Papa Francesco: il dialogo grazie alla identità religiosa, e al riconoscimento dell’altro per il bene comune
Identità religiosa forte per dialogare, attenzione al bene comune e coscienza di essere necessari gli uni agli altri. Il Papa lo dice ai rappresentati delle religioni riuniti nella università cattolica di Tirana.
Le cifre della appartenenza religiosa in Albania sono molto discusse. Dopo decenni di violento ateismo di stato gli unici che hanno delle stime attendibili sono i cattolici che sono circa il 13 per cento della popolazione. La maggioranza è di fatto senza appartenenza religiosa. Molti i musulmani divisi tra sunnita e sufi bektashi, ma la tradizione cristiana è legata alla Chiesa greco ortodossa in molte parti del paese. L’islam arrivò con l’impero ottomano e molti ortodossi divennero “cripto- cristiani”, cambiarono nome ma non religione. Il cristianesimo in Illiria, era arrivato nei primissimi secoli e già nel 387 Scutari era sede episcopale. Un paese cristiano quindi fino al XV secolo quando gli ottomani lo invasero.
Crollato l’impero gli albanesi si trovarono quasi subito a fare i conti con un regime di “comunismo reale” paragonabile solo a quello cinese.
Dopo il 1990 lentamente le diverse confessioni religiose ripreso le attività in modo pubblico,non senza difficoltà. Oggi la Chiesa cattolica ha parecchie istituzioni sociali e nel 1993 Giovanni Paolo II nella sua storica visita in Albania benedisse la prima pietra del santuario della Madonna del Buon Consiglio Patrona della nazione, che era stato devastato dai comunisti.
Una storia esemplare, per comprendere la vita del clero in Albania, è quella del cardinale
Mikel Koliqi, primo e unico cardinale albanese. Sacerdote dal 1931, nel 1945 condannato a 21 anni di lavori forzati, con l’accusa di ascoltare le radio straniere. Morto il dittatore Enver Hoxha, venne liberato, per motivi di età e di salute, nel 1986. Papa Giovanni Paolo II lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 26 novembre 1994. E’ morto il 28 gennaio 1997 all’età di 94 anni.
Papa Francesco parla a braccio della necessità di dialogo grazie alla forza della identità di ogni fede che non deve vedere però nell’altro un nemico ma un fratello.
Nel suo discorso in una sala dell’università dice che “quando, in nome di un’ideologia, si vuole estromettere Dio dalla società, si finisce per adorare degli idoli, e ben presto l’uomo smarrisce sé stesso, la sua dignità è calpestata, i suoi diritti violati. Voi sapete bene a quali brutalità può condurre la privazione della libertà di coscienza e della libertà religiosa, e come da tale ferita si generi una umanità radicalmente impoverita, perché priva di speranza e di riferimenti ideali.”
Parla della libertà religiosa citando Giovanni Paolo II come di “un baluardo contro tutti i totalitarismi e un contributo decisivo all’umana fraternità» (Messaggio alla nazione albanese, 25 aprile 1993).” E subito aggiunge che “nessuno può usare il nome di Dio per commettere violenza! Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano.”
Un libertà che viene certo dal sistema legislativo, ma anche dalla collaborazione e dal rispetto. Ecco allora le due indicazioni del Papa: vivere in relazione con gli altri e con l’impegno in favore del bene comune.
Da qui uno sguardo all’oggi dell’Albania che rischia come molti paesi dell’area post comunista di essere sopraffatta dalla speculazione e dal consumismo: “Guardiamoci attorno: quanti sono i bisogni dei poveri, quanto le nostre società devono ancora trovare cammini verso una giustizia sociale più diffusa, verso uno sviluppo economico inclusivo!”
Ed ha aggiunto:“E poi, una cosa che è sempre questo fantasma … ‘ma è tutto relativo’, il relativismo … Un principio chiaro: non si può dialogare se non si parte dalla propria identità. Senza identità non può esistere dialogo. Sarebbe un dialogo fantasma, un dialogo sull’aria: non serve. Ognuno di noi ha la propria identità religiosa, è fedele a quella. Ma il Signore sa come guida la storia. Andiamo dalla propria identità, non facendo finta di averne un’altra: quello non serve. Non aiuta. Quello è relativismo. Quello che ci accomuna è la strada della vita, è la buona volontà – dalla propria identità – di fare il bene ai fratelli e alle sorelle. Fare del bene … E così, come fratelli, andiamo insieme. E ognuno di noi offre la testimonianza della propria identità all’altro, e dialoga con l’altro. Poi, il dialogo può andare più avanti su questioni teologiche: ma, quello è bello! Ma quello che è più importante è camminare insieme senza tradire la propria identità, senza mascherarla, senza ipocrisia … a me fa bene pensare questo”.
L’invito del Papa è proprio a lavorare in questi campi di azione nei quali “uomini e donne ispirati dai valori delle proprie tradizioni religiose possono offrire un contributo importante, anzi insostituibile. È questo un terreno particolarmente fecondo anche per il dialogo interreligioso.”