Meglio le proprietà o l’evangelizzazione? Implicazioni e divisioni nella Chiesa di Croazia

La settimana scorsa c’è stata una vera raffica di articoli in Croazia e nei media internazionali circa il cosiddetto “incidente diplomatico tra la Croazia e il Vaticano.” La controversia riguarda il monastero benedettino e il terreno nella città e parrocchia di Dalja, sotto la “protezione” della diocesi di Parenzo-Pola nella regione occidentale croata dell’Istria. Senza entrare troppo nei dettagli, il monastero e la proprietà adiacente sono stati gestiti da benedettini italiani fino al 1948 quando la Jugoslavia comunista l’ha nazionalizzata. I benedettini di Paglia, vicino a Padova cui apparteneva l’abbazia di Dalja, che ora chiedono il ritorno della proprietà, erano stati risarciti dallo Stato italiano.
Dopo la fondazione dello stato croato nei primi anni 1990 i benedettini di Praglia attraverso i tribunali croati hanno tentato di riconquistare la proprietà, che era stata assegnata alla diocesi di Parenzo-Pola da parte dello Stato croato nel processo di restituzione dei beni ecclesiastici nazionalizzati Chiesa. Rappresentanti della diocesi e dei Benedettini hanno tenuti vari colloqui e trattative, ma non sono arrivati ad un accordo per vari motivi. Così il Vaticano ha istituito una commissione composta da tre cardinali (tra cui il cardinale arcivescovo di Zagabria Josip Bozanic) e i risultati, che sono stati consegnati al Papa alla fine del 2010, che prevedevano la restituzione dei beni ai Benedettini. Il Santo Padre ha confermato i risultati della Commissione.
E questa sarebbe potuta essere la conclusione di una procedura interna alla Chiesa. C’era infatti abbastanza tempo per tutte le parti per presentare il loro caso, giungere ad un accordo e di mantenere la questione come interna della chiesa.
I problemi sono iniziati quando il vescovo di Parenzo-Pola mons. Ivan Milovan ha rifiutato di firmare l’accordo con i benedettini come approvato dal Vaticano. Anche questo atto di disobbedienza avrebbe potuto rimanere una questione interna della Chiesa. Purtroppo non è stato così. Invece l’intera questione è stata sbattuta sulle prime pagine dei media croati nelle TV, radio e su Internet. Informazioni e documenti non erano trapelate, ma erano apertamente, ingenuamente o intenzionalmente, arrivate alla stampa laica affamata di titoli sensazionalistici, tramite ecclesiastici di alto livello.
Il triste della vicenda sta nel fatto che da questa disobbedienza iniziale di un vescovo cattolico, è nata una valanga di commenti contro la Chiesa e il Vaticano. E resta il fatto più triste che i documenti interni della Chiesa e le dichiarazioni verbali sono state fornite da alti funzionari della diocesi di Parenzo-Pola sotto la guida del Cancelliere diocesano Rev. Ilija Jakovljevic.
Il monsignore è stato ospite fisso in tv nei programmi di prima serata, presentando irresponsabilmente il problema come uno degli interessi nazionali croati, accusando il cardinale Bozanic per i risultati della Commissione vaticana, affermando che in al fondo di tutto questo ci fossero le macchinazioni di irredentisti italiani che avevano “influenzato” il Santo Padre. L’impressione generale era che il cardinale Bozanic fosse un traditore nazionale per aver concesso che la terra croata fosse data agli italiani e che il Vaticano e il Papa si erano intromessi negli affari interni croati.
Il vescovo Milovan per aver rifiutato di firmare gli accordi del Vaticano è stato sospeso dalla Santa Sede per un breve periodo in modo che un altro vescovo, lo spagnolo Santos Abril y Castello, potesse farlo al suo posto.
