Caritas, la povertà diventa trasversale

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Operai generici in cassa integrazione. Donne straniere che non riescono più a trovare un posto come badanti e colf nelle famiglie italiane. Piccoli artigiani e lavoratori dipendenti strozzati dai debiti. Sono queste le vittime della crisi economica secondo l’Ottavo rapporto sulle povertà della Diocesi di Milano. La ricerca è stata realizzata dall’Osservatorio diocesano sulle povertà.

Le fonti: un’analisi statistica del campione di famiglie  che hanno chiesto aiuto nel corso del 2008 ai 59 centri di ascolto e ai servizi Caritas (15.809 persone) e due approfondimenti dedicati a coloro che si sono rivolti al Fondo Famiglia Lavoro istituto dall’Arcivescovo (1.807 persone) e alla Fondazione San Bernardino (739 casi in tre anni in tutta la regione Lombardia). Gli utenti dei centri di ascolto nel 2008 sono donne (69%). Gli stranieri con il 74% prevalgono sugli italiani. L’età media è circa 40 anni (ma gli italiani sono generalmente più anziani). Il 46,5% ha raggiunto la licenza media inferiore o superiore. Poco più della metà (il 50,8%) è disoccupato. Tra gli occupati il 59% svolge attività di servizio alle persone presso i privati come colf e bandanti.

I dati, dunque, confermerebbero un identikit identico a quello degli anni precedenti, ma con alcune novità: aumentano le problematiche occupazionali al 48,4% nel periodo gennaio-settembre 2008 e al 50,8% negli ultimi tre mesi dello stesso anno; crescono anche le problematiche legate al reddito, che passano dal 33,7% del 2007, al 40,5% del 2008; aumentano le richieste di beni materiali, soprattutto alimentari e vestiti (erano 23,9% nel 2007 sono il 28,9% nel 2008, quasi un terzo); mentre il numero delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto rimane pressoché identico (erano 15.901 nel 2007), aumentano i colloqui, i bisogni e le richieste; aumentano del 3% gli stranieri extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, il che fa supporre, secondo la Caritas, che i problemi derivati dalla crisi abbiano peggiorato le condizioni di coloro che avevano faticosamente raggiunto un livello di vita dignitoso Gli effetti della crisi si possono misurare anche tra i beneficiari del Fondo Famiglia e Lavoro, voluto dal cardinale Tettamanzi all’inizio dell’anno proprio allo scopo di aiutare le famiglie che perdono il lavoro. Hanno fatto domanda al Fondo sia italiani che stranieri, in egual misura. Gli uomini (73%) hanno prevalso sulle donne (27%). Circa quattro persone su dieci (il 36,5%) hanno un’età compresa tra i 41 e i 50 anni. La maggior parte delle persone è coniugata (il 66%) con uno o due figli (il 78,9%). Più delle metà è disoccupata e lavorava (il 61%) come operaio specializzato o generico, in genere nell’edilizia o nell’industria, i settori che paiono più colpiti. Poco più della metà (il 51%) ha debiti superiori o almeno pari al reddito complessivo che in genere non supera i 500 euro.

Una situazione insostenibile se si tiene conto del fatto che solo il 25% vive in una casa popolare mentre il 43% paga canoni di affitto sul libero mercato. Si tratta per la maggior parte di famiglie del ceto medio-basso, che prima dell’ottobre 2008, erano già particolarmente vulnerabili e che la crisi ha fatto precipitare in condizioni di forte disagio. “La ricerca dimostra che in questo momento di crisi la povertà̀ diventa sempre più trasversale. Chi stava già male, in particolare gli stranieri, vedono peggiorare la loro condizione. Famiglie di ceto medio basso, che facevano fatica ma andavano avanti, non riescono più a sostenere i costi della vita quotidiana. Persino chi si sentiva garantito, ora deve fare i conti con crescenti difficoltà economiche, ha osservato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana. Proprio il riconoscimento di questa realtà dovrebbe sollecitare tutti a ricostruire un tessuto etico e valoriale condiviso, a rifiutare sia quel disprezzo dell’altro che si traduce in forme più o meno velate di razzismo, sia atteggiamenti di chiusura e di ripiegamento su noi stessi. La crisi può trasformasi paradossalmente in un’opportunità, se ci spingerà a rivedere i nostri stili di vita all’insegna della sobrietà”.

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