La Polonia piange Bronislaw Geremek
Bronislaw Geremek, europarlamentare ed ex ministro degli Esteri polacco, è morto domenica 13 luglio in un incidente stradale nei pressi di Poznan. Jeremek, 76 anni, era uno dei capi storici del movimento Solidarnosc, ispirato del pensiero di Lech Walesa. Secondo le prime informazioni, era al volante della sua mercedes ed era solo. La sua auto sarebbe finita nella carreggiata opposta di una superstrada ed avrebbe avuto un impatto frontale con una Fiat Ducato, nei pressi di Lubien, non lontano da Poznan.
Il presidente del Parlamento europeo Hans-Gert Poettering ha pianto la morte di “uno dei grandi patrioti polacchi e allo stesso tempo un grande europeo”. A margine del vertice dell’Unione per il Mediterraneo, Poettering ha ricordato il ruolo svolto da Geremek nella transizione post-comunista polacca insieme agli altri “grandi eroi”, Lech Walesa e Giovanni Paolo II. “Ricorderemo Bronislaw Geremek con grande sentimento. Oggi sono molto triste ed esprimo le mie condoglianze più profonde alla sua famiglia e ai suoi amici. Oggi – ha ripetuto il presidente del Parlamento europeo – siamo molto tristi”.
Strenuo difensore della democrazia e della libertà del suo popolo, non ha mai dimenticato i popoli che erano condannati sotto le dittature, come nel marzo di questo anno, quando pronunciò un intervento al Parlamento Europeo, con applausi da tutti i deputati, in difesa della libertà del Tibet: “Signor Presidente, i reati commessi in Tibet sono un reato contro lo spirito e le idee dell’Unione europea. Il silenzio è un reato in certe situazioni. Sono lieto, signor Presidente, che le parole che ha pronunciato oggi abbiano spezzato il silenzio dell’Unione europea, circostanza che mi permette di rivolgermi a lei, signor Presidente. Il popolo polacco è esperto non solo in fatto di lotta per la libertà, ma anche di tavola rotonda, che di tale lotta è diventata lo strumento. Le chiedo, signor Presidente, di lanciare un’iniziativa finalizzata allo svolgimento di una tavola rotonda che riunisca attorno a lei i vincitori del Premio Nobel per la pace, i rappresentanti del Tibet e il leader spirituale tibetano, il Dalai Lama; potrebbe invitare il presidente del Congresso cinese e le autorità cinesi. Si tratterebbe di un gesto di buona volontà che potrebbe lanciare il dialogo e il dibattito necessari. Ritengo, signor Presidente, che l’Assemblea le sia grata per le parole che ha pronunciato oggi in quest’Aula. Le sarei altrettanto grato se avviasse una nuova iniziativa, un’iniziativa di dialogo e di pace”.
Fin dal 1980 sfidò le autorità comuniste e si mise al fianco di Lech Walesa in Solidarnosc, che dopo l’ennesimo innalzamento dei prezzi deciso a livello centrale determinò infatti una serie di scioperi e proteste in tutta la Polonia. Di questi, lo sciopero iniziato ai cantieri navali di Danzica il 14 agosto, guidato da un operaio licenziato chiamato Lech Walesa, si rivelò il più organizzato. I manifestanti iniziarono infatti a chiedere non solo riforme economiche, ma anche sociali e politiche, denominate i 21 postulati. Essi prevedevano innanzitutto la possibilità di creare libere associazioni e sindacati di lavoratori, mettendo in discussione i fondamenti stessi del Partito comunista che si considerava il rappresentante delle esigenze del proletariato. In secondo luogo chiedevano alcune riforme volte a migliorare le condizioni di lavoro e di vita in generale, come una riforma del sistema sanitario, ma soprattutto libertà di parola e di stampa.
Evidentemente, tali richieste erano troppo radicali per il Partito comunista, che si vide però costretto ad alcune concessioni, e in particolare a permettere il 17 settembre la nascita di un sindacato indipendente, che aveva basi cattoliche come rivelava il nome, Solidarnosc, “solidarietà”. Dalla sua nascita fino al 13 dicembre del 1981 Solidarnosc si trasformò in un movimento di massa, cui apparteneva quasi la metà della popolazione polacca. In marzo, esso organizzò uno scioper generale per cui l’intero Paese cessò di lavorare per 4 ore. Di fronte al crescente potere destabilizatore di Solidarnosc, il Partito comunista decise di usare la forza e dichiarò la legge marziale (stan wojenny), per cui tutti gli scioperi vennero repressi con le armi, causando anche alcuni morti. Solidarnosc fu costretta ad entrare in clandestinità, ma continuò il lavoro dall’interno dello Stato polacco, tanto che nel luglio del 1983 la legge marziale fu tolta.
Forte dell’appoggio di Papa Giovanni Paolo II e grazie al “disgelo” determinato dalla perestrojka, Solidarnosc continuò ad esercitare potere in Polonia e fu l’interlocutore principale del Partito negli ultimi anni del regime, in particolare nel 1988-89. Grande storico e grande europeo scrisse libri sull’Europa, tra i quali ricordiamo: ‘La pietà e la forca. Storia della miseria e della carità in Europa’; ‘La democrazia in Europa’; ‘Le radici comuni dell’Europa’; ‘Mendicanti e miserabili nell’Europa moderna’.