Riappropriarsi della democrazia. Oggi

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Sono passati due anni da quando Miguel Angel Ayuso Guixot, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, spiegava che era necessario formare ad una cultura della democrazia. Si discuteva della ‘primavera araba’, che in realtà si è trasformata in un rigido inverno. Due anni e qualche mese dopo, l’attacco nel cuore della Francia al magazine francese Charlie Hebdo riportano in luce proprio questo problema: quanto si è riusciti ad educare alla cultura della democrazia nei Paesi della primavera araba? Cui fa seguito una seconda domanda: non è che la stessa Europa deve rivitalizzare la sua democrazia? A questa seconda domanda, cerca di dare una risposta “Riappropriarsi della democrazia” (Libreria Editrice Vaticana), un breve, ma densissimo, saggio del vescovo Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

Mosso dalle riflessioni dell’esortazione papale “Evangelii Gaudium,” ma anche dal discorso che il Cardinal Bergoglio fece in occasione del centocinquantenario della nascita dello Stato d’Argentina (contenuto nel volume “Noi come cittadini, noi come popolo”), il vescovo Toso spiega che l’obiettivo di “riappropriarsi” della democrazia così come oggi si presenta, ossia in preda a populismi, oligarchismi e paternalismi, che in definitiva espropriano i cittadini della loro sovranità.

Si deve invece recuperare il progetto originario della democrazia. Un progetto che si può perseguire solo con riforme profonde dello Stato liberal-borghese. Un modello, tra l’altro, che non ha funzionato fino in fondo. E i fatti di Parigi, in fondo, ci fanno proprio interrogare sul modello di società che è stato portato avanti. Un modello di stampo materialista, che ha però espropriato le persone dalle loro identità.

Ecco perché – spiega il vescovo Toso – al centro dei processi politici deve stare il popolo, che viene considerato come un “noi-unione morale” di cittadini liberi, responsabili della gestione della res pubblica, attraverso rappresentanti e protagonismo civile.

Come deve essere la democrazia: personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, e includente dei nuovi poveri, dei lavoratori invisibili e dei senza diritti, così come dei nuovi movimenti che riuniscono gli emigrati, i senza casa, lavora e terra.

L’obiettivo è passare da una “democrazia a bassa intensità” a una “democrazia ad alta intensità”, centrata sulla dignità e sulla trascendenza della persona. Il vescovo Toso elenca anche una serie di vie per portare a termine questo passaggio: l’abbattimento delle cause strutturali della povertà, l’offerta a tutti dell’istruzione, del lavoro, della sicurezza sanitaria, della casa, un’economia e mercati inclusivi, la cura dei beni collettivi, la riforma dei partiti, dei sindacati e delle istituzioni pubbliche.

È così che si possono scuotere le persone dall’indifferenza, e creare uno Stato democratico nel vero senso della parola. È una riflessione che dopo i fatti di Parigi diventa ancora più urgente. Dietro la follia nichilista dell’omicidio, c’è un modello di democrazia che non ha saputo né includere, né dare una identità, né creare una dignità per tutti. Era per questo che il vescovo Ayuso chiedeva ai Paesi della primavera araba di cominciare del processo iniziato con le rivolte spontanee con una educazione alla cultura della democrazia. È per questo che il vescovo Toso chiede di riappropriarsi della democrazia. Una riflessione da fare, nel giorno della Marche Republicaine.

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