Don Francesco Cristofaro ci racconta la misericordia di Dio

Condividi su...

“Vi racconto la misericordia di Dio nella mia vita. La nostra società ci ha abituati, purtroppo, al bello, al sano, al perfetto. Con facilità si scarta il brutto, con altrettanto facilità ci si vergogna del debole, del disabile e lo abbiamo chiamato diversamente abile. Gesù, da sempre, ci ha insegnato l’amore e l’attenzione a tutti coloro che il mondo mette da parte. Io sono uno di quelli che, però ha avuto la grazia di incrociare la strada di Gesù e da lì è iniziata tutta un’altra storia”.

Così inizia il racconto di don Francesco Cristofaro, giovane sacerdote della Diocesi di Catanzaro-Squillace, ordinato presbitero il 9 Aprile 2006. La sua non è una storia di quotidiana normalità: “Nasco con parto prematuro al settimo mese di gestazione e con una paraparesi spastica alle gambe. Questo problema diventa fin da subito causa di numerose difficoltà, lacrime e tribolazioni, in primo luogo, per mamma e papà che si trovano a convivere con qualcosa di nuovo e certamente, non desiderato, non voluto.

Un giorno, in età già adulta chiesi a mia madre: ‘mamma, ma se tu durante la gravidanza avessi saputo della mia malformazione, avresti portato a termine la gestazione?’. Risposta diretta e secca: ‘no! Ma ora che vedo con i miei occhi ciò che sei per grazia di Dio, ti avrei partorito 100.000 volte’. All’età di due anni ancora non cammino. Mia mamma di nuovo incinta del terzo figlio, è costretta a tenermi sempre in braccio e ad accompagnarmi insieme al papà alla fisioterapia.

Un’infanzia difficile seppur avvolta da un amore immenso della famiglia, dei parenti e amici, però, mentre gli altri giocavano a calcio, io giocavo con le macchinine in casa. Mentre gli altri facevano le gite scolastiche, io ero costretto a rinunciare, per il rischio di cadere e di farmi male”.

Allora gli abbiamo chiesto di narrarci la sua vocazione sacerdotale: “Inizio a frequentare la Chiesa da bambino in preparazione alla prima comunione e all’età circa di 13 anni in parrocchia conosco la realtà del Movimento Apostolico, movimento ecclesiale nato a Catanzaro il 3 novembre del 1979 tramite la signora Maria Marino con il carisma del ricordo del vangelo al mondo che lo ha dimenticato e l’annuncio a chi non lo conosce.

Siccome ogni aderente si inserisce il parrocchia e collabora con il parroco e gli altri fedeli mettendo a frutto i propri carismi, nella mia parrocchia vi era un nutrito gruppo di aderenti al Movimento Apostolico. Ho iniziato a frequentare la catechesi e gli incontri di spiritualità. Pian piano si apriva in me un orizzonte tutto nuovo.

Incomincio a conoscere il vangelo, la bellezza dei comandamenti e delle beatitudini, mi avvicino alla recita del Santo Rosario, mi inserisco attivamente in parrocchia come ministrante, catechista, animatore liturgico e abbraccio pienamente questa spiritualità. Nel Movimento Apostolico scopro una chiesa bella obbediente al Papa e ai vescovi, attenta alla carità, agli ammalati, ai poveri e bisognosi.

Ho trovato tanti sacerdoti, e più volte sentendo la frase del vangelo: ‘La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe’ (Mt 9,36), pensavo sempre alla possibilità di consacrarmi al Signore e ho lasciato la porta del mio cuore aperta e il Signore non ha tardato a bussare.

Un giorno mi trovavo nel giardino di casa a leggere il mio vecchio libricino della prima comunione e nel leggere il rito della Santa Messa, in particolare le parole della consacrazione: ‘Prendete questo è il mio corpo… Prendete questo è il mio sangue…’, provai un brivido particolare e subito rivolgendomi a Gesù gli dissi: cosa vuoi da me? Da quel momento decido di farmi prete”.

Hai  mai provato lo scoraggiamento di non farcela?
“All’inizio della mia scelta vocazionale si ho avuto lo scoraggiamento di non farcela perché io nasco con una paresi alle gambe che ha sempre comportato il camminare in modo non corretto. Fu proprio in parrocchia durante la celebrazione delle prime comunioni che avvenne qualcosa di veramente triste per me. Mentre servivo la messa cado a terra. Da quel giorno si perde il mio coraggio. Mi dicevo: se non riesco a tenere un calice come posso fare altro”.

E come lo hai superato?
“Il cammino di fede è un cammino che non si più fare da soli, ma in comunione, insieme agli altri. Per discernere la volontà di Dio abbiamo bisogno della sua grazia, di tanta preghiera, ma anche dell’aiuto e della guida di un padre spirituale che ci mette dinanzi ciò che Dio vuole, ciò che Dio chiede, poi la scelta è sempre della persona. In quel momento così difficile per me, fu proprio l’aiuto del Padre spirituale a farmi ritrovare il coraggio. Inoltre, ad aiutarmi fu anche l’esempio vivente di Papa Giovanni Paolo II che ebbi la grazia di conoscere personalmente e di ricevere la sua benedizione e così decisi di continuare il cammino intrapreso”.

Con quale stile annunciare ai giovani il Vangelo?
“L’avermi voluto sacerdote è il dono più bello e prezioso che il Signore mi poteva concedere ma, allo stesso tempo, è una missione che puoi assolvere solo se possiedi gli occhi di Gesù, la sua bocca e, soprattutto il suo stesso cuore. Ai giovani bisogna far comprendere che sono nel cuore di Gesù e lui li vuole salvi. Gesù non chiede di essere tristi o bigotti.

Si può stare insieme, ci si può divertire, giocare scherzare senza mettere a rischio la propria vita. A volte i giovani sono tristi non perché non hanno le cose, sono tristi perché non hanno Gesù nel cuore. Per salvare un giovane e annunciargli Gesù ti devi mettere accanto a lui, prenderlo per mano, capire chi è, cosa ha, cosa vuole e fargli scoprire che solo il Cristo può dargli la gioia vera”.

151.11.48.50