Aibi: c’era una volta l’abbandono

Nell’ambito della Settimana di studi e formazione dell’Associazione Amici dei bambini (Aibi), conclusasi domenica scorsa, si è svolto il convegno internazionale intitolato ‘2036: c’era una volta l’abbandono’, nel quale l’associazione, nel suo venticinquesimo di fondazione, ha discusso di responsabilità, partecipazione e impegno politico; elemento caratterizzante è stata la presenza di giovani di tutto il mondo che hanno vissuto direttamente il dramma dell’abbandono.
Nell’introdurre i lavori, il presidente nazionale, Marco Griffini, ha detto: “Quando di fronte all’ingiustizia dell’abbandono i nostri figli adottati, coloro che hanno vissuto l’affido e che ancora stanno portando le stigmate dell’abbandono sentiranno di aver perso, nuovamente, la loro libertà; allora, inizierà la reazione atomica della giustizia: chi è stato adottato, a sua volta adotta; chi è stato in affido, accoglie in affido; chi ha conosciuto il male dell’abbandono, lotta contro di esso; e l’abbandono ed il suo male avranno veramente i giorni contati”.
Nel venticinquesimo anno dalla sua fondazione, lo sguardo di Aibi è stato rivolto al 2036 ed alle sfide che dovrà affrontare nei prossimi anni, con la speranza e la volontà che l’emergenza ‘abbandono’ sarà solo un ricordo. Perché questo avvenga è necessario riconoscere, per Griffini, che “l’accoglienza di un minore abbandonato è un atto di giustizia; anzi il più grande atto che una persona possa mai compiere nella propria vita. Un atto capace di ridare libertà, di cambiare un destino. Intendere l’accoglienza di un minore abbandonato, come un atto di giustizia rappresenta un enorme guadagno culturale, capace di dare un nuovo e diverso senso allo stesso concetto di adozione e affido”.
Prendendo la parola, il presidente dell’associazione ‘Agevolando’, Federico Zullo, ha affermato il bisogno di creare una rete: “Nel nostro Paese, l’uscita da un percorso in una comunità residenziale per minori molto spesso rappresenta la conclusione di un’esperienza assistenziale che presuppone l’aver subito l’allontanamento dalla propria famiglia d’origine, l’essere stati costretti a vivere parte della propria infanzia e della propria adolescenza con persone non familiari, senza possibilità di decidere da soli le cose importanti. Ora si va consolidando una coscienza culturale che mette le persone in grado di partecipare attivamente alle scelte per sé, in una prospettiva di inclusione culturale.
Terminare il percorso in una comunità residenziale e/o in affidamento familiare ed affacciarsi alla vita autonoma senza l’aiuto di qualcuno o di qualcosa che possa accompagnare questo ‘passaggio’ significativo, può rappresentare un forte rischio per il benessere e l’emancipazione personale. Pertanto, è necessario offrire un supporto ai giovani adulti che escono dal percorso residenziale, condividere le esperienze personali e sostenersi attraverso l’auto mutuo aiuto e la partecipazione collettiva e creare una rete di soggetti ed enti tra i portatori di interesse”.
Interessanti sono state anche le testimonianze dei giovani. Ashley Rhodes-Courter ha 25 anni e ha trascorso quasi 10 anni nel sistema di affido della Florida, durante i quali ha avuto 14 differenti collocazioni. All’età di 12 anni è stata adottata; oggi è una mamma affidataria: “Mi piacerebbe, attraverso la mia storia, ispirare altri ragazzi e ragazze e incoraggiare le famiglie e i responsabili politici ad aiutare i tanti bambini abbandonati; proprio perché conosco sulla mia pelle cosa significa sentirsi persi all’interno del sistema affido e ho provato poi la gioia dell’accoglienza, voglio far qualcosa per gli altri che non hanno avuto la mia stessa fortuna, come mio fratello che ora è in carcere. La stabilità deve essere una priorità per i bambini poiché nessun bambino può affrontare da solo il mondo”.
Dopo le testimonianze Aibi ha fornito i numeri ed alcune soluzioni per affrontare questa emergenza. Ogni anno i minori abbandonati crescono in modo esponenziale. Secondo le stime diffuse da UNICEF, nel 2004 vi erano circa 145 milioni di bambini abbandonati, cifre ritoccate in aumento nel 2010 che hanno portato il numero a 163 milioni. In cinque anni vi è stato così un aumento di quasi 20 milioni di bambini abbandonati, una media di quattro milioni di minori abbandonati ogni anno. E’ questa una vera e propria emergenza umanitaria che condanna un ‘popolo di schiavi’ ad essere privati della libertà di essere figli.
Di fronte al costante aumento di bambini abbandonati, in Europa per la prima volta si è registrato un calo delle coppie disponibili ad adottare, ciò nonostante sia in aumento la sterilità (una coppia su quattro è sterile). Fra le principali cause di questa fuga dall’adozione internazionale, vi sono le difficoltà economiche, la sfiducia in cui è caduta l’adozione internazionale e le difficoltà burocratiche che accompagnano il percorso adottivo.
Sul piano operativo, l’associazione ha proposto di rendere accessibile l’adozione al maggior numero di coniugi, anche a quelli più giovani, attraverso: la gratuità delle Adozioni Internazionali, che si otterrà non con un incremento della spesa pubblica, ma con un piano di tagli che saranno indicati dalle associazioni familiari; l’eliminazione delle idoneità del Tribunale per i Minori, che otterrà due risultati: ridurre i tempi di attesa di uno/due anni e un notevole risparmio di spesa pubblica; la riduzione dell’iter di selezione delle coppie, ad oggi ad esclusivo carico dei servizi pubblici, a vantaggio di una procedura di accompagnamento e formazione pre e post adozione delle coppie stesse con una razionalizzazione del sistema che preveda la collaborazione fra i servizi pubblici e quelli privati degli enti autorizzati.