Papa Francesco in Albania: se il martirio viene cancellato dalla secolarizzazione

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Sono quaranta le immagini dei martiri che decorano il Boulevard di Tirana. Partono da piazza Madre Teresa, dove c’è già pronto l’altare dove il Papa celebrerà la Messa, tagliano in due il “bloc”, il quartiere di edifici del Partito dove a tutti era vietato l’accesso, e arrivano fin quasi a piazza Scanderbergh, il cuore pulsante di una Tirana che è pronta ad accogliere Papa Francesco. Ma di quei martiri, in pochi conservano la memoria oggi. Se il comunismo li ha uccisi, la secolarizzazione li ha fatti dimenticare. Papa Francesco va a Tirana per riprendere il sentiero interrotto di una Chiesa che si è fondata proprio sul sangue dei suoi martiri. Perché è da lì che si deve ripartire per trovare un nuovo entusiasmo nella fede.

È un viaggio organizzato velocemente, quello di Papa Francesco. Il suo primo obiettivo del Papa sembra fosse la Bosnia Erzegovina, dove avrebbe potuto ricordare la prima Guerra Mondiale, e dove avrebbe potuto mostrare vicinanza a popolazioni ancora colpite dalle divisioni della guerra civile. Non era possibile. E allora si è presentata l’occasione dell’Albania. Il piccolo stato balcanico sta navigando veloce sulla via dello sviluppo, è già parte della NATO, ha chiesto di entrare nell’Unione Europea. Non solo. C’è il primo governo di una persona formalmente di religione ortodossa, e i vari gruppi religiosi hanno mostrato di voler coabitare insieme, dando vita persino a un Consiglio, un organo informale che si riunisce nel segno del dialogo.

Ma molto è cambiato rispetto alla visita di Giovanni Paolo II del 1993. Lì, la Chiesa di Albania andava completamente ricostruita. Quando il regime comunista prese il potere nel 1946, c’erano 7 vescovi e 210 sacerdoti. Quando il regime cadde nel 1991, di vescovi ne era sopravvissuto 1 e di sacerdoti 30. Nel 1967, l’Albania fu il primo Stato a proclamarsi ateo. Come risultato, 2100 tra Chiese e moschee furono distrutte. Giovanni Paolo II andò a dare vigore a una Chiesa martoriata e viva, a consacrare nuovi vescovi, a incontrare il vescovo Mikel Koliqi, anzianissimo, che aveva subito la prigionia e che il Papa volle creare cardinale per dare un esempio.

Papa Francesco arriva in un paese più sviluppato. Le congregazioni religiose sono subito entrate in Albania. Hanno creato sviluppo, costruito quartieri. Ma non sono riusciti a risollevare il Paese da una indifferenza religiosa che si era nutrita per anni. Solo il 25 per cento dei cattolici è praticante. E i musulmani praticanti sono ancora meno, sebbene costruiscano sempre nuove moschee, per dare segno di una presenza. Se chiedi per le strade di Tirana chi sono i martiri più significativi, nessuno sa rispondere.

Padre Matteo De Fiore è rettore della Casa Salesiana di Tirana, un’istituzione con oratorio frequentato da quasi mille ragazzi, scuola professionale, scuole elementari. Racconta: “Quando sono arrivato nel 1998, c’era ancora questa grande memoria dei martiri, tutti ne parlavano. Poi sono partito, mi hanno chiesto di costruire una missione a Pristina, ho fatto altre cose, e sono tornato quest’anno. Nessuno conosce più i martiri. Nessuno ricorda più la storia del martirio dei cristiani, dei religiosi in generale. Ho trovato una Albania occidentalizzata, quasi indifferente. Il consumismo ha fatto più del comunismo nel distruggere il senso religioso degli Albanesi”.

E forse è per questo che il tema del viaggio del Papa è proprio quello del martirio, suggerisce padre De Fiore. Il tema è superato, la Chiesa di Albania non è più realmente una Chiesa martire, deve combattere con la crescente secolarizzazione che trova radice e nutrimento proprio nell’indifferenza religiosa in cui è stato nutrito il Paese per quasi cinquanta anni.

“Ma è necessario riprendere il discorso interrotto. La Chiesa di Albania può risorgere dal sangue dei martiri, ma deve essere consapevole di quello che c’è stato”, racconta padre De Fiore.

È un viaggio che serve anche a dare risalto alla causa di beatificazione dei 40 martiri i cui volti campeggiano sul Boulevard. Una causa che è iniziata a Scutari, il vero cuore cattolico del Paese, dove il Papa non potrà andare per ragioni di tempo. Passa da Tirana, una città ottomana, a maggioranza musulmana, dove i cattolici cercano di ricompattarsi.

“Io credo che la Chiesa cattolica in questi venti anni, dal 91, si è preoccupata soprattutto di avvicinare le famiglie cattoliche e di rendere un servizio alla realtà albanese cattolica. L’azione della Chiesa cattolica in Albania è stata quella di mettere insieme, di servire, avvicinare quelli che si considerano già cattolici,” racconta padre Matteo De Fiore.

Oggi forse è il tempo di evangelizzare, di educare al senso religioso in un mondo particolarmente arido. Guardando di nuovo ai martiri. Ma anche proiettandosi al futuro, dando al benessere che si intravede all’orizzonte uno spirito religioso che non lo renda solo una scatola vuota da consumare.

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