Grazie Dio perché condividi i nostri dolori, come uno di noi”. “Grazie perché ci doni la speranza” e “nei momenti più neri, ci indichi Maria”. “Grazie Dio perché non ci lasci orfani”.    

“Quanta commozione nei presenti! scrive Fr. Mauro Cecchinato guenelliano da Manila. Tra i superstiti presenti anche quelli della comunità di Samar. Il giorno successivo al disastro scattò una colletta tra le missioni guanelliane per offrire loro un aiuto, tramite le missioni dell’Opera, in rete con Caritas e religiose guanelliane. 32mila i dollari raccolti, destinati alla ricostruzione. “In particolare ai più poveri e ai disabili, che in quella condizioni vivevano una duplice tragedia” aggiunge. 21mila i dollari destinati alla comunità, 1.400 quelli per la costruzione di una casa a Leyte per le suore dell’adorazione e la somma restante alla ristrutturazione di cappelle e parrocchie. “Grazie alla generosità di tanti – aggiunge padre Charlton Viray, superiore locale – abbiamo potuto contribuire con 3.400 dollari al rifacimento del tetto della scuola di Leyte delle suore benedettine Tutzing, un grande complesso scolastico per bambini e ragazzi poveri che sono così potuti tornare alla loro attività”. Piccoli semi di speranza che – come sottolineato nell’omelia del Santo Padre – sono stati segno concreto della vicinanza di “tanti che nella catastrofe sono venuti a trovarci”, e in questo riconosciuti come “fratelli e sorelle”.

151.11.48.50