Il Papa a Ban Ki Moon: “Metto di fronte a lei le lacrime dei Cristiani in Iraq”

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“Metto davanti a lei le lacrime, le sofferenze e le grida accorate di disperazione dei cristiani e di altre minoranze religiose dell’amata terra dell’Iraq”. Prima di partire per la Corea del Sud, Papa Francesco scrive al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, rinnovando il suo appello alla comunità internazionale ad intervenire per “porre fine alla tragedia umanitaria in corso”. E nel farlo, Papa Francesco unisce la sua voce a quella dei Patriarchi orientali e degli altri leader religiosi.

Il giorno dopo che il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha rilasciato una dichiarazione stigmatizzando la persecuzione religiosa in atto e mettendo in luce i problemi derivanti da un califfato abolito nel 1929 dal laico (e laicista) Ataturk, Papa Francesco rinnova i suoi sforzi sul dramma iracheno, e rende nota una lettera che ha inviato lo scorso 9 agosto al Segretario Generale delle Nazioni Unite.

Definisce la situazione un “dramma umanitario”, e c’è forse in questa scelta una decisione diplomatica di non fomentare ulteriori scontri religiosi. Ma nella lettera c’è anche un richiamo preciso, ed è quello al Preambolo della Carta delle Nazioni Unite. Un richiamo che si ritrova in vari testi della Segreteria di Stato vaticana degli ultimi anni, e che ricorda la diplomazia basata sulla verità che ha caratterizzato gli anni del pontificato di Benedetto XVI.

“Gli attacchi violenti che stanno dilagando lungo il Nord dell’Iraq non possono non possono non risvegliare le coscienze di tutti gli uomini e donne di buona volontà ad azioni concrete di solidarietà, per proteggere quanti sono colpiti o minacciati dalla violenza e per assicurare l’assistenza necessaria e urgente delle tante persone sfollate, come anche il loro ritorno sicuro alle loro città e alle loro case”, scrive Papa Francesco.

Il quale poi sottolinea che “le tragiche esperienze del ventesimo secolo e la più elementare comprensione della dignità umana costringe la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto ciò che le è possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose”.

Questo appellarsi al diritto internazionale permea tutta la missiva. Afferma Papa Francesco: “Nel rinnovare il mio appello urgente alla comunità internazionale ad intervenire per porre fine alla tragedia umanitaria in corso, incoraggio tutti gli organi competenti delle Nazioni Unite, in particolare quelli responsabili per la sicurezza, la pace, il diritto umanitario e l’assistenza ai rifugiati, a continuare i loro sforzi in conformità con il Preambolo e gli articoli pertinenti delle Nazioni Unite”.

La citazione del Preambolo non è casuale. Perché nel preambolo della Carta delle Nazioni Unite, i fondatori dell’Onu hanno voluto dirsi decisi a “riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole”. Il fatto che venga usata la parola “fede” è indicativo. La fede indica un dato irrinunciabile e incontestabile.

Il Papa ricorda a Ban Ki Monn che il cardinal Fernando Filoni è il suo inviato speciale in Iraq, per “manifestare la mia vicinanza spirituale ed esprimere la mia preoccupazione e quella di tutta la Chiesa cattolica per la sofferenza intollerabile di coloro che desiderano solo vivere in pace, armonia e libertà nella terra dei loro antenati”.

La sofferenza era stata ben descritta nella dichiarazione del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. E dopo l’appello ai leader religiosi perché non restino silenti, nuove voci dal mondo islamico si sono levate contro quello che sta avvenendo in Turchia.

Una su tutte, quella del Gran Muftì Shawqi Allam, la massima autorità islamica d’Egitto, che ha condannato il gruppo che ha istituito lo Stato Islamico e lo ha definito come una organizzazione “corrotta ed estremista” che danneggia l’Islam.

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