Riappropriarsi della democrazia

Condividi su...

Come si riconquista la democrazia? Sembra rispondere a questa domanda il breve e denso saggio del Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace intitolato «Riappropriarsi della democrazia». Un modo di rispondere ad un’urgenza storica ineludibile. E all’invito che Papa  Francesco ripete spesso come  il 28 ottobre scorso ai nuovi movimenti popolari e il 25 novembre al Parlamento europeo: rivitalizzare quella forma di governo e di vita politica che molti popoli hanno scelto come propria ma che attualmente appare svigorita e omologata su schemi culturali che ne uccidono l’anima.

Non si tratta, allora, di «riappropriarsi» della democrazia, così come oggi si presenta, ossia in preda a populismi, oligarchismi e paternalismi, che in definitiva espropriano i cittadini della loro «sovranità». Si tratta, invece, di recuperarne il progetto originario, maturato nel tempo, attraverso riforme profonde dello Stato assoluto e liberal-borghese, per approdare allo Stato di diritto, sociale e democratico, di comunione e di partecipazione. Al centro dei processi politici deve stare il popolo, considerato soprattutto come un «noi-unione morale» di cittadini liberi, responsabili della gestione della res pubblica, attraverso rappresentanti e protagonismo civile. Occorre, dunque, vivere la dimensione antropologica, relazionale ed etica della democrazia: quell’ideale storico concreto che la concepisce in senso personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, e che implica l’inclusione dei nuovi poveri, dei lavoratori invisibili, paradossalmente senza diritti, nonché dei nuovi movimenti che riuniscono gli emigrati, i senza casa, lavoro e terra. Le vie di realizzazione di una «democrazia ad alta intensità», imperniata sulla dignità e sulla trascendenza della persona, sono molteplici: l’abbattimento delle cause strutturali della povertà, l’offerta a tutti dell’istruzione, del lavoro, della sicurezza sanitaria, della casa, un’economia e mercati inclusivi, la cura dei beni collettivi, la riforma dei partiti, dei sindacati e delle istituzioni pubbliche, che alcuni studiosi, tra cui Colin Crouch e Ralf Dahrendorf,  non hanno esitato a definire post-democratiche. Solo così si possono abbattere quel neoindividualismo libertario e quella cultura dell’indifferenza e dello scarto che come tarli voraci svuotano il grande albero della democrazia sociale, partecipativa ed inclusiva.

M. TOSO, Riappropriarsi della Democrazia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014, pp. 63.

151.11.48.50