Gli F35 non volano: usiamo il denaro per l’economia civile
Nei giorni scorsi il Pentagono ha lasciato a terra gli F35 per verifiche alla sicurezza, dopo un incendio su un velivolo in pista in una base in Florida: “Le cause dell’episodio restano sotto osservazione. Sono state ordinate altre ispezioni ai motori ed il rientro in servizio è legato alle verifiche” .
I media americani ricordano che si tratta della seconda volta in sedici mesi che gli F35 sono stati fermati per problemi al motore. Secondo alcune informazioni le verifiche riguardano i motori costruiti dalla Pratt & Whitney e la decisione è scattata dopo un incendio scoppiato il 23 giugno a bordo di un velivolo nella base di Eglin in Florida. Anche l’Italia ha in programma di dotarsi dei caccia F35, anche se il piano complessivo di acquisto è sospeso, in attesa di ridefinizione sulla base del ‘libro bianco’ sulla difesa che il governo sta predisponendo per mettere a punto le necessità di difesa.
Ed al governo italiano, per l’ennesima volta, la campagna ‘Taglia le ali alle armi’ ha chiesto la ‘totale cancellazione del programma’: “Da anni la nostra mobilitazione fornisce le motivazioni politiche e tecniche che dimostrano invece la necessità di una cancellazione immediata dell’acquisto degli F-35, posizione che ribadiamo con forza anche in seguito alle notizie odierne. Di fronte ai problemi ed alle evidenze di incidenti quali sono i veri motivi che impediscono un cambio di rotta da parte del Governo italiano?”.
Per la campagna anti F-35, sono diverse le ragioni che rendono insensato l’acquisto dei caccia. Oltre alla questione etica, ‘in un momento di acuta crisi economica i fondi pubblici andrebbero spesi per lavoro, scuola, welfare, sanità e non per armamenti’, ci sono anche ragioni ‘costituzionali’, perché si tratta di un mezzo di attacco e non di difesa e non per ultime le ragioni economiche: “la spesa per i caccia già oggi ammonterebbe a 14 miliardi complessivi, senza contare i costi di mantenimento”.
Non reggono, per i responsabili della Campagna, neanche le ragioni ‘occupazionali’: “I posti di lavoro derivanti da così tanti miliardi sono pochi e molto meno di quanti promessi: non è la maniera più efficiente per usare fondi pubblici”. Il coordinatore Rete Disarmo e portavoce della campagna, Francesco Vignarca, ha sottolineato la confusione nella vicenda italiana: “Non è chiaro se oltre ai primi sei già acquistati, ci siano degli anticipi per altri quattro o sei aerei.
Noi da tempo chiediamo un incontro col ministro per avere un chiarimento in merito. Al di là della questione politica, quello che ci interessa è che venga chiarito lo stato dell’arte in modo puntuale sugli anticipi. Non è mai stato detto a che punto siamo e se i contratti di anticipo obbligano al completamento o no”.
Domande che la Campagna ha rivolto nuovamente al governo, invitando le realtà aderenti e i sostenitori della mobilitazione a ‘premere sul governo con un’azione anche sui social network, utilizzando l’hashtag #F35diteciperché’. Inoltre la Campagna contro l’acquisto degli F-35 ricorda che “le mozioni votate sia alla Camera che al Senato a metà 2013 prevedevano l’interruzione di qualsiasi ‘ulteriore acquisto’ relativo al programma dei caccia F-35.
In realtà il Ministero della Difesa, in particolare il segretariato generale della difesa che ha la responsabilità della gestione della nostra partecipazione al programma JSF, non aveva rispettato tali prescrizioni anche nel corso del 2013, come dimostrato dai dati pubblicati dal Rapporto di ‘Taglia le ali alle armi’ sullo stato del programma”. Il Rapporto aveva messo in luce che il costo complessivo del programma per l’Italia (se confermati 90 caccia) è di oltre 14 miliardi di euro.
Ciò dipende dalla crescita dei costi unitari (e aumenterà ancora soprattutto considerando che gli USA stanno pensando ad un taglio nelle acquisizioni); si vocifera di riduzioni nell’acquisto anche nel nostro Paese e ciò comporterà rialzi sui costi unitari. Per la prima volta sono stati elencati in dettaglio tutti i contratti sottoscritti dall’Italia con gli Stati Uniti, dimostrando come siano già stati spesi 721 milioni di euro nelle fasi di acquisto (oltre ai 2,7 miliardi per sviluppo e FACO).
Nel 2013 il Governo italiano ha proseguito l’acquisto dei caccia non attenendosi alle indicazioni delle mozioni di metà anno votate alla Camera e al Senato. I dati relativi al ritorno industriale, estrapolati da diverse fonti e confermati anche da Lockheed Martin, confermano ad oggi un rientro per le aziende del nostro paese di circa il 19% in confronto all’investimento pubblico (meno di 700 milioni di euro sui 3,4 miliardi già spesi dal Governo italiano). Le stime di costo permettono di continuare il confronto tra la spesa per i caccia ed altri utilizzi, più sensati, dei fondi pubblici.
In particolare con lo stanziamento medio annuale previsto fino al 2016 di € 650.000.000 si potrebbero creare 26.000 posti di lavoro qualificati, o mettere in sicurezza circa 600 scuole all’anno oppure non tagliare ma aggiungere risorse in più al Servizio Sanitario Nazionale rafforzando anche i servizi di medicina territoriale H24.
Inoltre un F35 è pari alla spesa necessaria per la retribuzione di 5.400 ricercatori per un anno; la messa in sicurezza di135 scuole (rispetto norme antincendio, antisismiche, idoneità statica); la garanzia di 33.750 borse di studio di € 4.000 per gli studenti universitari; la partecipazione di 20.500 ragazzi al Servizio Civile Nazionale; la costruzione di 405 nuovi asili capaci di accogliere 12.150 bambini e creare 3.645 nuovi posti di lavoro; ed infine l’accoglienza dignitosa di10.567 richiedenti asilo per un anno.