Comunità Papa Giovanni XXIII: anche un ergastolano da papa Francesco

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Nel suo pontificato papa Francesco ha incontrato o scritto alle persone in carcere e durante l’incontro con i cappellani delle carceri dello scorso anno, disse: “Per favore dite che prego per loro: li ho a cuore. Prego il Signore e la Madonna che possano superare positivamente questo periodo difficile della loro vita. Che non si scoraggino, non si chiudano. Anche Dio è un carcerato, non rimane fuori dalla cella. Lui è un carcerato, dei nostri egoismi, dei nostri sistemi, delle tante ingiustizie che è facile applicare per punire i più deboli, mentre i pesci grossi nuotano liberamente nelle acque”.

Partendo da queste parole la Comunità Papa Giovanni XXIII ha confermato la richiesta di poter accompagnare l’ergastolano Carmelo Musumeci in udienza pontificia riservata, sabato 20 dicembre, con papa Francesco: “Questo evento speciale a noi riservato per l’avvio della causa di beatificazione del nostro fondatore don Oreste Benzi, che già incontrò Musumeci nel 2007 al carcere di Spoleto, assume un’importanza ancora maggiore dopo il discorso del Papa del 23 ottobre scorso alla delegazione dell’Associazione internazionale di diritto penale. Poiché questa Comunità sostiene da anni a fianco di Musumeci una campagna contro la pena del carcere a vita, chiediamo di poter accompagnare Musumeci e la sua famiglia a questo incontro”.

In attesa dell’incontro Carmelo Musumeci ha scritto una lettera al papa: “Papa Francesco, sono entrato nel ventiquattresimo anno di ‘Pena di Morte Nascosta’, come la chiami tu. E quando mi è arrivata la notizia che i fratelli e le sorelle della Comunità Papa Giovanni XXIII mi hanno inserito nella lista delle persone che t’incontreranno nella Città del Vaticano non ho chiuso occhio. Ho passeggiato, avanti e indietro. Su e giù.

A passi lenti. Da una parte all’altra delle pareti della mia cella per tutta la notte. Ti confesso che di notte, per prendere sonno, passeggio spesso per la mia tomba. A testa bassa. E altrettanto spesso la morte cammina accanto a me. Ti confido che sono stanco di pensare. A volte troppo stanco per vivere. Pure stanco di aspettare un giorno che non verrà mai. Ti svelo che spesso ho tanta voglia di arrendermi alla vita perché penso che sia inutile continuare a vivere una vita inutile.

Perduto fra la tristezza e la malinconia. Papa Francesco, ti confesso che spesso nel mio cuore non c’è più nessuna speranza. E sono stanco di sperare e contare i giorni e le notti all’infinito. Sono pure stanco di aspettare la morte. E ti confido che certe notti provo il desiderio di andarle incontro per finire prima del tempo la mia pena… Papa Francesco, ti confesso che spesso non mi sento né all’aldilà né l’aldiquà. Mi sento solo nel mezzo. Né vivo né morto. Mi sento solo un’ombra. Un’ombra che si trascina avanti e indietro.

Un passo davanti all’altro. Indietro e avanti. E con lo sguardo fisso nel vuoto. Diretto verso il muro di fronte. Ti confido che ogni tanto mi fermo davanti alla finestra. La apro. E guardo avanti. Non vedo però nulla. Intravedo solo il muro di cinta. E mi viene voglia di fuggire dalla vita perché a volte morire mi sembra la scelta giusta. Una scelta intelligente. La scelta migliore. L’unica cosa che potrei ancora fare.

Non so cosa incontrerei nell’aldilà, ma di sicuro non vivrei una vita inutile come adesso, perché amo troppo la vita per continuare a vivere senza esistere. Ti svelo che non posso più vivere senza un filo di speranza. Non posso più continuare a vivere senza la speranza di esistere”. Dal suo blog Carmelo Musumeci, riprendendo le parole, pronunciate dal papa alla delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale del 23 ottobre scorso, ha scritto:

“Le prigioni, così come sono, sono fabbriche di odio ed è difficile migliorare le persone con la violenza e la sofferenza. Il carcere in questo modo ci trasforma in mostri perché qui non esiste l’amore, esistono solo i dislavori. Se siamo uomini non possiamo stare solo anni e anni chiusi in una cella, dovremmo stare insieme ad altri uomini migliori di noi…

Sono fortemente convinto che perdonare è più facile di essere perdonato. Il perdono ti fa amare il mondo, la vendetta te lo fa odiare. Il perdono è la migliore vendetta che una società può dare, perché fa incredibilmente tirare fuori il senso di colpa per il male fatto. Molti non sanno amare perché non sono amati, altri hanno l’amore nel cuore e non lo sanno.

Una persona che ha infranto la legge di Dio e degli uomini per essere recuperato non dovrebbe avere bisogno di sbarre, ma di essere amato come una persona libera, se non di più. E una persona perbene per smettere di essere disonesta deve imparare ad amare tutto e tutti, perché chi ama fa innanzi tutto bene a se stesso, perché solo l’amore ti fa diventare felice”.

Chissà se quel giorno all’ergastolano sarà possibile abbracciare il papa?

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