A Gaza le famiglie vivono sotto le macerie

Un popolo segnato ma non rassegnato: questa è l’immagine di Gaza secondo i vescovi della presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei), che dal 2 al 4 novembre, su invito del patriarca latino di Gerusalemme, hanno fatto visita alla comunità cristiana della Striscia di Gaza, a poco più di due mesi dalla fine dell’ultima campagna bellica, che ha provocato più di 2000 morti e oltre 10000 feriti.
La delegazione italiana era composta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, dai tre vice-presidenti il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, e monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa e da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Il parroco, padre Jorge Hernandez, e i suoi collaboratori hanno guidato il gruppo nella visita ai quartieri distrutti dai bombardamenti di luglio-agosto 2014 utilizzando le cinque jeep messe a disposizione dall’UN-PD.
Nel pomeriggio di lunedì 3 novembre la delegazione italiana ha concelebrato con il patriarca Fouad Twaal una messa nella parrocchia latina di Gaza. Durante l’omelia il patriarca ha dato la parola al card. Bagnasco, che ha tracciato un bilancio della visita ha detto:
“Abbiamo visto un popolo profondamente segnato dalla sofferenza e dalla distruzione ma anche che nel deserto il fiore della vita non è stato spezzato. Attraverso lo sguardo della gente e particolarmente dei bambini abbiamo visto che la vita continua a fiorire decisa ad andare avanti… Voi avete il compito di tenere accesa la speranza per tutto questo popolo che ha bisogno di ricostruire la propria coscienza per lenire le ferite di questi anni e per rinascere. Tocca a voi cristiani!”.
E all’apertura dell’Assemblea dei vescovi italiani, ad Assisi, il cardinal Bagnasco è tornato sul suo viaggio a Gaza, invitando i cristiani di tutto il mondo e la comunità internazionale a non chiudere gli occhi sulla situazione dei cristiani in Terra Santa e in Medio Oriente:
“I nostri fratelli di fede contano sulla solidarietà delle nostre Chiese, ci chiedono di portarli nella preghiera, di tener viva l’attenzione della Comunità internazionale perché i gravissimi problemi, che causano migliaia di vittime e di sofferenze, siano risolti in modo equo e definitivo nel rispetto dei diritti, nella sicurezza e nella pace per tutti. Respirare nella costante paura e nella continua incertezza non è vivere. Si possono facilmente ricostruire le città e i villaggi, ma è più difficile riconciliare la memoria e le coscienze…
E’ sconcertante, inoltre, toccare con mano il pervicace progetto di eliminare la presenza cristiana dalla Terra Santa come da altre regioni sia del Medio Oriente che dei Balcani e della Terra, attraverso una persecuzione a volte evidente e brutale, un esempio recente e raccapricciante è accaduto in Pakistan, altre volte subdola e mascherata, ma non per questo meno violenta.
Ciò è inaccettabile non soltanto per la coscienza cristiana, ma anche per la coscienza civile, che usa affermazioni altisonanti sui diritti umani, ma che finge di non vedere e tace di fronte ai crimini che continuano a danno dei cristiani e di altre minoranze”. Però, purtroppo, la situazione a Gerusalemme e nei Territori occupati si sta deteriorando ed il rischio di una nuova Intifada è palpabile.
E di fronte a questa situazione i Patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme, lunedì 10 novembre, hanno raggiunto la Spianata delle Moschee, l’Haram al Sharif, per una visita di solidarietà, di pace e riconciliazione, dopo aver pubblicato nei giorni scorsi una dichiarazione con la quale hanno condannano la crescita della violenza:
“Noi, capi delle Chiese di Gerusalemme, vogliamo esprimere la nostra seria inquietudine riguardo le recenti attività su Haram al Sharif, quali la chiusura totale e le restrizioni di accesso alla Moschea di Al Aqsa. Questi avvenimenti sono stati provocati da atti estremisti che stanno divenendo un fenomeno ricorrente in Terra Santa e nella Regione.
Condanniamo le minacce di modifica dello statuto dei Luoghi Santi quali che siano le loro provenienze. I Luoghi Santi necessitano di una costante e vigile protezione affinché il loro ragionevole accesso sia mantenuto come previsto dallo Statu Quo per le tre religioni monoteiste. L’accordo dello Statu Quo che regola questi siti deve essere interamente rispettato, nell’interesse della comunità tutta intera.
Ogni minaccia alla sua continuità e alla sua integrità potrebbe condurre rapidamente a conseguenze imprevedibili che sarebbero più che malviste nell’attuale clima politico del momento, molto delicato”. Intanto in un nuovo rapporto sull’ultima operazione militare nella Striscia di Gaza, Amnesty International ha accusato le forze israeliane di aver ucciso decine di civili palestinesi in attacchi contro abitazioni piene di famiglie: attacchi che, in alcuni casi, hanno costituito crimini di guerra.
Il rapporto, intitolato ‘Famiglie sotto le macerie’, analizza otto casi in cui, durante l’operazione ‘Margine protettivo’, le forze israeliane hanno attaccato senza preavviso abitazioni familiari, causando almeno 104 morti, tra cui 62 bambini.
Amnesty International ha ricordato che durante l’ultimo conflitto, almeno 18.000 abitazioni sono state distrutte o rese inabitabili e oltre 1500 civili palestinesi, tra cui 519 bambini, sono stati uccisi dagli attacchi israeliani. I gruppi armati palestinesi hanno a loro volta commesso crimini di guerra, lanciando contro Israele migliaia di razzi indiscriminati, che hanno ucciso sei civili tra cui un bambino.