L’arte nei musei tra Physical e Virtual. Il Google Art Project e i Musei di Roma.

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A Roma ci sono 144 musei (di cui 25 archeologici). Nel 2013 si sono registrati complessivamente 9 milioni di visitatori. Il sistema Google+ ha avuto nel 2013 oltre 1 miliardo di utenti. Da queste nude cifre è scaturita l’esigenza di un rapporto fra il Sistema dei Musei civici di Roma e il “Google Art Project”. Il Google Cultural Institute – da cui proviene GAP – sta collaborando con centinaia di musei, istituzioni culturali e archivi per rendere “disponibili online” i tesori culturali del mondo: con un team di esperti e con un pacchetto di applicazioni e di archivi web a ciò dedicati sta creando gli strumenti che consentiranno di portare online nuovi contenuti rendendo il cosiddetto “patrimonio culturale” dei vari Paesi accessibile a tutti.Ne hanno discusso l’11 giugno 2014, nell’Auditorium dell’Ara Pacis, nel corso di una conferenza stampa seria e accurata: Claudio Parisi Presicce (Soprintendente ai Beni Culturali Capitolini), Albino Ruberti (Amministratore Delegato di Zétema), Amit Sood (Direttore del GAP) intervistati da Anna Lombardi giornalista di “Repubblica”. Chi – come lo scrivente – temeva di assistere all’ennesimo dibattito apologetico sulle tecnologie digitali e la “terra promessa” del WEB è stato rassicurato. La discussione è stata pacata e realista, attenta ai diversi aspetti del problema del rapporto fra arte, Musei e New Media.

 

Si è partiti dall’analisi del ruolo che svolge oggi il sistema dei musei nel regolare l’afflusso di visitatori appassionati o semplicemente di curiosi – nonché di studenti di ogni età – verso la fruizione delle opere d’arte. C’è stato un significativo ammodernamento della rete italiana dei musei pubblici e privati, ci sono nuovi servizi per i visitatori (organizzazione tematica delle mostre temporanee, ridisegno dei sistemi espositivi, audioguide, cataloghi e “merchandising”, hostess ecc.) che hanno ben fronteggiato l’incremento netto dei “turisti dell’arte” nella principali città italiane. Dall’altra parte dello schermo, però, si accalcano le moltitudini che si connettono ai “social networks” digitali e che tramite Internet si procurano informazioni e contenuti sull’arte e sui Musei di tutto il mondo. Nelle parole di Amit Sood: “si impone l’interscambio fra rapporto fisico e rapporto virtuale con le opere d’arte custodire in quantità enorme nei Musei di Roma”. Con Zétema come mediatore culturale, si sono confrontati la sapienza archeologica e pubblica di Parsi Presicce con lo spirito capitalistico-democratico dell’azienda Google. Non si sa nulla della dimensione contrattuale ed economica dell’accordo fra i Musei di Roma e l’Azienda statunitense capofila del mondo digitale. Quello che si è manifestato è il buon dialogo fra i Musei italiani – che stanno cautamente collocando nel mondo delle merci e del mercato i nostri Beni culturali (l’oro nero italiano) – e i giovani leoni del potere del WEB e di Internet, che distinguono a fatica – come suole negli USA – fra funzione pubblica e interesse privato.

 

Certo è difficile non leggere nella “dottrina Google” l’invidia ancestrale di un Paese – gli USA – che è al primo posto nel pianeta per economia, tecnologia e politica, ma che le opere d’arte e i “tesori dell’umanità” deve andarseli a cercare assai lontano dal suo territorio nelle antiche regioni dell’Eurasia. In ogni caso il “Google Art Project” si fa interprete delle esigenze di miliardi di potenziali utenti dell’arte e della cultura che sono nell’impossibilità di raggiungere i Musei e i luoghi archeologici e storici delle arti e che ne richiedono innanzitutto l’accessibilità e una fruizione virtuale. Quando i creatori e i gestori delle reti del WEB propongono ai Musei di fare sistema e di introdurre le tecnologie digitali nella prossimità delle opere d’arte e dei luoghi in cui queste trovano la loro “aura” storica ed estetica, i Musei e le Soprintendenze non possono tirarsi indietro e trincerarsi nello spazio fisico dell’arte in quanto contrapposto allo spazio virtuale. Siamo un passo oltre il misurato trasferimento online delle immagini delle opere d’arte che ormai tutti attuano. Qui entra in gioco la strumentazione culturale e cognitiva che si può impiegare nella fruizione. Attraverso il “Google Art Project” il pubblico di tutto il mondo può accedere ad immagini ad alta risoluzione delle opere d’arte più importanti messe a disposizione dai Musei partners dell’iniziativa. L’ideale di Google è di “democratizzare” l’accesso alla cultura e di promuovere la sua conservazione per le generazioni future. Il progetto, lanciato a febbraio 2011 conta oggi oltre 63.000 opere e 345 musei partner e il numero è destinato a crescere. A due anni dall’ingresso dei Musei Capitolini nel “Google Art Project”, viene annunciato che il Sistema dei Musei Civici di Roma Capitale aderisce con 14 nuove sedi museali alla piattaforma sviluppata dal “Google Cultural Institute” secondo il format del “Google Art Project”. La piattaforma digitale – con i suoi potenti strumenti visuali, analitici e didascalici – ospita adesso 15 siti museali e archeologici di Roma: Musei Capitolini, Centrale Montemartini, Mercati di Traiano, Museo dell’Ara Pacis, Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, Museo della Civiltà Romana, Museo delle Mura, Museo di Roma, Museo Napoleonico, Casa Museo Alberto Moravia, Galleria d’Arte Moderna, Museo Carlo Bilotti, Museo Pietro Canonica, Museo di Roma in Trastevere, Musei di Villa Torlonia.

