Mare di Sicilia: immigrazione e morte

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“Eravamo 300. Ma un centinaio, soprattutto donne, non ce l’ha fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi”: sono le drammatiche parole di una delle quattro ragazze soccorse dalla Guardia costiera mentre si trovavano a bordo di un barcone da giorni alla deriva a Lampedusa. Parole che ormai suonano abitudinarie per le nostre orecchie, tantoché non prestiamo attenzione a queste dolorose parole di chi è costretto a fuggire per molti motivi a noi quasi incomprensibili, sennò per un piccolo e fuggevole atto di commiserazione.

 

Eppure sono persone in fuga dalla guerra, vittime innocenti che fanno lievitare ulteriormente le cifre di una strage che ha visto morire, nelle acque del Canale di Sicilia, almeno 6.052 persone dal 1994 a oggi; solo dall’inizio di questo anno 1714 persone (8 al giorno) hanno perso la vita:  rappresentano circa l’89% dei 1.931 morti registrati nei primi sette mesi del 2011 in tutto il Mediterraneo.

Questi sono i dati impressionanti contenuti nel blog di Gabriele Del Grande, autore del libro ‘Mamadou va a morire’, ‘Fortress Europe’. La  conferma di quanto ha affermato Gabriele Del Grande si trova negli ultimi dati forniti dal ministero dell’Interno nell’informativa alla Camera dei deputati di mercoledì 3 agosto 2011, che ha precisato che dall’inizio dell’anno sono sbarcate a Lampedusa e in Sicilia 23.890 persone provenienti dalla Libia, ovvero il 65% di quanti ne arrivarono nell’intero 2008.

Inoltre tra i lavoratori stranieri residenti in Libia, più di 630.000 hanno attraversato il confine con Tunisia, Egitto, Algeria, Niger, Ciad e Sudan, compresi circa 200.000 cittadini sub-sahariani che hanno fatto rientro nei loro paesi. Le statistiche sono fornite dall’Oim che monitora continuamente la situazione su una apposita pagina web: “Se si considera, ha affermato Del Grande, che la presenza di stranieri in Libia era stimata in un milione di persone e che moltissimi hanno lasciato il paese senza lasciare traccia nelle dogane in frontiera, soprattutto per chi è fuggito attraverso il deserto, possiamo stimare che ormai siano partiti praticamente tutti gli stranieri che erano presenti in Libia. E quasi tutti via terra o in aereo”.

Inoltre l’autore del blog sostiene che la gestione di queste ‘attraversate’ è militare: “La prima conseguenza della gestione militare degli sbarchi, è il numero folle di passeggeri che vengono costretti a salire su ogni imbarcazione. Immaginate che i 23.890 profughi arrivati tra marzo e luglio dalla Libia hanno viaggiato su soli 84 pescherecci, che vuol dire una media di 284 passeggeri a imbarcazione, su mezzi di 10 o 15 metri di lunghezza. Un dato folle, da comparare con i 62 passeggeri per imbarcazione di quando la rotta era gestita dai contrabbandieri privati che fino al 2009 gestivano la tratta. Un dato che da un lato ci dà la misura della volontà del regime libico di espellere in Italia il maggior numero di persone, come ritorsione contro i bombardamenti su Tripoli”.

Invece per quanto riguarda la Tunisia, sono 24.854 i tunisini arrivati dall’inizio dell’anno, soprattutto tra gennaio e aprile: circa 14.000 hanno avuto un permesso di soggiorno di sei mesi per motivi umanitari, rilasciato per decreto dal governo italiano a tutti i tunisini arrivati prima del 5 aprile; degli altri, un migliaio sono stati rimpatriati e più o meno altrettanti sono rientrati di propria volontà dopo aver visto che in Europa non avevano possibilità di lavoro, mentre alcune centinaia sono ancora detenuti nei centri di identificazione e espulsione e tutti gli altri stanno in giro tra Francia, Germania ed Italia, senza documenti di soggiorno.

Per quanto riguarda invece le altre rotte, sono 3.047 le persone sbarcate lungo le coste pugliesi, calabresi e siciliane su barche provenienti da Egitto, Turchia e Grecia. Sommando i dati delle varie rotte Gabriele Del Grande ha ottenuto il numero di 51.881 sbarcati nei primi sette mesi del 2011, come nel 1999 quando scoppiò la guerra nel Kosovo. Infine rispetto al numero di profughi causato dalla guerra di Libia, soltanto il 3,6% ha scelto l’Europa come via di fuga contro più di 600.000 persone che si sono diretti verso Tunisia, Egitto, Ciad, Niger, Algeria e Sudan.

Nel frattempo il capo del dipartimento della Protezione Civile nazionale, Franco Gabrielli, ha partecipato a una riunione operativa a Lampedusa insieme all’assessore regionale all’Ambiente della Sicilia, Gianmaria Sparma, responsabile dell’ufficio della giunta di governo per l’emergenza: “È stato fatto il punto della situazione rispetto alla gestione della crisi e degli interventi che il governo nazionale e quello regionale hanno messo e stanno mettendo in campo, anche a sostegno del settore turistico, per il suo necessario rilancio”.

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