Bach e Vivaldi, l’emozione della fede nel concerto per Benedetto XVI

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Il cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, dove ogni domenica e ogni mercoledì durante l’estate il Santo Padre incontra i fedeli all’Angelus, è diventato per un pomeriggio una sala da concerto per la musica di Johan Sebastian Bach e Antonio Vivaldi. Un omaggio per i 60 anni di sacerdozio del Santo Padre. Un concerto dalla Germania, e dedicato anche al fratello Georg Ratzinger ordinato lo stesso giorno del papa. Il grazie del pontefice” per questo dono” ai musicisti si è unito ad alcune riflessioni su “due esponenti davvero grandi della musica del settecento: Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach, maestro dei maestri.

 

 

I due brani di Vivaldi che sono risuonati stasera fanno parte dei cosiddetti “concerti ripieni”, scritti per orchestra d’archi e basso continuo, buona parte dei quali avevano uno scopo didattico, specie quando Vivaldi insegnò alla “Pietà”, uno dei quattro orfanotrofi-conservatori di Venezia per ragazze. La struttura dei tre tempi con un breve adagio centrale è tipica del grande italiano, ma questa uniformità architettonica non è mai monotona perché – come abbiamo ascoltato – il trattamento timbrico, il colore orchestrale, la dinamica del discorso musicale, gli impasti armonici, l’arte del contrappunto e dell’imitazione, rendono i concerti di Vivaldi un esempio di luminosità e di bellezza che trasmette serenità e gioia. Penso che questo venisse anche della sua fede. Vivaldi era un sacerdote cattolico, fedele al suo Breviario e alle sue pratiche di pietà. L’ascolto della sua produzione di musica sacra rivela il suo animo profondamente religioso.

E’ questo un tratto che lo unisce a Johann Sebastian Bach, luterano, ammiratore di Vivaldi di cui studiò e trascrisse vari concerti. “Soli Deo gloria”: Questa frase appare come un ritornello nei manoscritti di Bach – un leitmotiv delle cantate bachiane come dice l’opuscolo del programma – e costituisce un elemento centrale per comprendere la musica del grande autore tedesco. La profonda devozione fu un elemento essenziale del suo carattere, e la sua solida fede sostenne ed illuminò tutta la sua vita.

Sulla copertina del “Kleines Orgelbüchlein” si possono leggere queste due righe: “Dem höchsten Gott allein zu Ehren, Dem Nächsten draus sich zu belehren” [Al Dio Altissimo per onorarlo, agli altri per istruirli]. Bach aveva una concezione profondamente religiosa dell’arte: onorare Dio e ricreare lo spirito dell’uomo. L’ascolto della sua musica richiama quasi lo scorrere di un ruscello, o piuttosto una grande costruzione architettonica in cui tutto è armoniosamente compaginato, quasi a tentare di riprodurre quella perfetta armonia che Dio ha impresso nella sua creazione.

Bach è uno splendido “architetto della musica”, con un uso ineguagliato del contrappunto, un architetto guidato da un tenace ésprit de géometrie, simbolo di ordine e di saggezza, riflesso di Dio e così la razionalità pura diventa musica nel senso più elevato e puro, bellezza splendente. Stasera abbiamo potuto ammirare questo spirito di Bach nei brani iniziali tratti dalla monumentale opera di fede che sono le Cantate, in quella musica pura, cristallina della Partita N. 2 in re minore per violino solo e nel bellissimo Concerto BWV 1060, proposto in una versione che, probabilmente, corrisponde a quella più antica.”

Solista la violinista tedesca Arabella Steinbacher, sotto la direzione di Albrecht Mayer che ha detto di aver scelto Bach perchè ” è il più ricco genio musicale che io abbia mai incontrato. Inoltre, ho come credente, un grande impatto emotivo per l’aspetto religioso di questa musica.” Infine, il bis dei musicisti, che hanno offerto al Pontefice anche un brano di Mozart fuori programma.

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