Nel frattempo la diocesi ha formato un “pool legale” per rappresentare i suoi interessi. Mons. Milovan nel frattempo ha fatto una visita, molto pubblicizzata, al presidente croato, al primo ministro e al governo in cerca di aiuto. Tutti rispondevano che avrebbero scritto al Santo Padre e al Vaticano richiamando gli Accordi di Osimo del 1975 tra Italia e Jugoslavia. Il Vaticano ha rilasciato una dichiarazione per ricordare che la vicenda era rigorosamente un affare interno della Chiesa. Anche la Commissione permanente della Conferenza episcopale croata ha anche sostenuto le conclusioni della commissione vaticana. Nel frattempo, la maggioranza dei sacerdoti della diocesi di Parenzo-Pola e il loro vescovo in un incontro appositamente convocato, hanno “votato” per ridare la proprietà contesa “indietro” allo stato croato in evidente opposizione alle istruzioni del Vaticano.
La Croazia è statisticamente a maggioranza cattolica, ma è un paese post comunista con una mentalità laica sviluppata soprattutto dai mass media e nella elite al potere. Un mese fa la Commissione Justitia et Pax della Conferenza episcopale croata ha rilasciato una dichiarazione che condanna la discriminazione contro la crescita cattolica nel paese. Proprio due mesi dopo la vista del Papa in Croazia le azioni irresponsabili e i commenti di alti rappresentanti ecclesiastici nella diocesi di Parenzo-Pola hanno provocato dissenso tra i vescovi croati e i sacerdoti, la confusione tra i credenti e il ridicolo tra i non credenti. Alcuni politici di alto livello hanno affermato che il Vaticano sta andando contro gli interessi croati, gente comune con nessuna o poca affiliazione religiosa pensa che la Chiesa è interessata solo ai benefici materiali e al guadagno.I media legati alla sinistra più liberale hanno fatto della questione un campo di attacco quotidiano alla Chiesa, proiettando le divisioni tra i vescovi e i sacerdoti, praticamente “assassinando” la figura del cardinal Bozanic, criticando in maniera aspra il Vaticano, accrescendo le negative tensioni nazionaliste.
E dov’è in questa giungla dei media e di manipolazione politica il messaggio di evangelizzazione della Chiesa ? E a quali altre insinuazioni negative porterà questa aperta disobbedienza della Chiesa croata al Santo Padre e al Vaticano? Perchè quando si tratta di terra e denaro alcuni sacerdoti fanno di tutto, incluso disobbedire, creare team legali e mantenere intense relazioni con i media? Perchè nn si accetta più che il Vaticano abbia l’ultima parola?
Dov’è questo stesso spirito zelante e di azione quando si tratta di promuovere i messaggi del Santo Padre, la difesa e la promozione della cultura della vita, la cristianizzazione della cultura mcroata moderna, o il rifiuto dei leggi e politici immorali? Molti laici in Croazia stanno lavorando strenuamente per difendere i valori cattolici nella società e nella politica, contro la discriminazione dei cattolici e contro la dittatura del relativismo. I laici sono alla ricerca di una leadership dei loro pastori su questi temi e la messa in pratica del messaggio di Papa Benedetto per l’evangelizzazione. Come San Paolo rispose a suo tempo ai Corinzi (I Cor. 6,1), lo stesso si potrebbe dire oggi sul motivo per cui i cattolici, soprattutto i religiosi e le diocesi, usano i tribunali civili, i mezzi e le strutture politiche per svilire se stessi di fronte ad una società fondamentalmente laica (leggi: pagana). Non ci dovremmo aspettarci la giustizia tra i fratelli, soprattutto fratelli nella Chiesa? Non dovevamo attenderci questo nella vicenda di Daljia? Ora bisogna rimettere insieme i cocci.
E’ una situazione triste e preoccupante attualmente quella della gerarchia della Chiesa croata e le implicazioni di questi dissensi e divisioni sono ancora da valutare, sia tra i fedeli che nella società in generale. La Chiesa croata sta perdendo la sua buona reputazione nella società a causa di dispute interne e dell’inutile scoprire il fianco agli attacchi degli avversari. Sembra che il Vaticano abbia agito ordinando il silenzio sia ai sostenitori sia ai dissidenti. Non solo in questo caso della Croazia, ma in tutto il mondo ci dovrebbero essere ripercussioni disciplinari per chi intenzionalmente crea divisione e discordia portando a tristi e vergognose situazioni. L’ordine e l’unità sono necessari per concentrarsi sulle questioni importanti dell’evangelizzazione e difendere la Sposa di Cristo in ogni momento.