Chiesa Marchigiana ed Abruzzese: prendersi cura dei territori

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Quest’anno è un’annata piovosa, che ha causato tanti disastri: secondo i dati dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna, lo scorso luglio, è piovuto il 73% in più rispetto alle medie di luglio nel periodo 1971-2000 che è convenzionalmente preso come periodo di riferimento dal 1800 a oggi.

Per il Cnr, anche le temperature sono state di poco inferiori alla media. La parte più colpita è stata l’Italia centro-settentrionale: le precipitazioni cadute sono state in media il doppio del normale, risultando per questa zona il tredicesimo mese di luglio più piovoso dal 1800 ad oggi. Per l’esattezza era dal 1932 che non pioveva così tanto.

Anche le Marche non sono state risparmiate: basti ricordare l’alluvione avvenuta il 3 maggio scorso a Senigallia; l’evento, purtroppo, si è ripetuto anche ad inizio agosto, per fortuna senza gravi danni. Per ragionare su questi eventi, cercando di poterli risolvere, la Pastorale Sociale della Conferenza Episcopale Marchigiana ha predisposto un documento invitando a non ‘manipolare’ il proprio territorio con grave danno per le attività economiche locali:

“Le piogge, cadute sotto forma di ‘bombe d’acqua’, le frane, gli smottamenti, le nevicate eccessive stanno cambiando la morfologia dei nostri territori e mettendo a rischio paesi, campagne, quartieri e città e rendendo precaria la vita delle famiglie per la perdita del lavoro e dei mezzi di sostentamento, la distruzione di raccolti e materie prime e prodotti pronti per essere spediti.

La nostra regione è stata colpita molte volte e l’ultimo triste evento è quello di Senigallia e del suo entroterra del 3 maggio scorso, in cui migliaia di famiglie hanno visto devastate le loro abitazioni, perso ogni bene e ricordo affettivo, distrutte le attività economiche con la perdita del lavoro, devastato gran parte del territorio di una città e di una campagna che potevano ben dirsi un giardino, tanto era curato e ordinato per l’amore delle persone, tranne, per amore di verità il corso del fiume e dei fossi”.

La Pastorale Sociale solleva alcune domande per approfondire il fenomeno: perché accadono fenomeni così violenti e in modo così frequente? La risposta si può trovare nel libro del Genesi (2,15) quando Dio pone l’uomo nell’Eden per coltivarlo e custodirlo, e denuncia le cause di questo ‘cambiamento’ climatico:

“Quando un singolo cittadino chiede di costruire in un posto non edificabile ma ci riesce ugualmente, quando un imprenditore edile riesce a lottizzare vasti spazi, snaturando le aree interessate, per costruire quartieri o zone industriali grazie alla sua forza economica e politica, quando il potere politico non sa guardare al futuro da vero statista, ma pensa solo agli interessi dell’oggi, favorendo questo o quel gruppo di interessi economici, quando gli ambientalisti si oppongono alla cura secondo buone regole storiche di custodia e conservazione dei territori, favorendo la forestazione, quando la burocrazia complica la vita dei cittadini e allontana le decisioni, quando l’agricoltura non viene sostenuta per cui per sopravvivere coltiva senza più curarsi della vera custodia dei terreni, quando avviene tutto questo, si creano i presupposti perché, se avvengono disastri, questi sono annunciati!”

La commissione della Chiesa marchigiana non fa solo denunce, ma anche proposte per salvare il futuro dei territorio, recuperando l’etica nella conservazione dei territori secondo le parole degli ultimi papi, da San Giovanni Paolo II a Benedetto XVI e Papa Francesco, hanno sempre richiamato al rispetto delle regole di vita del Creato:

“L’educazione alla cura dei territori deve entrare in ogni ambito, dalla scuola ai cammini formativi dei ogni associazione. Gli stessi cammini formativi della chiesa devono prevedere questi aspetti. Il mondo politico deve rendersi conto che la conservazione dei territori è un investimento primario che porta lavoro e tutela il futuro di tutti i cittadini…

Vanno attivate nei territori (zone per zone) conferenze di servizi per attivare le decisioni di interventi con la partecipazione dei rappresentanti politici, di esperti e urbanisti, degli abitanti dei diversi territori, degli esponenti del mondo dell’agricoltura e imprenditoriale. Va coinvolto il mondo dell’agricoltura perché sia responsabilizzato non solo a coltivare bene i terreni, ma a custodire gli stessi, preservando le pendenze, i fossi e quant’altro serva per permettere il defluire dell’acqua ed evitare frane”.

Invece i vescovi di Abruzzo e Molise sono scesi in campo contro i progetti di sfruttamento petrolifero del mare Adriatico e di vaste aree dell’entroterra portati avanti da alcune multinazionali britanniche che, dopo essere stati congelati per la dura opposizione delle popolazioni locali, oltre 40.000 abruzzesi manifestarono in piazza a Pescara nell’aprile del 2013, ora ricevono il via libera grazie al decreto ‘Sblocca Italia’.

Con il progetto ‘Ombrina mare’ dovrebbe sorgere a sei km dalla costa, in un’area che il Parlamento italiano nel lontano 2001 individuò come possibile parco nazionale marino, una piattaforma con base 35 per 24 metri, ed un altezza di oltre 43 metri sul livello del mare, l’equivalente di un palazzo di 14-15 piani, collegata a 4-6 pozzi che dovrebbero essere perforati in un periodo di avvio del progetto della durata di 6-9 mesi.

Di fronte a tale progetto i vescovi della Conferenza episcopale Abruzzo-Moline (Ceam), guidata da mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, hanno espresso ‘preoccupazione’ e ‘sconcerto’ per le scelte politiche del governo che prevedono “la trasformazione dei nostri territori, dell’Abruzzo ma anche di vaste aree del Molise, in distretto minerario per gli idrocarburi; il riconoscimento, come emerge dal testo del decreto ‘Sblocca Italia’, del carattere strategico praticamente di ogni infrastruttura legata agli idrocarburi; la sottrazione alle Regioni di tutte le procedure di valutazione di impatto ambientale, per le attività di ricerca, prospezione ed estrazione in terraferma, avocate allo Stato…

La salvaguardia dell’ambiente deve essere al centro di una politica che sia perseguimento del Bene comune e che rifugga da interessi particolari ed egoistici, che possano compromettere il benessere di tutti e la capacità di futuro delle giovani generazioni… Non possiamo che esprimere sconcerto per scelte politiche nelle quali si prevedano la trasformazione dei nostri territori, dell’Abruzzo ma anche di vaste aree del Molise, in distretto minerario per gli idrocarburi;

il riconoscimento, come emerge dal testo del Decreto, del carattere strategico praticamente di ogni infrastruttura legata agli idrocarburi; la sottrazione alle Regioni di tutte le procedure di valutazione di impatto ambientale, per le attività di ricerca, prospezione ed estrazione in terraferma, avocate allo Stato, che richiamano alla difesa del Creato…

Pensiamo ad un cambio di prospettiva radicale che richiede l’emergere di una biociviltà, che preferisca la vita al lucro, il bene collettivo ai profitti individuali, la cooperazione alla competizione. Riteniamo necessaria una democrazia ‘ad alta intensità’. Ossia una democrazia sostanziale, partecipativa e sociale, quanto mai necessaria ad assumere scelte irrimediabilmente gravi tenendo conto della netta contrarietà che la popolazione abruzzese e molisana, e questa Conferenza episcopale, hanno più volte espresso”.

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