Con la letteratura francescana nello zaino

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Un libro nello zaino non può mancare. Un libro che ci faccia compagnia o ci faccia ‘idealmente’ viaggiare. Nella libertà la verità. Lettura francescana della filosofia occidentale (Padova, Messaggero 2014) di Orlando Todisco (OFMConv) – docente di Filosofia alla Pontificia Facoltà teologica “San Bonaventura” Seraphicum – è un viaggio, agile e coinvolgente, immaginato attraverso la filosofia occidentale e insieme una rinnovata comprensione del nostro passato, oltre che – forse soprattutto – un’efficace possibilità di uscita dalla distretta del nostro tempo. L’assunto generale è che con l’età contemporanea la ragione ha esaurito la sua carica teoretica, in quanto diventata pura calcolabilità. Da qui il compito di ‘ricominciare a pensare’ (Heidegger). Come? L’autore suggerisce la compagnia dei grandi maestri francescani (Alessandro d’Hales, Bonaventura, Olivi,  Scoto, Occam, Lullo…). In luogo di partire dall’essere come diritto-a-essere, tendenzialmente rivendicativo, queste colonne del ‘pensare francescano’ partono dall’essere come dono, non oggettivabile, ma senso  e anima qualitativa di tutto ciò che è oggettivabile. In breve, al centro l’altro – colui o coloro che mi hanno ‘voluto’ . “Ciò che sono è il dono che Dio mi ha fatto. Ciò che divento è il dono che io faccio a Dio” (A. Malraux). Il che comporta che non si ponga al punto di partenza il diritto-a-essere – l’io o l’altro che in ogni caso comandano ed esigono sudditanza, sia pure nel senso levinassiano – ma il dono-di-essere, e cioè l’essere che in quanto tale sospinge oltre sé, verso l’altro da sé – la conoscenza come ri-conoscenza e creatività. E’ l’anima metafisica dell’ ‘itinerarium’ francescano.

E’ un viaggio attraverso l’Occidente analogo a quello compiuto in Italia, verso la fine dell’ottocento, dal conte Paul Yorck von Wartenburg (+1897), una delle fonti di Heidegger. In visita ad Assisi, il luogo più rappresentativo della forza simbolica del francescanesimo e della grande narrazione pittorica offertane da Giotto, egli rimase colpito dal quadro che rappresenta l’episodio in cui, secondo Tommaso da Celano, il Bambino nelle braccia del Santo diventa vivo. «Qui, commenta Yorck, è il simbolo dell’efficacia del grande uomo: Cristo diventa vivente attraverso una nuova esperienza vivente»: ecco il fascino di ogni autentico gesto cristiano, quello che la pietà popolare innanzitutto riconosce incarnato esemplarmente in San Francesco, l’uomo delle stimmate, il santo più vicino alla figura del Cristo, diventato fonte ispirativa di una corrente culturale, influenzando non solo forme religiose e condotte di vita, ma letteratura, tradizioni iconografiche e categorie concettuali. Per esemplificare: con Francesco si produce una riabilitazione del «sentire», ben oltre il ‘pensare’. E’ l’operazione alla radice della sua rivoluzione culturale e religiosa. Chi non risale a questo paradigma interpretativo fatica a percepire la discontinuità con una tradizione compattamente «razionalistica» rimasta dominante fino a lui e oltre di lui.

A sostegno della fecondità della lettura del libro suggerito si pensi all’ondata di simpatia e di consonanza suscitata da papa Bergoglio per la vicinanza alle ferite materiali e spirituali del nostro mondo, e per il continuo invito a restituire peso e significato ai quotidiani gesti di tenerezza e di solidarietà per chi vive in sofferenza e al margine di uno standard decente di esistenza. Non a caso egli è il primo papa venuto non più da un mondo eurocentrico, tendenzialmente razionalistico, ma da un’esperienza di senso religioso filtrato attraverso il contatto con un’umanità dolente e perciò nella forma la più vicina al ‘sentire cristiano’. Ritornare alle origini è insieme ritornare all’essenziale, alla ‘verità’ come espressione del nostro ‘sentire’ la vita e ‘progettarla’; alla ‘libertà’ in quanto liberazione da se stessi e dai possessi che ci posseggono; alla ‘creatività’ in quanto spia inconfutabile di gratitudine.

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