 

In concreto che cosa accadrà? Dopo l’”Annunciazione” di Garofalo dei Musei Capitolini, 7 nuove opere d’arte romane sono state fotografate e caricate online in “ghigapixel” ad altissima definizione. Con circa 7 miliardi di pixel si colgono dettagli impossibili da vedere ad occhio nudo, anche se – come hanno osservato tutti – l’immagine video dell’opera d’arte pittorica, scultorea o monumentale non è assolutamente paragonabile alla fruizione emozionale e “in presenza” di essa. Sul WEB si vedranno: il geroglifico della “Stele del Dignitario Nefer (Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco); i frammenti di colore del “Mosaico con scene di caccia da Santa Bibiana” (Centrale Montemartini); i volti degli spettatori e i costumi per il “Carosello a Palazzo Barberini in onore di Cristina di Svezia” (Museo di Roma); i particolari dell’abito e dei gioielli indossati da “Elisa Bonaparte Baciocchi con la figlia Napoleona Elisa“ (Museo Napoleonico); le pennellate infuocate del “Cardinal Decanodi Scipione (Galleria romana di arte moderna); lo sguardo scettico di “Alberto Moravia” nel ritratto di Guttuso (Casa Museo Alberto Moravia) e, infine, le tonalità pietrificate dell’olio di de Chirico “Archeologi misteriosi(Museo Carlo Bilotti). Inoltre vi saranno 15 “gallery fotografiche”, per un totale di 800 immagini, che raccolgono opere delle singole collezioni museali di Roma: dal “Galata morente” ai dipinti di Guercino e Caravaggio, dal plastico di Roma del Museo della Civiltà Roma ai bassorilievi del Museo dell’Ara Pacis. Senza dire della tecnologia “Street View” che consente di muoversi a 360° per avvicinarsi alle opere, approfondendole con schede di dettaglio.

 

Le opere poste su www.google.com/artprojec si possono visionare in base al nome dell’artista, il titolo, il tipo di arte, museo, paese, collezioni e il periodo temporale. Infine gli utenti, possono creare con la funzionalità ‘Le mie Gallerie” immagini di specifiche opere d’arte per costruire – cosa che intriga molto gli americani – la “propria galleria d’arte personale”, anche esaminando due opere d’arte “fianco a fianco” nella stessa schermata, per vedere più da vicino come lo stile di un artista si è evoluto nel tempo, collegare le tendenze artistiche, o osservare in profondità due particolari di un’opera. In Italia, tra i musei partner oltre ai Musei romani, ci sono le Gallerie degli Uffizi (anche con Street View), Palazzo Vecchio, Firenze, i Musei Capitolini, il Museo Poldi Pezzoli e il Museo Diocesano di Milano, il Museo Archeologico di Ferrara, i Musei di Strada Nuova di Genova, la Fondazione Musei Senesi, la Venaria Reale (anche con Street View) di Torino e, a Venezia, ben 6 musei della Fondazione Musei Civici di Venezia – Palazzo Ducale, Museo Correr, Ca’ Rezzonico, Ca’ Pesaro, Palazzo Mocenigo e Museo del Vetro di Murano – oltre a Palazzo Grassi (anche con Street View).

 

Certo il tutto può configurarsi anche come un moderno “saccheggio digitale” del patrimonio artistico e culturale italiano in nome del neonato colonialismo del “wireless” e del “touchscreen”. D’altra parte, visto che le istituzioni museali di tutto il mondo fanno a gara a partecipare al “Google Art Project”, come restarne fuori? La soluzione di compromesso fra la “via italiana all’arte” e la “via globale e virtuale di Google Cultura” è quella di integrare l’approccio fisico al testo, al dipinto, al monumento con quello digitale, senza che quest’ultimo prevalga (come nelle disgustose riproduzioni foto-digitali delle opere d’arte esposte qui e là). Si tratta di una sfida epocale, ma anche di esigenze del mercato globale del turismo artistico. Si è fatto osservare che l’arte sul WEB ha incrementato la domanda di viaggi e di turismo culturale verso l’Italia. Il punto nodale resta, allora, quello della “competenza culturale” e non soltanto “digitale” e “connettiva” di coloro che alle opere d’arte italiane e romane si avvicinano. I Musei esistono per i turisti ma anche per coloro che voglio conoscere l’arte per l’arte. Non si tratta, quindi, di evitare la pigrizia e la sedentarietà digitali o la fretta inconsulta dei turisti globalizzati, ma di ribadire che la cultura non si acquista online né la si impara sul WEB. Essa è frutto, oltre che di relazioni umane e strumentali concrete, di un percorso compiuto da ognuno attraverso il contatto mentale e storico (ermeneutico) con il mondo che è racchiuso nelle opere dell’arte e della cultura lì dove esse – non per caso – si trovano.

 

 

 

Nella foto: Claudio Parisi Presicce (Soprintendente ai Beni Culturali Capitolini), Albino Ruberti (Amministratore Delegato di Zétema), Amit Sood (Direttore del GAP) intervistati da Anna Lombardi giornalista di “Repubblica” all’Audorium dell’Ara Pacis l’11.06.2014. I dipinti in dettaglio sono Elisa Bonaparte Baciocchi con la figlia Napoleona Elisa“ e “Zenaide e Charlotte Bonaparte” (Museo Napoleonico).

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