A Gaza tra speranze e timori

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La guerra tra Israele e Hamas, consumatasi nella scorsa estate, ha aggravato una situazione umanitaria già difficile nella Striscia di Gaza. Dopo 51 giorni di guerra, le fragili infrastrutture di Gaza, le strutture sanitarie, l’istruzione, l’approvvigionamento idrico, i servizi igienico-sanitari e quelle elettriche hanno riportato gravi danneggiamenti.

La politica blocca l’arrivo di materiali per la ricostruzione e si ferma così il grande sforzo di ricostruzione dell’economia locale, delle imprese, degli enti pubblici, di scuole ed abitazioni. I tassi di disoccupazione e la povertà di Gaza hanno raggiunto il loro picco più alto proprio come il livello di distruzione. Migliaia di famiglie che hanno avuto la loro casa danneggiata o distrutta, sono senza tetto e continuano a lottare per trovare un riparo decente.

Il Comitato dell’Organizzazione per il Coordinamento della Secours Catholique in Terra Santa, ha tenuto incontri settimanali sin dai primi di luglio, da quando è iniziata la guerra, per organizzare al meglio l’aiuto per la popolazione di Gaza. La Caritas di Gerusalemme ha distribuito generi di prima necessità durante e dopo la guerra. La Caritas ha distribuito 1.300 kit sanitari e circa 800 litri di carburante alle scuole delle Nazioni Unite e alle famiglie soccorse nelle scuola greco-ortodossa e in quella del Patriarcato latino; le famiglie hanno ricevuto pasti caldi ed i bambini hanno ricevuto visite mediche complete.

Sono state fornite attività psicosociali; cibo, latte e pannolini sono stati distribuiti alle scuole; sono state offerte forniture di base per 28 persone con disabilità ospitate dalle suore di Madre Teresa e 100 pacchi alimentari per le famiglie al riparo nella chiesa della Sacra Famiglia. Inoltre, carburante e attrezzature mediche sono state consegnate al centro medico della Caritas, a 4 ospedali e al Ministero della Salute.

La Caritas continuerà la sua assistenza nell’emergenza compresa le distribuzioni di cibo, di denaro e di servizi sanitari (il centro medico della Caritas e la sua clinica mobile); infine, materiale scolastico, zaini e uniformi per gli scolari, kit sanitari e regali di Natale per 3000 studenti saranno distribuiti fino alla fine dell’anno. La Pontifical Mission per la Palestina ha anche fornito migliaia di litri di carburante per supportare le operazioni di tre cliniche per mamme e bambini del Consiglio delle Chiese d’Oriente e per l’ospedale arabo Al-Alhi. Ha distribuito forniture mediche e farmaci, anche nei suoi centri di salute e ha sostenuto i check-up nelle strutture per l’infanzia; servizi sanitari e interventi chirurgici per i pazienti poveri e gli sfollati.

E nell’ultima domenica di agosto Sua Beatitudine, mons. Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme, aveva celebrato una santa messa nel Santuario della Madonna delle Lacrime per il 61^ anniversario della Lacrimazione di Maria a Siracusa, affermando nell’omelia: “Non posso non pensare alla violenza religiosa, che si traduce in scritte offensive e minacce, che spesso si vedono sui muri delle chiese e dei conventi in tutta la Terra Santa; al processo di pace in Medio Oriente, che vede nel conflitto israelo-palestinese uno dei nodi più aggrovigliati; al terrorismo di Al Qaida e dell’Isis in Iraq e Siria, inizialmente supportato dalla Comunità internazionale e che ormai fa paura a tutto il mondo…

Anche oggi non mancano i cristiani, fedeli a Cristo, che nel Medio Oriente hanno preferito la morte, l’esodo e la spogliazione di tutto, ma mai hanno accettato di convertirsi all’Islam per aver salva la vita”. Quindi ha ricordato la situazione della sua terra: “In Terra Santa viviamo un conflitto che non sembra trovare una soluzione a breve termine, e che pesa fortemente su tutti i suoi abitanti, compresi i cristiani. Questa dolorosa realtà solleva molte domande sul nostro futuro in questo paese, ed è fonte di profonda preoccupazione. Abbiamo bisogno della risposta della fede. La risposta non è né l’emigrazione, né il chiuderci in noi stessi. La risposta è rimanere, vivere e morire in Terra Santa”.

Infine ha ricordato la situazione dei profughi: “Ma molte lacrime vengono versate anche in questa terra, nell’amata Sicilia. Sono le lacrime di coloro che sono arrivati in quest’Isola, in fuga dalla propria terra e ora sono lontani dalla loro patria. Molti di loro hanno scelto la cara Sicilia come luogo di transito, e molti si trovano sepolti in questa terra e in questo mare. Quante lacrime sono versate da coloro che vengono rifiutati, respinti, non accolti! La Madonna di Siracusa piange con noi e su di noi!

Noi, come Chiesa Madre di Gerusalemme, oltre ai numerosi problemi sociali e politici che ci sommergono quotidianamente, siamo anche alle prese con le migliaia di rifugiati che hanno abbandonato le loro case in Siria e in Iraq, per scappare dai combattimenti che infuriano in quel paese. La Caritas giordana, sostenuta anche dalla Caritas Italiana, è mobilitata per aiutare questi nostri fratelli. Abbiamo aperto le nostre scuole per accogliere i bambini siriani. Abbiamo aperto le porte del Centro Regina della Pace, per accogliere tante famiglie cristiane dalla Siria e dall’Iraq.

Questo deve essere il vero volto della nostra Chiesa: umile, debole, povera, che si sente realmente al servizio
di ogni uomo, e che si apre nella carità a tutti coloro che hanno bisogno. Questo per noi è un tempo propizio per spalancare lo sguardo del nostro cuore, verso i fratelli più bisognosi, condividendo con loro quanto noi possediamo”.

Infatti nell’ultimo rapporto OCHA, l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite si descrive la situazione a Gaza: dal 7 luglio (inizio dell’operazione ‘Frontiera di protezione’) al 25 agosto, sono stati uccisi 67 israeliani, tra cui un bambino di 4 anni; mentre dall’altre parte sono stati uccisi 2.076 palestinesi, tra cui 1.454 civili, 491 bambini e 253 donne; più di 10.193 persone sono rimaste ferite e più di 1.000 bambini soffriranno di disabilità permanente.

A queste cifre va aggiunto un numero di circa 25 palestinesi, uccisi da Hamas, perché accusati di collaborazionismo con Israele. Più di 17.200 case sono state distrutte o gravemente danneggiate. A seguito dei bombardamenti, più di 475 0000 persone sono state sfollate e 280.000 di loro vivono nelle scuole dell’UNRWA, altri in rifugi governativi, in ricoveri di fortuna o accolti da famiglie.

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