Papa Francesco ai carcerati: “Anche io sbaglio, anche io ho bisogno di perdono”
Arriva a Castrovillari in elicottero, e percorre a piedi un lungo tratto per salutare quanta più gente possibile. Papa Francesco è “venuto per chiedere scusa” alla diocesi di Cassano all’Jonio, dalla quale ha preso il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, il vescovo Nunzio Galantino. E il primo incontro è proprio con i carcerati, nella casa circondariale di Castrovillari che ne contiene 180. Un incontro commovente, al termine del quale – viene riferito dal vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede a Tv2000, dato che non c’è una diretta dell’incontro – il Papa aggiunge a braccio: “Pregate per me, perché anche io sbaglio, anche io ho bisogno di fare penitenza”.
Parole importanti, in una terra martoriata dalla ‘ndrangheta: tra gli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, un faida tra ‘ndrine ha mietuto moltissime vittime; e solo in quest’ultimo anno, l’omicidio del piccolo Cocò, di soli 3 anni, colpito alla testa e bruciato insieme al nonno Giuseppe Iannicelli e alla compagna del nonno Ibtissam Tous, ha commosso il Papa che lo ha ricordato in un commovente Angelus chiedendo la conversione degli assassini; e l’omicidio a sprangate di padre Lazzaro Longobardi, un uomo impegnato nell’aiuto agli immigrati, che aveva ricevuto minacce e richieste di denaro e che aveva denunciato la cosa al vescovo. L’omicida di padre Longobardi, così come il padre e lo zio di Cocò, sono nel carcere di Castrovillari, la prima tappa della visita che Papa Francesco fa in terra di Calabria.”Prego continuamente per lui, non disperate”, dice il Papa ai familiari di Cocò, il padre è tra i carcerati.
Non deve essere un viaggio dal significato politico o di denuncia. Il Papa la vuole sobria, non ci sono dirette dell’incontro con i carcerati, non ci saranno nemmeno dell’incontro con i poveri. La mamma di Cocò aveva chiesto al Papa un incontro e poi di accompagnarla al cimitero per mettere u fiore sulla tomba del bambino. Ma il Papa non ci andrà, perché – ha spiegato il vescovo Nunzio Galantino in una intervista ad un giornale locale – “la visita del Papa non è legata né alla morte di Cocò né alla morte di Padre Lazzaro, anche se il papa si fermerà dove è stata o ucciso il religioso”. Sarà un fuori programma nella Piana di Sibari, dove è stata posta una targa in ricordo del religioso.
Il Papa incontra uno per uno i carcerati, parla con tutti. Anche le due nonne di Cocò e lo zio. Il vescovo Galantino riferisce a Tv2000 che alle nonne il Papa ha detto di salutare anche la mamma del bambino e ha detto: “Non deve accadere mai più che un bambino sia vittima della violenza” E ha assicurato la sua preghiera non solo per Cocò, ma anche per i famigliari. Le detenute piangevano tutte, secondo Galantino.
C’è un discorso, breve, preparato. Ma nel momento in cui viene distribuito si fa sapere che il Papa preferirà parlare con il cuore. E lo fa, leggendo il discorso, ma senza mai pronunciare la parola detenuti.
Il Papa sottolinea che “non è sufficiente” affrontare il problema dei detenuti dal punto di vista dei diritti fondamentali dell’uomo e dell’esigenza di corrispondenti condizioni di espiazione della pena, un “aspetto essenziale”, ma che deve essere – aveva già sottolineato Benedetto XVI – “accompagnata e completata da un impegno concreto delle istituzioni in vista di un effettivo reinserimento nella società”.
“Quando questa finalità viene trascurata, l’esecuzione della pena degrada a uno strumento di sola punizione e ritorsione sociale, a sua volta dannoso per l’individuo e per la società”, sottolinea Papa Francesco. Nel cammino di reinserimento, aggiunge il Papa, “entra anche l’incontro con Dio, la capacità di lasciarci guardare da Dio che ci ama, che è capace di comprenderci e di perdonare i nostri errori”.
Afferma il Papa: “Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale. Il Signore sempre perdona, sempre accompagna, sempre comprende; a noi spetta lasciarci comprendere, lasciarci perdonare, lasciarci accompagnare”.
L’augurio del Papa per i detenuti è che il tempo di detenzione “non vada perduto, ma possa essere un tempo prezioso, durante il quale chiedere e ottenere da Dio” la grazia di lasciarsi comprendere, perché “così facendo, contribuirete a rendere migliori prima di tutto voi stessi, ma nello stesso tempo anche la comunità, perché, nel bene e nel male, le nostre azioni influiscono sugli altri e su tutta la famiglia umana”.