Il mio cuore tra gli anziani di Taybeh
Aiutare gli ultimi delle periferie esistenziali della Terra Santa. A Taybeh, a fianco degli anziani e delle persone con disabilità, per recare loro una parola di conforto, un sorriso, una speranza. Nella regione del mondo oggi e spesso al centro delle cronache belliche. Pina Belmonte, di Rende, cittadina a un passo da Cosenza, racconta la sua esperienza nella patria di Gesù. 28 anni, laureanda in studi arabo – islamici all’Università Orientale di Napoli, ha vissuto un’esperienza di due mesi a Gerusalemme e dintorni. Uscendone arricchita, e sognando di tornarci. Un’avventura nata quasi per caso. “Un giorno decisi di inviare una mail al Patriarca latino di Gerusalemme, proponendomi per andare lì a dare una mano dove c’era bisogno. Non speravo nulla, eppure una mattina, tempo dopo, aperta la mia posta, vi ho trovato una risposta del segretario generale del Patriarcato. Incredibilmente, dopo un piccolo confronto, accolse la mia richiesta, così il 28 febbraio di quest’anno sono partita per la Terra Santa. Mi sembrava un sogno”. Un bel sogno, che si è avverato. “Di cose da raccontare ce ne sarebbero tante” – dice la giovane con più d’un pizzico d’emozione. Con il cuore riempito, racconta il suo impegno a Taybeh, l’unico territorio interamente cattolico della Cisgiordania, lontano 30 chilometri da Gerusalemme. Lì, in quella città menzionata anche dai Vangeli, c’è una struttura del Patriarcato latino di Gerusalemme, chiamata “Beit Afram”, che significa “Casa di Efraim”, l’antico nome del borgo riportato nella Scrittura. “È un centro di proprietà della Chiesa locale per anziani e per persone con disabilità” – racconta Pina. Vi ho svolto vari tipi di mansioni, perché c’era grande bisogno di aiuto, sia per la gestione quotidiana del centro che per l’accompagnamento e l’assistenza degli ospiti, durante il pranzo e nelle diverse ore del giorno”. Pina ha lavorato insieme ad un’infermiera francese, Sara, che non dimentica di menzionare, e mentre racconta la sua esperienza, quasi la rivedi “andare su e giù, da una stanza all’altra, per rispondere alle esigenze degli anziani ospiti”. “Si lavorava tanto, ma la sera mi sentivo piena dentro di me” – prosegue la giovane volontaria – “descrivere le emozioni provate durante questa esperienza non è facile perché sono state troppo forti”. Il centro è gestito da alcuni membri della comunità Figli di Maria di origine brasiliana. Una struttura formato famiglia, capace di ospitare fino a trenta persone, e nella quale Pina Belmonte ha potuto stringere significativi legami. “Erano molto simpatici, con tutti ho creato amicizie, anche se spesso avevo difficoltà con la lingua”.
Una cosa, però, degli anziani e disabili presenti nel centro di Taybeh, Pina Belmonte la vuole sottolineare: la loro capacità di ringraziare. “Alahu yberykou yadaka”. Prende carta e penna, la giovane, e scrive, a caratteri latini, la frase che più volte si è sentita ripetere in arabo dagli anziani. “Dio benedica le tue mani”, questo il significato, parole rivoltele dopo un momento di vicinanza, di assistenza, di sollievo arrecato. Dopo “aver scorto sul volto di una donna un sorriso”. Il Patriarcato non fa mancare mai il suo sostegno, “anche la fede lì dentro si vive in maniera veramente forte”. Pina l’ha vissuta, ed anzi l’esperienza in Terra Santa (“ero capace di restare per ore nel Cenacolo”) le ha fatto ancor di più prendere coscienza del valore di un impegno e di una testimonianza, lei che è già attiva nella equipe della Caritas diocesana.
“La permanenza a Gerusalemme e Taybeh mi ha arricchito, l’assidua pratica dei sacramenti mi ha dato la forza per lavorare a servizio dei fratelli”. L’impegno sui luoghi di Gesù non è solo un ricordo, per Pina, ma anche una prospettiva, che, a sentire le sue parole e ancor più a leggere nei suoi occhi, la rende felice. “Dopo questo periodo trascorso in Terra Santa il mio cuore è sempre lì. Tra non molto ritornerò, perché lontana non so stare. Come una figlia che non riesce a stare lontana dalla sua mamma”.